
Quali vicende hanno interpellato il principio della laicità nella Francia contemporanea?
La Francia, come si sa, rappresenta un caso paradigmatico in materia di laicità. Tant’è che è da tempo entrato in uso parlare di “laicità alla francese”. Dalla legge di separazione del 1905, la Francia ha attraversato il Novecento, fatta eccezione per gli anni bui di Vichy, facendo di fatto coincidere i valori della laicità con quelli repubblicani. Forse anche in virtù della sua vicenda storica, è stata la storiografia francese quella che più ha approfondito gli studi sulla laicità. Non solo. È anche quella che maggiore interesse ha manifestato negli ultimi decenni per la storia religiosa: del cristianesimo nelle sue diverse confessioni, e anche dell’ebraismo e della religione islamica. A questo proposito esiste una profonda differenza tra il caso francese e quello spagnolo. In Spagna l’attenzione per la dimensione religiosa, per la storia del cattolicesimo e della Chiesa è molto scarsa, probabilmente per reazione ai quasi quattro decenni di confessionalismo franchista. Forse anche per la distanza che la Chiesa spagnola grosso modo negli ultimi cent’anni e oltre ha mantenuto dal mondo del lavoro. Tornando alla Francia, che nel volume è studiata da Frédéric Le Moigne, Michele Marchi e Ilaria Biagioli, le vicende che più risultano aver interpellato i cattolici sul fronte della laicità sono state quelle dell’aborto, della libertà d’insegnamento (un brillante eufemismo dietro il quale si cela l’invadenza della scuola privata) e del “mariage pour tous”.
Quale modello di laicità ha caratterizzato la storia della Spagna contemporanea?
Per rispondere alla domanda, si potrebbe dire che nell’età contemporanea la Spagna più che offrire un modello di laicità ha offerto un modello di confessionalità. Una confessionalità interrotta da brevi periodi nel corso dell’Ottocento, negli anni della Seconda Repubblica e, in tempi più recenti, dal ritorno della democrazia dopo la morte di Franco e la transizione. Come dicevo, diversa da quella della Francia è stata la vicenda spagnola, anche se la Francia ha rappresentato dall’inizio del XX secolo un modello a cui ispirarsi in materia di laicità. Modello, in verità, seguito da una minoranza, che ebbe il suo momento egemonico negli anni della Seconda Repubblica con alla testa Manuel Azaña, dal 1931 al 1936. Prima, e soprattutto dopo la guerra civile del 1936-39, il paese iberico ha conosciuto un’ingerenza clericale che diede forma a regimi confessionali, dei quali il più compiuto e benvoluto dai vertici della Chiesa, almeno fino al Concilio Vaticano II, è stato senza dubbio il regime franchista. Le ricerche sul caso spagnolo, realizzate per il volume di cui stiamo parlando da me, Mireno Berrettini e Romina De Carli, sono risultate convergenti su alcuni punti. Il principale è quello di aver indicato quale più fertile stagione della Chiesa spagnola quella che va dall’ultimo franchismo all’approvazione della Costituzione nel 1978. Anni in cui, sotto la guida del cardinale Tarancón, clero e vescovi assunsero un atteggiamento di apertura nei riguardi della secolarizzazione e della democrazia, per poi lentamente arretrare durante il pontificato di Giovanni Paolo II. Il volume mette poi in luce il carattere ambiguo della laicità dello Stato spagnolo, per il riferimento alle tradizioni cattoliche del popolo spagnolo inserite nell’art. 16 della Costituzione e l’aggiornamento del paradigma antimoderno che contraddistingue i cosiddetti “nuovi” movimenti ecclesiali eredi, in particolare di fronte alle sfide delle laicità, dell’intransigentismo decimononico.
Come si è evoluto il tema della laicità nel Portogallo democratico?
Schematizzando molto, per quanto riguarda i rapporti tra lo Stato e la Chiesa, il Portogallo si colloca a metà strada tra la Francia e la Spagna. Continuando a schematizzare si può dire che fino alla dittatura salazarista, con la punta rappresentata dalla rivoluzione repubblicana del 1910 e della Legge di separazione del 1911, fu la Francia ad esercitare l’influenza maggiore sul paese lusitano, mentre dopo il 1939 fu la Spagna franchista a essere più in sintonia con il regime portoghese, anche se quest’ultimo non raggiunse mai i livelli di clericalismo e confessionalismo di quello spagnolo. Per quanto concerne la ricerca e il nostro volume, i contributi di Teresa Clímaco Leitão, Rita Almeida De Carvalho, João Miguel Almeida, Guya Accornero e Giulia Strippoli riguardano rispettivamente gli interventi pubblici dell’episcopato tra il 1976 e il 1979 in merito alla depenalizzazione dell’aborto e la libertà di insegnamento; il quadro normativo fissato dal Concordato del 1940 e le campagne condotte dalla stampa cattolica portoghese, in particolare quella diocesana, contro l’aborto; l’articolazione dei movimenti ecclesiali presenti nel paese lusitano e il loro orientamento di fronte alla laicità. Una laicità, potremmo dire, che ancora ampi settori cattolici si rifiutano di accogliere, ancorati al valore normativo per la società civile e per lo Stato del dogma cattolico.