
L’estensione cronologica non fu di minori dimensioni rispetto alla controparte puramente geografica. Le prime tensioni incominciano già durante le ultime fasi della seconda guerra mondiale in cui, bisogna sempre ricordarlo, URSS e USA erano alleati contro le potenze dell’Asse. Ma il periodo critico fu quello che va dal 1946 al 1949, data in cui l’URSS si dota dell’ordigno nucleare. Da quel momento in poi, il confronto bipolare si articola nel reciproco tentativo di guidare le sorti del globo continuamente in bilico rispetto alla sempre possibile catastrofe atomica. Lo scopo stesso delle due potenze era di ampio respiro: l’imposizione totale e definitiva della propria ideologia. Nessuna possibilità di ‘terze vie’ soprattutto da questo punto di vista.
Anche se non combattuta in maniera diretta, la profusione di energie in ogni campo, dalle armi alla ricerca scientifica, ne fa forse una guerra più ‘totale’ delle precedenti. Ovvero, mai come nella guerra fredda si è arrivati a toccare l’assolutezza dello scontro. Il mito del dopoguerra, come inizio di una sorta di ‘pace perpetua’, è un’illusione strettamente europea, secondo un’interpretazione deformata della realtà causata anche dalla perdita definitiva della sua leadership mondiale.
Quando e come nasce il concetto di «guerra fredda»?
Sembra che la prima persona ad utilizzare questa “felice locuzione”, almeno a giudicare dalla sua definitiva acquisizione nella storiografia e nel dibattito pubblico, fu George Orwell. La utilizzò in un suo pezzo pubblicato sul Tribune, quotidiano britannico, il 19 ottobre del 1945, ad appena due mesi del lancio dell’atomica su Hiroshima e Nagasaki.
In questo saggio lo scrittore espone il suo pensiero e le sue preoccupazioni sull’immediato futuro dello scenario geopolitico mondiale. Curiosamente, egli non è terrorizzato dalla potenza della nuova arma, che stava rapidamente diventando il simbolo di una probabile futura apocalisse nucleare, ma ciò che lo preoccupa è il possibile monopolio atomico. Nel corso di un’analisi lucidissima, Orwell preconizza un futuro dove la Terra è dominata da due o tre superpotenze (USA, URSS e un est-asiatico dominato dalla Cina) che egemonizzano vastissimi territori in virtù del possesso dell’arma definitiva, il cui effettivo utilizzo sarebbe stato possibile nei confronti degli altri Stati, incapaci di concentrare le risorse per dotarsi della stessa arma, ma non tra di loro, in equilibrio permanente stante la funzione deterrente del possesso reciproco dell’atomica. Tutto ciò verso il trionfo della tirannia dei pochi in grado di imporsi sulla massa stante lo sviluppo militare indirizzato verso armi non ‘democratiche’.
Ad ogni modo l’utilizzo di questa locuzione da parte dello scrittore britannico fu piuttosto generico, ma già negli anni immediatamente successivi si iniziò a riferirsi al nascente stato di tensione tra USA e URSS come ‘guerra fredda’. Una scelta lessicale quanto mai appropriata per uno scenario di contrapposizione tra due ‘giganti’ mai deflagrato in un conflitto diretto su larga scala e spesso declinato attraverso guerre di procura.
Data la natura del testo, che è soprattutto divulgativo, in La guerra fredda – Una guida al più grande confronto del XX secolo abbiamo ripreso la locuzione pensando ad essa non come uno scontro mancato ma come un nuovo modo di manifestarsi del conflitto. La guerra fredda è la prima forma di guerra epistemica, ovvero essa è la prima forma di guerra contemporanea in cui l’obiettivo della guerra non è più, né soprattutto, di carattere strettamente militare ma è più generale e riguarda ogni aspetto della società e il cui obiettivo e il cui mezzo è, appunto, la conoscenza. I risultati di questo cambiamento, imposto dalla necessità di evitare scontri diretti nucleari o meno, sono sorprendenti. Per questo abbiamo analizzato vari aspetti della guerra non legati direttamente al confronto armato tra le due superpotenze, tra cui vale la pena ricordare la corsa allo spazio. La guerra fredda fu una vera e propria guerra e questo non deve essere dimenticato.
Nel Vostro testo, Voi proponete una periodizzazione della guerra fredda: con quali criteri è stato pensato?
Bisogna tenere a mente che La guerra fredda – Una guida al più grande confronto del XX secolo è un testo introduttivo e, allo stesso tempo, un pungolo alla riflessione. Per questo, abbiamo deciso di procedere in modo piuttosto trasparente scandendo la guerra fredda in cinque fasi legate all’avvicendamento ai vertici del potere sovietico in primis ma anche americano. Con l’esclusione della prima parte, rivolta a capire la genesi della guerra fredda rispetto allo svolgersi degli ultimi drammatici anni della seconda guerra mondiale, le successive quattro sono scandite dalla successione delle figure di Stalin, Kruscev, Brezhnev e Gorbaciov. Questa scelta è dovuta alla relativa semplicità e intuitività per categorizzare il susseguirsi degli eventi, così che si possa avere una linea chiara da seguire. D’altra parte, altre periodizzazioni sono possibili ma tutte hanno il difetto di essere già pensate per chi conosce lo sfondo della guerra fredda. Ecco a noi interessava lo sfondo e mostrarlo a chi non lo conosce affatto. Il sistema democratico americano vide il susseguirsi di un maggior numero di leader, ma anche nel loro caso ci si è concentrati su determinate figure di spicco evidenziando il carattere dialettico del confronto attraverso l’analisi delle opposte strategie di conduzione del conflitto. Nelle varie partizioni dell’opera abbiamo dunque i binomi Truman-Stalin, Eisenhower-Stalin, Kennedy-Kruscev, Nixon-Brezhnev e l’atto finale tra Reagan e Gorbaciov.
L’idea è stata quella di illustrare un lungo ed estenuante conflitto che non procedette su un singolo binario ma, pur presentando sempre alcune caratteristiche fondamentali, seguì via via percorsi di sviluppo diversi a seconda degli uomini, e del loro sistema di valori, che di volta in volta furono alla guida di URSS e USA. Una strada tortuosa, variegata, segnata dallo sviluppo di visioni strategiche spesso fondate sul paradosso: anche questo fu la guerra fredda.
Quali sono stati gli eventi e i fatti principali della guerra fredda?
Nell’immaginario collettivo la guerra fredda è spesso associata a fatti e vicende che hanno segnato l’immaginario, più che la storia. Caso esemplare è la guerra del Vietnam, emblema di un inutile bagno di sangue per motivi ideologici che, però, non erano sufficienti a generare unità nell’opinione pubblica. Esso fu evento senza dubbio interessante e simbolicamente centrale, ma non così determinante per lo sviluppo del confronto tra gli USA e l’URSS. Il caso del Vietnam è particolarmente significativo, da questo punto di vista, ma se ne potrebbero portare molti altri.
Vorremmo invece dare una ‘cornice’ entro cui inquadrare la guerra fredda e concentrarci su altri eventi, forse meno eclatanti, ma a nostro avviso più importanti per comprendere l’evoluzione del conflitto nella sua interezza.
Iniziamo dal 12 marzo del 1947, data di nascita della ‘dottrina Truman’. In questa data il presidente americano Harry Truman, durante un discorso tenuto al Congresso, annunciò la volontà di contrastare con ogni mezzo il progredire dell’espansione sovietica. Ufficialmente parlò di supportare la resistenza dei popoli liberi contro aggressive minoranze interne o influenze esterne non meglio identificate, ma il riferimento all’Unione Sovietica fu palese fin da subito. A dimostrazione di questo già l’anno successivo il Congresso approvò lo stanziamento di fondi economici per il supporto militare di Turchia e Grecia, nazioni che in quegli anni si inquadravano esattamente negli scenari di cui aveva parlato Truman. E questo fu l’incipit.
Facendo un balzo avanti di decenni, fu fondamentale la decisione di Reagan di sviluppare lo ‘scudo spaziale’, un sistema di difesa con base sia sulla Terra sia nell’atmosfera terrestre, che sarebbe dovuto essere in grado di difendere il suolo americano dai missili balistici sovietici. Questa impresa, straordinariamente dispendiosa e, finora, mai pienamente realizzata, rappresentò il colpo di grazia nei confronti dell’Unione Sovietica. Da questo momento un’URSS, con un’economia stagnante già da diversi anni, di fatto non riesce più a raccogliere risorse sufficienti a mantenere anche solo lo status quo. La soluzione fu la politica segnata dalla Perestroika e dalla Glasnost di Gorbaciov che in concreto accelerò ciò che non era più evitabile: la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Questi sono eventi meno discussi nell’opinione pubblica rispetto alla guerra in Vietnam e altri simili casi, ma essi disvelano molto di più la logica della guerra fredda.
Come ha influito sul confronto tra le due superpotenze la corsa allo spazio?
Questa interessante domanda ci consente di mostrare uno degli aspetti più caratteristici, perché paradossali e controintuitivi, della guerra fredda, a cui abbiamo infatti dedicato un ampio capitolo nel nostro lavoro. Spesso quando pensiamo alla guerra fredda ci soffermiamo all’esplorazione dell’atmosfera terrestre, del sistema solare, allo sbarco sulla Luna nell’ambito di uno sviluppo della tecnologia dominato dal normale svolgersi degli eventi in pace e volto alla scoperta e alla conoscenza: una nuova rivoluzione scientifica insomma, avulsa da ogni altra logica. Ma una visione simile, pur mantenendo degli elementi di verità, è decisamente naïve. Ciò per una serie di motivi. Innanzitutto, escludendo per ora l’ambito militare, l’esplorazione di ciò che sta fuori dal nostro pianeta non andava incontro ad esigenze di conoscenza. La questione della corsa allo spazio fu una grande sfida propagandistica in cui, lungi dal voler progredire in nome dell’intero genere Umano, le due superpotenze intendevano dimostrare la vittoria del proprio sistema politico-ideologico sul concorrente. L’obiettivo era conseguire un decisivo vantaggio politico. Ma anche militare. Non si deve dimenticare infatti che lo sviluppo delle tecnologie aero-spaziali ebbe inizio dalle Wunderwaffen di Von Braun (emigrato negli USA e la cui storia supera la fantasia, uno dei tanti casi nella guerra fredda) e proseguì con lo sviluppo di missili che, prima ancora di essere concepiti come mezzi di trasporto per i cosmonauti, furono pensati come vettori di ordigni nucleari. Non dimentichiamoci mai che la tecnologia aero-spaziale e lo sviluppo di armi nucleari hanno spesso proceduto parallelamente. Sputnik e Apollo non vanno tenuti distinti dai missili intercontinentali (ICBM). Infine, la corsa allo spazio costituì un mezzo insostituibile per drenare risorse economiche colossali che, nel caso sovietico, alla lunga destabilizzarono l’economia statale con buona pace del popolo sovietico e dei suoi bisogni fondamentali. D’altra parte, bisogna riguardare sempre il Dottor Stranamore (fondamentale film di Stanley Kubrick) in cui l’ambasciatore sovietico negli Stati Uniti dichiara che l’URSS non poteva correre allo spazio, alle armi e alla pace allo stesso tempo. Dove l’ironia sta appunto in quest’ultima parola, la pace.
E a questo punto ritorniamo alla domanda. In che modo ha influito tutto questo sulla guerra fredda? Ne ha caratterizzato alcuni aspetti salienti, ha esasperato lo scontro propagandistico sul successo di un’ideologia sull’altra, ha drenato risorse economiche impensabili e ha alimentato, essendone a sua volta alimentata, lo sviluppo di terrificanti arsenali nucleari. Tutto questo fu la corsa allo spazio, che fu sicuramente ben più di un piccolo passo per un uomo, ma fu pagato a caro prezzo da tutta l’umanità.
A oltre un quarto di secolo dal crollo dell’URSS, quali conseguenze storiche ha prodotto la guerra fredda?
La guerra fredda fu un evento paradossale e questo, appunto, si evince già dal nome. La fine della guerra fredda ha determinato una serie di conseguenze la cui valutazione è anch’essa ambigua, dominata dal paradosso. Da un lato, l’Unione Sovietica non esiste più e il comunismo non è più per nessuno una ideologia competitiva rispetto a quella contraria. Ma quale è “l’ideologia contraria”? Abbiamo detto che la guerra fredda fu un confitto anche ideologico, marcatamente tale. Il contrario del comunismo era il liberalismo politico, simboleggiato dalla democrazia americana, e il capitalismo economico. Ma il capitalismo, propriamente inteso, non è una vera e propria ideologia. E questo lo abbiamo ri-scoperto proprio alla fine del comunismo con la fine della guerra fredda. Siamo ossessionati dalle crisi che, ormai, sono una condizione permanente della percezione delle cose perché manca totalmente una visione generale di come vorremmo il futuro. E quindi tutto ci stupisce. Lo scontro ideologico nella guerra fredda si giocava sulla scommessa del futuro dell’umanità: in un modo o in un altro si sarebbe tutti vissuti felici, con o senza proprietà privata, con o senza religioni. Ma oggi non c’è una linea guida per un futuro comune. Ci sono tanti piccoli futuri frammentati che conducono inevitabilmente ad aggregazioni di interessi su basi sempre fluttuanti e relative. Infatti, la guerra fredda, proprio nel suo aspetto ideologico, era dominato da una generale visione dell’umanità: gli USA e l’URSS non parlavano solo al proprio popolo perché offrivano una visione generale di alternative politiche universali. Anche se il comunismo in pratica ha spesso assunto volti nazionali (per ragioni che spieghiamo nel libro) esso aveva una vocazione prettamente universalista come ben sapevano i primi rivoluzionari e Lenin per primo. Quindi ecco il paradosso: proprio adesso che il capitalismo e il liberalismo hanno vinto la percezione non è di vittoria ma di sconfitta. Perché adesso si riscopre che la dinamica delle relazioni economiche, senza una critica attiva, non è più logica, umana o anche solo meritocratica di tante altre cose che speravamo finite nei cassetti della storia. La storia non ha cassetti, purtroppo. Non si è mai percepita tanto al ribasso una così totale e clamorosa vittoria. Ma vincere non significa ancora saper vincere, per invertire una celebre nota di Sun Tzu.
E qui vorremmo chiudere con il caso europeo. Noi abbiamo scritto questo libro per varie ragioni. La prima delle quali è che crediamo profondamente nella necessità di sfidare questo barbarico dibattito pubblico, così improntato alle passioni dell’immediato, mediante un’opera di riflessione pacata alla portata di tutti. E in Italia, come in Europa, non mancano coloro che sfidano le minuzie di un così selvaggio modo di discutere il presente. E tuttavia la nostra opinione è che alla fine della guerra fredda l’Europa Occidentale e qui, davvero, in un senso purtroppo unitario, ha concepito se stessa come se fosse al di là del farsi della storia. Gli europei si erano convinti fortemente di vivere finalmente in un mondo in cui potevano permettersi il lusso di contemplare con calma le cose da una vetrina privilegiata, calma e pacifica. Questo era il risultato della guerra fredda in Europa: espansione territoriale (si arriva quasi ad includere l’Ucraina nella Nato e nell’UE), una notevole espansione economica, una mai sperimentata sicurezza fisica e informativa e una ideologia umanitaria bella quanto mai messa alla prova, come tutto il resto. Il rovescio della medaglia è arrivato e quello che si vede è solo la superficie che sono, appunto, quegli eventi difficili a comprendersi che, per ciò, chiamiamo vagamente “crisi”. Ma la verità del presente parte sempre da lontano. Perché quelle che noi oggi chiamiamo “crisi” non sono altro che il risultato della storia che ci sta travolgendo: la crisi dei confini, la crisi economica, la crisi migratoria non sono altro che il sintomo di un’assenza di idee che è dovuta alla fine del comunismo e del confronto bipolare a livello geopolitico. Non perché bisogna pensare che l’ideologia comunista o il confronto bipolare fossero cose positive in quanto tali, ma perché erano il contraltare critico che costringevano tutti a ragionare su quali fossero davvero le priorità, cosa si voleva fare e perché. Come spieghiamo nel libro, il comunismo era pur sempre un’ideologia laica la cui pretesa era vincolata alla realtà e, sostanzialmente, al suo successo nel rendere il mondo migliore. Che ci riuscisse o meno è decisamente meno importante rispetto alla spinta che imponeva anche al blocco Occidentale. E infatti per l’Occidente liberale la sfida era proprio mostrare che le cose stavano all’inverso e, quindi, in questa dinamica profondamente competitiva si evinceva una intrinseca necessità di pensare al futuro e di pensarlo uniti e di pensarlo al meglio, tutto nella misura del possibile. Ma oggi le persone si sentono immerse in un cieco e vuoto meccanismo in cui i loro destini non contano niente. E la storia, quella scomoda realtà magmatica e talvolta violenta o addirittura catastrofica non è più lontana ma è di nuovo vicino a noi e tutta attorno a noi. Ecco, noi abbiamo scritto questo libro proprio per tutti questi che, come noi, vivono in un presente che stentano a capire, ma che devono conoscere per poterlo dominare per quello che è possibile alle umane possibilità. E così finalmente avere almeno la speranza che un progresso sia possibile prima che la barbarie, oggi in gran parte solo verbale, si tramuti in qualcosa di più concreto non solo lontano da noi ma anche vicino e dentro di noi.