
di Sebastiano Timpanaro
«Delle due parti in cui il Lachmann divise la critica del testo – recensio ed emendatio – la seconda era praticata fin dall’antichità. Nel Seicento e nel Settecento essa era stata anche oggetto di buone trattazioni metodologiche, per quanto poteva consentirlo la sua natura di «arte» più che di «scienza». Nell’Ottocento i metodi emendatorii ricevettero ulteriori affinamenti (dovuti soprattutto ai progressi nello studio della lingua e dello stile delle varie epoche e dei vari autori), ma non compirono alcun mutamento rivoluzionario; né si può dire che, quanto a genialità divinatoria, anche i migliori congetturatori del secolo scorso siano stati superiori a un Turnebus o ad un Bentley o ad un Reiske.
Fu invece la fondazione scientifica della recensio la grande novità della critica testuale ottocentesca. Ma come ad essa si sia giunti; quanta parte del «metodo del Lachmann» vada effettivamente attribuita al Lachmann, e quanta sia invece da rivendicare ai suoi predecessori e contemporanei; attraverso quali fasi il Lachmann stesso sia passato nell’elaborare il proprio metodo: tutto ciò è ancora da chiarire. Quasi nulla dicono in proposito le storie della filologia. Cenni storici assai utili si trovano in alcune trattazioni di critica del testo: Quentin, Dain, Giarratano, e soprattutto nella Storia della tradizione di Pasquali, in cui, come in tutti gli scritti pasqualiani, filologia e storia della filologia sono strettamente unite. Si sente tuttavia il bisogno di una ricerca più ampia, quale era desiderata da Joseph Bédier fin dal 1928. Io ho voluto tentarla; altri, in seguito, faranno meglio. Mi preme solo avvertire che i primi due capitoli hanno un carattere puramente introduttivo: non mirano affatto a tracciare una storia della critica testuale dagli umanisti alla fine del Settecento, ma solo a individuare alcuni presupposti storici e alcune parziali anticipazioni del “metodo del Lachmann”»