
di Eugenio Garin
Laterza
«Se termini quali “rinascere”, “rinascita”, e simili, uniti al concetto di un andamento ciclico della cultura, con periodi alterni di luce e d’ombra in analogia con i ritmi celesti, compaiono spesso nella riflessione sul corso della storia umana, la discussione specifica su un momento molto preciso della vicenda della civiltà occidentale, collocato in Europa fra XIV e XVII secolo, ha assunto nel tempo valori abbastanza definiti.
È appunto il periodo che suol dirsi “Rinascimento” riprendendo termini, immagini e simboli presenti e operanti lungo il suo svolgimento medesimo, anche se con valori non sempre omogenei. Programma e progetto di rinnovamento “spirituale”, religioso e culturale, ma anche politico, assai forte nel XIV secolo; trasformazione profonda in atto specialmente nelle città italiane del XV secolo, intreccio complesso di moti di crisi e di trasformazione nell’Europa del XVI secolo: la “rinascita” è venuta indicando via via processi diversi, anche se spesso fra loro collegati.
D’altra parte lungo il corso del tempo fenomeni precisi variavano e si trasformavano, dando luogo a conseguenze fra loro disformi, o addirittura contraddittorie. Quella che una storiografia di qualche anno addietro presentò come nota peculiare di tutto il periodo in questione, ossia una “coscienza” sempre presente del “rinascere”, fu in realtà, agli inizi, un programma di rinnovamento culturale (il ritorno agli “antichi”), e, successivamente, l’avvio a una interpretazione storica e l’elaborazione di un mito: appunto il Rinascimento quale momento di crisi rinnovatrice connessa con la ripresa della civiltà greco-romana intesa come aderenza alla realtà concreta dell’esperienza umana e terrena, in contrasto aperto, o larvato, con le età oscure e barbare (il Medioevo), orientate verso la trascendenza, incuranti del mondo concreto dell’uomo e della ragione “tutta spiegata”.»