
Trama
Dopo la laurea in medicina, Costanza è costretta a lasciare l’amata Sicilia per trasferirsi nel malinconico e freddo Nord. A scaldare l’atmosfera ci pensa Marco, padre della sua Flora, che da piccolo incidente di percorso si trasforma nel più grande miracolo: «Sul treno, di fronte a me, si è seduto un ragazzo […]. Tutto sembra studiato per proiettare un’immagine di sè affascinante». Dopo molte tribolazioni, l’uomo decide finalmente di lasciare la perfetta e storica fidanzata all’altare, senza però prendere una posizione. Perennemente indeciso e ambiguo, la figura di Marco solleva qualche dubbio. I suoi sentimenti sono davvero onesti? Costanza, però, non può perdersi dietro riflessioni adolescenziali. È una madre sola, lavoratrice e precaria.
Un’offerta di lavoro dal lauto compenso cambierà la sua vita: la donna decide così di abbandonare Marco e Verona per trasferirsi a Venezia, accettando un nuovo progetto da paleopatologa che la terrà occupata con indagini storiche e intricati segreti di famiglia. L’ultima discendente della famiglia Almazàn, infatti, intende accedere alle tombe dei suoi antenati nel tentativo di scoprire quanto ci sia di vero nelle calunnie che per secoli hanno coinvolto il famoso casato veneziano. Spinta da una grande curiosità e da uno spirito di intraprendenza, la donna accetta l’incarico. In più pare che al progetto parteciperà anche Marco. Sarà l’occasione giusta per un riavvicinamento? La protagonista dai capelli rossi, sarà in grado di risolvere il giallo e fare chiarezza nel suo cuore?
Recensione
La Costanza è un’eccezione è il capitolo conclusivo della saga su Costanza Macallè, un’anatomopatologa prestata alla paleopatologia. L’autrice Alessia Gazzola, anche in questo libro, si conferma abile nel trattare argomenti quanto mai attuali, utilizzando uno stile semplice, leggero, talvolta ironico ma mai banale. La trama spazia dal genere giallo-rosa al romanzo storico. I riferimenti al periodo veneziano sono fedeli al tempo e trattano in maniera interessante e curiosa tematiche quali morti misteriose, raggiri e metodi particolari di avvelenamento.
In questa nuova puntata della trilogia, la protagonista è ancora una volta una donna: Costanza. A differenza di Alice dell’Allieva, il personaggio non è goffo e impacciato, ma una giovane madre sola, lavoratrice e precaria. Costy ha studiato come anatomopatologa, ma per diverse vicissitudini si trova a dover svolgere il ruolo di paleopatologa, che ama e odia al tempo stesso. Nonostante si tratti di una disciplina interessante, capace si intersecare medicina, antropologia, storia e archeologia, la protagonista finisce in questo settore più per caso che per una reale passione. La condizione è comune a molti giovani di oggi che si trovano a svolgere un lavoro di passaggio (non amato) sperando di poter realizzare un giorno il sogno della propria vita.
Costanza è molto vicina alle problematiche delle donne moderne: perennemente in ritardo, arranca portandosi avanti tra un lavoro che non le dà i giusti stimoli (ma le serve per mantenere l’adorata figlia Flora) e la difficoltà di gestire il tempo con la bambina. In più si aggiunge un amore che all’apparenza sembra non corrisposto. Nonostante tutto, però, la trentenne non perde mai la determinazione, rischiando di cacciarsi anche in grossi guai.
La Costanza è un’eccezione non è solo un romanzo rosa, ma un sapiente mix di eventi storici realmente accaduti, di fantasia e mistero. La narrazione è ricca di riferimenti al passato che si fondono con il presente. L’incarico di scoprire la verità sull’antica famiglia veneziana degli Almazàn, rende la trama ancora più avvincente e interessante. Costanza ha il compito di scoprire il motivo per cui si vociferava che i membri del casato fossero dei vampiri e perché erano malvisti dalla comunità seicentesca veneziana. Erano davvero degli esseri soprannaturali oppure dei semplici mercanti spagnoli divenuti ricchi solo per soldo? Perché molti giovani morivano? Erano collegati al vampirismo oppure erano affetti da una qualche malattia genetica non nota a quel periodo?
La lettura del libro è molto piacevole, rilassante, leggera e coinvolgente. Le tematiche affrontate invogliano il lettore a calarsi nella storia, tentando di risolvere il giallo dell’antica dinastia degli Almazàn. Per quanto riguarda il lato rosa, il personaggio di Marco, padre della piccola Flora, è poco chiaro. La sua immagine è relegata a un ruolo quasi marginale, l’impressione è quella che non abbia grande voce in capitolo. L’ambiguità dell’uomo e la sua perenne indecisione è quasi snervante. Sembra quasi di essere sulle montagne russe. Il finale del libro lascia un po’ a bocca asciutta, una scelta tattica dell’autrice che potrebbe anche decidere di riaprire un nuovo capitolo in seguito. «Per me Marco è una sete inestinguibile e perenne».