“La credibilità politica. Radici, forme, prospettive di un concetto inattuale” di Guido Gili e Massimiliano Panarari

Prof. Guido Gili, Lei è autore con Massimiliano Panarari del libro La credibilità politica. Radici, forme, prospettive di un concetto inattuale edito da Marsilio. Innanzitutto, cos’è la credibilità? Chi è credibile e perché?
La credibilità politica. Radici, forme, prospettive di un concetto inattuale, Guido Gili, Massimiliano PanarariLa credibilità è la possibilità o la probabilità di essere creduto, che qualcuno (o qualcosa) ha di essere creduto. E chi è credibile? A questa seconda domanda molti rispondono subito: è credibile chi è onesto, coerente, sincero, chi mantiene le promesse, chi è fedele agli impegni presi, chi non tradisce. Nella percezione diffusa, la credibilità appare dunque come una qualità personale, una caratteristica morale della persona. In realtà, questa risposta, sebbene ragionevole e condivisibile, è solo parzialmente giusta. Se riflettiamo meglio, infatti, la credibilità non è solo una disposizione personale, una qualità morale, ma è qualcosa che viene attribuito, viene riconosciuto dagli altri. Anche se evidentemente non può prescindere dalle caratteristiche personali, che ne costituiscono la base, la credibilità è una relazione. Credibilità (del comunicatore) e fiducia (del destinatario) sono le due facce di una stessa relazione sociale, viste da due punti di osservazione o due prospettive diverse e complementari.

Che la credibilità sia una relazione mi pare sia dimostrato da molte prove ed evidenze. Spesso chi è credibile per alcuni non lo è per altri o, almeno, non per le stesse ragioni, nella stessa forma e misura. Gli esempi possono essere innumerevoli, ma il caso estremo e più evidente – e del tutto pertinente nel contesto di un discorso sulla credibilità politica – è costituito dalla credibilità dei leader carismatici. Per i loro seguaci essi rappresentano delle personalità eccezionali, dotate di qualità quasi sovrumane, per cui si butterebbero nel fuoco; per gli altri non sono che degli esaltati, dei pazzi o dei criminali. In questo caso l’attribuzione di credibilità si divarica radicalmente, c’è un vero e proprio rovesciamento delle attribuzioni di credibilità.

C’è anche un altro aspetto da considerare. Le particolari situazioni e contesti in cui agiamo possono poi “modificare” le nostre disposizioni soggettive cosicché individui ritenuti credibili e affidabili, in determinate situazioni o circostanze possono tradire la fiducia riposta in loro, mentre altri considerati poco credibili possono rivelarsi rispettosi dei patti e degli impegni, capaci di azioni nobili e disinteressate. Infine bisogna anche ricordare che l’aspettativa di credibilità che gli altri nutrono nei nostri confronti può contribuire a renderci più credibili: il fatto che qualcuno “creda” in noi, ci dia la sua fiducia, rafforza l’auto-stima e genera in noi una spinta morale che può influenzare i nostri comportamenti e perfino la percezione di noi stessi. Si può ricordare, a questo proposito, rimanendo vicini al tema della leadership politica, il bel film Kagemusha (Il sosia) (1980) del grande regista giapponese Akira Kurosawa. Un ladro viene sottratto al patibolo per “impersonare” un grande signore della guerra ucciso accidentalmente, a cui assomiglia in modo straordinario, affinché i nemici, ignorandone la morte, non possano trarne profitto. Con il passare del tempo il ladro si sente vincolato moralmente all’uomo di cui veste (indegnamente) i panni: la credibilità che tutti attribuiscono al suo personaggio, la fiducia che ripongono in ciò che rappresenta, lo motiva a comportarsi sempre più come il suo “originale”, a pensare come lui, a “essere lui”. E ciò non solo lo rende via via più credibile per gli altri, ma cambia anche la sua stessa percezione di sé come attore, non come semplice personaggio.

Quali sono le radici e le forme della credibilità politica?
Ci sono tre grandi radici o “ancoraggi” della credibilità, che nella vita concreta delle persone e anche nell’agire politico si intrecciano e si sovrappongono secondo diverse forme e figure. La prima radice è costituita dalla conoscenza e dalla competenza. È la credibilità di cui gode colui che sa quel che dice e quel che fa, e ne assume la piena responsabilità. Qui si apre tutto il capitolo delle competenze necessarie a un buon politico e dei rapporti tra politici ed esperti (ciò che stiamo vivendo in relazione all’emergenza sanitaria, economica e sociale del Covid-19, credo sia un campo di analisi molto interessante a questo proposito). La seconda radice è la comunanza dei valori, cioè la condivisione delle concezioni di ciò che nell’agire politico è visto come buono, giusto e desiderabile. Nel nostro libro consideriamo, da un lato, i valori che caratterizzano le diverse culture e tradizioni politiche e, dall’altro, i valori “personali” che, in un’epoca di personalizzazione della politica, appaiono sempre più rilevanti: la sincerità, il disinteresse, l’autonomia e la lealtà, cercando di capire cosa significhino e implichino per l’agire politico. Infine, la terza radice è costituita dall’attaccamento e dall’affettività, che in politica riguarda principalmente il ruolo che gioca il rapporto affettivo tra leader e seguaci nella costruzione della credibilità.

Quale rilevanza assume la credibilità nella vita politica e nell’ordinamento democratico?
Questa è una domanda centrale. Abbiamo notato che non si è mai parlato tanto di credibilità politica. Da qualche anno nel dibattito pubblico e nei media c’è stata una vera e propria esplosione dei termini “credibilità” e “credibile”, proprio perché si avverte diffusamente un deficit e una crisi di credibilità della politica, che alcuni giudicano addirittura irreversibile. E non è solo un problema italiano. Contemporaneamente, ed è l’altra faccia dello stesso fenomeno, si assiste a un’accelerazione nel processo di circolazione delle élite politiche, per cui emergono nuove élite che si pongono in contrapposizione alle vecchie, con l’obbiettivo di sostituirsi ad esse “per il bene del Paese”.

La grande domanda è: la mancanza o la perdita di credibilità di un leader o di un gruppo politico è un problema? A prima vista è sicuramente così. La perdita di credibilità ha sicuramente dei costi in termini di consenso. Ancor più: la perdita di credibilità della politica implica dei costi molto pesanti non solo per chi ne è direttamente investito, ma, più in generale, anche per il sistema democratico e per l’intera collettività. Mantenere, conservare e accrescere la propria credibilità è dunque un “problema serio” e un compito difficile. Non mancano tuttavia esempi, nel passato ma ancor più in questi anni, di politici che sono riusciti a superare gravissime crisi di credibilità, per cui incidenti, gaffe, gravi errori, scandali, esempi lampanti di incompetenza o di malafede sono stati superati senza gravi conseguenze. Allora ci siamo chiesti: ciò è dovuto all’abilità di questi soggetti o all’assuefazione e alla distrazione del pubblico? Sta forse emergendo un nuovo clima politico in cui la credibilità non è più così importante? Questo ci è sembrato un problema serio per la democrazia sul quale riflettere.

La credibilità come circola all’interno della società?
Poiché, come si è detto, la credibilità non è una qualità intrinseca del soggetto, ma una relazione, essa possiede una proprietà “transitiva” per cui può essere trasferita attraverso dei processi di accreditamento o può essere oggetto di lotta e di concorrenza. Nel libro abbiamo dedicato un ampio capitolo all’analisi delle forme di circolazione della credibilità politica: i trasferimenti di credibilità da un soggetto a un altro (ad esempio quando un capo politico indica un delfino o un successore), da una sfera dell’agire sociale a un’altra (ad esempio quando un imprenditore, un intellettuale o un magistrato “scendono” in politica) e tra sfera pubblica e privata (cioè come i comportamenti della sfera privata influenzino il giudizio sulla personalità pubblica di un politico). Abbiamo poi indagato le forme che assume la lotta per la credibilità e le diverse strategie impiegate per prevalere sugli avversari politici.

A quali rischi è soggetta la credibilità e quali patologie ne derivano?
I rischi e le patologie della credibilità in politica sono molti. In particolare abbiamo analizzato i processi e le cause che generano il discredito, i modi attraverso i quali un soggetto politico viene screditato e le strategie che può mettere in atto per contrastare il discredito e recuperare credibilità (quando ci riesce).

Poi abbiamo studiato due atti politici sempre sospesi tra credibilità e discredito: le promesse, le minacce, dedicando qualche considerazione all’alibi, cioè la strategia di recupero utilizzata per motivarne e giustificarne il mancato rispetto.

Infine non potevamo tralasciare la questione dei sondaggi. Oggi si parla da più parti di “democrazia del pubblico”, “democrazia dei sondaggi” e “sondocrazia”. I sondaggi sono diventati sempre più strumenti per misurare la credibilità dei soggetti politici e delle loro scelte. Ma qual è la credibilità dei sondaggi? L’uso dei sondaggi eletto a strumento principale di interpretazione della realtà sociale e politica ci sembra ponga qualche problema sia in termini di rappresentazione dell’opinione pubblica sia in termini di influenza e distorsione sull’azione politica.

A cosa si può fare appello per restituire credibilità alla politica?
Ci sembra che la credibilità in politica si alimenti in due tipi di relazioni: il rapporto verticale tra i leader politici e i cittadini e il rapporto orizzontale di solidarietà che si crea in gruppi e comunità di persone che credono nelle stesse cose e vogliono perseguire gli stessi scopi. Ci sono moltissimi segni che oggi, in una fase di stanchezza e confusione della vita politica, la ricerca di una rinnovata credibilità-fiducia nel campo politico torna a percorrere una di queste due strade, che a volte si intersecano: il bisogno di grandi leader e la voglia di comunità. Non per nulla questi due temi sono al centro del dibattito attuale sul populismo e il fallimento (o tradimento) delle élite politiche. Dopo aver cercato di comprendere le ragioni per cui riemerge il bisogno di leadership e la voglia di comunità, ci siamo chiesti dunque di “quali leader” e di “quali comunità” la nostra democrazia ha oggi bisogno.

Guido Gili è professore di Sociologia della comunicazione e dei media e prorettore vicario nell’Università degli Studi del Molise. Ha insegnato nelle Università di Bologna, Macerata e LUISS “Guido Carli” di Roma. È presidente della Società Scientifica Italiana Sociologia, Cultura, Comunicazione (www.ssi-scc.it). Tra le sue pubblicazioni: La manipolazione: peccato originale dei media?, 2001; La credibilità: quando e perché la comunicazione ha successo, 2005; Comunicazione, cultura, società. L’approccio sociologico alla relazione comunicativa (con F. Colombo), 2012; Chi ha paura della post-verità? Effetti collaterali di una parabola culturale (con G. Maddalena), 2017; The History and Theory of Post-Truth Communication (con G. Maddalena), 2020.

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