
Questo concetto è l’elemento centrale di un discorso etnologico che descrive la Russia come una civiltà delimitata da una cultura unica, dotata di un suo sistema tradizionale di valori, e richiede il riconoscimento della sua missione civilizzatrice storica e ideologica. Questa particolare ideologia fu elaborata nella seconda metà degli anni Novanta da un gruppo di intellettuali dell’Università statale di Mosca, eredi del filosofo russo Georgy Shchedrovitsky – il creatore della metodologia del pensiero sistemico e l’ispiratore ideologico del “movimento metodologico” – e introdotto ufficialmente da Putin nella retorica politica nel 2001.
La Chiesa ortodossa russa contribuì a sviluppare il concetto, aggiungendo una dimensione religiosa: la Russia è una nazione scelta da Dio per una missione speciale, che consiste nella salvaguardia dei valori tradizionali e nella difesa della Russia dai “valoro distruttivi” delle democrazie occidentali. Ma non bisogna dimenticare che l’idea stessa del ‘mondo russo’ come civiltà distinta dal ‘mondo occidentale’ risale alle origini del cristianesimo ortodosso.
Nel 2014, il presidente Putin giustificò l’annessione della Crimea evocando proprio il concetto di ‘russkij mir’. Putin parlò dei russi come di un popolo che viveva in una “nazione divisa” e dell’ “aspirazione del mondo russo, della Russia storica alla restaurazione dell’unità”, sottolineando anche l’esistenza di un’ampia “civiltà russa”, i cui valori e interessi dovevano essere protetti da minacce e pericoli esterni.
Anche nel caso attuale, Putin e il suo alleato Kirill, patriarca della Chiesa ortodossa russa, hanno legittimato l’invasione dell’Ucraìna (ipocritamente chiamata “speciale operazione militare”) facendo ricorso all’ideologia del ‘mondo russo’.
Qual è lo scenario religioso che fa da sfondo al conflitto russo-ucraino?
Lo scenario è complicato. Infatti, in Ucraìna esistono due chiese ortodosse (oltre ad una terza di rito greco-ortodosso): una sottomessa al Patriarcato di Mosca e un’altra, ‘autocefala’ (cioè, autonoma), dipendente dal Patriarcato di Costantinopoli e per questo dichiarata scismatica dal Patriarcato di Mosca. Questa scissione, avvenuta nel 2018, è rimasta una ferita insanabile per la Chiesa ortodossa russa. Come nella visione adottata da Putin, l’Ucraìna e la Bielorussia dovrebbero essere riunite nella Grande Madre russa, così per Kirill tutte le chiese ortodosse dell’Ucraìna dovrebbero far parte del suo patriarcato.
Inoltre, la guerra ha fatto emergere posizioni diverse all’interno dello stesso patriarcato di Mosca. Infatti, un gruppo di quasi trecento preti, diaconi e monaci della Chiesa ortodossa russa hanno sottoscritto un appello nel quale invitano a porre subito fine alla guerra, definita “fratricida”. Un numero certo esiguo rispetto ai 40.000 religiosi del Patriarcato di Mosca, ma rivelatore di un dissenso interno.
Va anche tenuto presente la dichiarazione dei teologi ortodossi di vari paesi al di fuori dell’area geografica dello scontro. Si tratta di un documento teologicamente molto importante, che è sostanzialmente una critica della variante kirilliana del cosiddetto filetismo o etnofiletismo, dichiarato eretico da un concilio panortodosso tenutosi a Costantinopoli (Istanbul dal 1930) nel 1872, ovvero della tendenza a coniugare chiesa e nazione, una sorta di nazionalismo cristiano che porta alla creazione di chiese etniche, basate su un criterio nazionale o linguistico. Questa dichiarazione potrebbe costituire il manifesto di una nuova teologia politica del cristianesimo ortodosso.
Quali sono i rapporti tra il Patriarca di Mosca Vladimir Michajlovic Gundjaev (Kirill o Cirillo I) e il Presidente Vladimir Vladimirovic Putin?
Kirill e Putin, entrambi nati a San Pietroburgo, molto probabilmente si sono conosciuti quando – con ruoli diversi – erano al servizio del KGB e il primo era rappresentante ufficiale del Patriarcato di Mosca presso il Consiglio ecumenico delle chiese a Ginevra.
I loro contatti si sono fatti più frequenti da quando Kirill è stato eletto Patriarca di Mosca e di tutte le Russie nel febbraio 2009. Nel corso degli anni, si è stabilita tra di loro una cooperazione pragmatica che si fonda su una visione condivisa della centralità di Mosca e della Russia nella restaurazione della potenza politica e religiosa dell’impero russo.
In che modo il fattore religioso sta condizionando non solo la drammatica evoluzione del conflitto ma anche le dinamiche del panorama geopolitico di questo frangente storico?
Il fattore religioso, oltre a creare tensioni nell’ambito dell’ortodossia, avrà conseguenze ancora non del tutto prevedibili sul movimento ecumenico. Penso, in particolare, ai rapporti tra papa Francesco e il patriarca Kirill, attualmente schierati su due fronti contrapposti e alle conseguenze del gesto compiuto dal papa lo scorso 25 marzo, cioè la consacrazione al Cuore immacolato di Maria del popolo russo e del popolo ucraino. Questo atto, che è stato universalmente lodato nei paesi a maggioranza cattolica come l’Italia, nell’ambito dell’ortodossia viene letto invece come una possibile nuova aggressione, alla luce di un millennio di lotte (non solo dottrinali!) tra il cristianesimo orientale e quello occidentale. Bisogna ricordare che, alla rottura formale della comunione tra la Chiesa latina e i quattro patriarcati storici della Chiesa orientale nel 1054, seguirono una serie di scontri che culminarono nel saccheggio di Costantinopoli da parte dell’esercito crociato nel 1204; nell’immaginario identitario della cultura ortodossa, la Chiesa cattolica e l’Occidente hanno continuato ad essere percepiti come aggressori e conquistatori.
Quali saranno le conseguenze nell’ambito geopolitico? Penso che saranno notevoli e di lunga durata, ma anche che sia ancora difficile prevederle con un certo margine di certezza. Sicuramente, la catastrofe umanitaria causata da questa guerra avrà un impatto importante sull’economia dei paesi europei.
Massimo Rubboli ha insegnato Storia dell’America del Nord e Storia del Cristianesimo moderno e contemporaneo nella Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Genova. Tra le sue ultime pubblicazioni, ricordiamo La Riforma protestante tra mito e memoria storica (Com-Nuovi Tempi, Roma 2020) e Alle origini della storia americana (Unicopli, Milano 2020).