“La Compagnia di San Paolo (1563-2020). Torino, Europa” di Blythe Alice Raviola

Prof.ssa Blythe Alice Raviola, Lei è autrice del libro La Compagnia di San Paolo (1563-2020). Torino, Europa edito dal Mulino: quando e come nasce la Compagnia di San Paolo?
La Compagnia di San Paolo (1563-2020). Torino, Europa, Blythe Alice RaviolaIl 25 gennaio 1563, presso il convento di San Domenico di Torino, prese il nome di Compagnia di San Paolo un sodalizio composto da sette uomini che esattamente un anno prima, sempre nel giorno dedicato al santo di Tarso, si erano ritrovati con lo scopo di aiutare i poveri all’insegna della “catholica fede”. Quegli uomini provenivano da luoghi e ambienti diversi. Si trattava dell’avvocato Giovanni Antonio Albosco, promotore dell’iniziativa; del capitano Pietro della Rossa, di Caramagna; del canonico Battista Gambara; del notaio ducale Nicolò Ursio, di Luserna; del mercante lombardo Benedetto Valle; del sarto Nicolino Bossio e del libraio Ludovico Nasi, “custode della libreria di Sua Altezza” su nomina di Emanuele Filiberto del 1560.

Il 1563 non è un anno qualsiasi: è l’anno in cui, a dicembre, si sarebbe concluso il Concilio di Trento; l’anno in cui Filippo II promosse la città Madrid al rango di capitale della monarchia spagnola e in cui, con analoga decisione, Emanuele Filiberto decise di trasferire la capitale del ducato di Savoia da Chambéry a Torino.

Il quadro in cui nacque la Compagnia di San Paolo, dunque, va letto sia osservando il contesto globale sia il cuore del Piemonte. Da un lato, infatti, non sfugge la somiglianza della denominazione con quella dell’altra celebre Compagnia del tempo, la Compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola nel 1534 e approvata da papa Paolo III Farnese, l’iniziatore del Concilio nel 1540. Anzi, dopo alcune incertezze spirituali di Albosco, affascinato da alcuni spunti della dottrina riformata, i paolini si affidarono alla guida religiosa del gesuita Leonardo Magnano. D’altro canto, la vitalità di Torino a metà Cinquecento è un dato da tenere in considerazione: la corte brulicava di progetti, il duca, forte alleato della Spagna e del cugino Filippo II, si mostrava quale defensor fidei; i confratelli potevano contare forti legami con quell’ambiente. Di fatti, nel giro di pochi anni, la Compagnia raccolse nuovi adepti ed ebbe i duchi fra i suoi sostenitori, mediante elemosine e pubbliche processioni.

Quali erano le finalità istituzionali del sodalizio originario?
Secondo i ventinove Capitoli o sia constituzioni della confraternita della Catholica fede, approvati nel convento di San Domenico il 30 maggio 1563, la Compagnia si proponeva di accogliere tra i suoi membri persone di comprovata ortodossia e integrità morale di età superiore ai ventuno anni al fine di aiutare gli indigenti e i malati. Si istituivano dunque un rettore, un padre spirituale, sei consiglieri, quattro “visitatori delli poveri et infermi”, un tesoriere, un usciere, un istruttore per i nuovi adepti e un segretario scrivano. Data la bontà dello Statuto e il sostegno ducale, papa Pio V Ghislieri approvò la Compagnia nel 1566.

Va specificato che, sin da primordi e in buona misura per quasi tutti i secoli dell’età moderna, fu data preferenza alle categorie dei cosiddetti “poveri vergognosi”, ovvero coloro che erano decaduti socialmente e vedevano compromessa la loro reputazione, e delle donne in condizione di fragilità, definite “vergini pericolanti” o “pericolate” nei casi in cui – orfane, vedove, non sposate, ragazze madri – rischiassero di non potersi reinserire in società. Per queste ultime, in particolare, nel 1595 fu eretto l’Ufficio pio, che si specializzò nell’erogazione di doti per fanciulle in stato di necessità.

Il patrimonio iniziale della Compagnia si dovette al lascito del facoltoso Aleramo Beccuti, signore di Lucento e Borgaro, persuaso da Albosco a donare i suoi beni alla Compagnia; ne derivò un vitalizio di 300 scudi annui che costituì il primo nucleo finanziario dell’ente.

Quali vicende hanno maggiormente segnato la storia della Compagnia?
Trattandosi di un’istituzione che ha avuto una vita e uno sviluppo secolare, e che perdura nel presente, non è facile rispondere sinteticamente a questa domanda. Possiamo però forse cogliere alcuni momenti di grande significato, a partire dall’inserimento cinquecentesco della Compagnia nel contesto dell’attività sia dei Monti di pietà sia di enti caritativi. Un dato costante nella storia della Compagnia, infatti, è il pendolo tra filantropia e credito, come bene sottolineano le molte pubblicazioni, anche recenti, a essa dedicate (W. Barberis con A. Cantaluppi, a cura di, La Compagnia di San Paolo (1563-2013), 2 voll. Einaudi, Torino 2013; C. Bermond – F. Piola Caselli, Filantropia e credito. Atlante dei documenti contabili, dalla Compagnia all’Istituto bancario San Paolo di Torino (secoli XVI-XX), con la collaborazione di A. Cantaluppi, “Quaderni dell’Archivio storico della Compagnia di San Paolo”, vol. 3, Olschki, Firenze 2020). Si deve tenere ben conto di questa duplice vocazione, generata da un circuito virtuoso: più aumentavano i lasciti a favore della Compagnia, più si consolidava il suo patrimonio, con conseguente incremento dell’attività creditizia e di beneficenza sul territorio, motivo per cui si può parlare di “carità performativa” secondo un’efficace espressione adoperata dagli storici dell’economia.

Oltre a ciò si devono considerare le contingenze socio-politiche entro cui la Compagnia operò, sempre misurandosi con Casa Savoia e con il Comune di Torino, fino a giungere all’età napoleonica, agli anni della Restaurazione e del Risorgimento, fino all’Unità d’Italia. In breve, tra le tappe cruciali da segnalare in questa storia di lunga durata, si individuano queste:

  • La rifondazione del Monte di pietà (1579);
  • La creazione di enti gestiti interamente o in parte dalla Compagnia (Albergo di virtù, 1580; Ufficio pio, 1595; Casa del soccorso, 1601; Ospedale della carità, 1649; Casa del Deposito, 1683)
  • La celebrazione dei primi cento anni di attività mediante l’Istoria della Compagnia scritta dal grande intellettuale di corte Emanuele Tesauro (1657);
  • L’acquisto, nel 1701, del Palazzo Nicolis di Robilant sito in Torino quale nuova sede del Monte di pietà;
  • La temporanea chiusura del Monte di pietà gratuito in epoca napoleonica (tra 1798 e 1804);
  • L’assegnazione alla Compagnia, da parte della Regia delegazione per gli ospedali e gli ospizi costituita nel 1815, della direzione delle Opere pie di Torino;
  • La pesante inchiesta del 1848 a opera del Ministero dell’Interno volta a sopprimere la Compagnia di San Paolo nell’infuocato clima anticlericale del Risorgimento;
  • Il Regio Decreto 30 ottobre 1851 mediante cui la Veneranda Compagnia di San Paolo fu riformata e prese il nome di Direzione centrale delle opere di pubblica beneficenza della Compagnia di San Paolo e il successivo commissariamento regio del gennaio 1852;
  • La rifondazione delle Opere pie di San Paolo con Regio decreto 13 febbraio 1853 e relativo nuovo Statuto operativo;
  • Le modifiche statutarie di inizio Novecento (1901 e 1911) dell’Istituto delle opere pie di San Paolo. Beneficenza e credito, con l’apertura delle prime filiali bancarie in Liguria (Savona, 1912);
  • L’incremento del sostegno agli ospedali e la creazione del nuovo San Giovanni Battista a Torino (1904);
  • La trasformazione in Istituto di credito nel 1927 all’insegna del motto di Pascal “se conserver en se renouvelant” e la promozione a ente di diritto pubblico del 1932;
  • L’impegno nell’edilizia urbana, in crescita per via dell’espansione dell’industria automobilistica;
  • L’incarico dell’EGELI (Ente di gestione e liquidazione immobiliare) per l’esproprio dei beni dei cittadini ebrei dopo l’emanazione delle leggi razziali del ’38;
  • Il forte intervento nella ricostruzione post bellica;
  • Il cantiere Italia ’61;
  • L’affaccio sui mercati internazionali durante la presidenza Jona;
  • L’acquisizione di altre banche italiane nel 1981-’82;
  • Il nuovo asset operativo dal 1° gennaio 1992 che rese tre distinti soggetti giuridici la Compagnia di San Paolo; il Gruppo bancario San Paolo di Torino; l’Istituto bancario San Paolo di Torino.

In che modo oggi la Compagnia si mantiene fedele all’ispirazione originaria?
È sufficiente scorrere il sito dell’attuale Fondazione Compagnia di San Paolo per cogliere la forte progettualità e la capacità di visione filantropica del futuro della secolare istituzione (https://www.compagniadisanpaolo.it/it/). In sintesi si può ricordare che gli enti strumentali della Compagnia concorrono al welfare tra filantropia e tutela nel quadro della normativa Tremonti 2002, che precisa il campo d’azione nel settore non profit: famiglia e istruzione; assistenza; salute pubblica; ricerca scientifica; tutela e promozione dei beni culturali sono gli ambiti di maggiore intervento. Il tutto all’insegna di tre Mission – Cultura, Persone, Pianeta – e del rispetto dei 17 SDG (Sustainable Development Goals) messi a punto dall’Agenda ONU 2030. Così, come si afferma nella conclusione del libro, continuano a coesistere “sia la dimensione collettiva e istituzionale degli interventi, sia il motore solidale, umano, che irrora i presupposti, tutt’altro che facili e scontati, della secolare filantropia paolina” (p. 304).

Blythe Alice Raviola, Ph.D. in Storia della società europea in età moderna, è professoressa associata di Storia moderna presso il Dipartimento di studi storici dell’Università degli studi di Milano, dove insegna Storia moderna e Storia dell’Europa in età moderna. Membro del Comitato ordinatore del Master di II livello in Digital Humanities, vi tiene il modulo di Digital History e svolge anche il percorso Raccontare l’età moderna per il Master di II livello in Public History promosso dal medesimo Ateneo con la Fondazione Feltrinelli di Milano. Studiosa di frontiere, piccoli Stati italiani ed europei in relazione alla monarchia spagnola e di Giovanni Botero, ha all’attivo oltre 100 pubblicazioni tra monografie, saggi, articoli, in particolare dedicati al Monferrato gonzaghesco e alle Relazioni universali di Botero, al quale è intitolato il Centro studi ‘Giovanni Botero’ con sede a Bene Vagienna, di cui è vicepresidente. Da anni collabora con la Fondazione 1563 per l’Arte e la Cultura della Compagnia di San Paolo, di cui è vicepresidente dal luglio 2020. In tale ambito ha partecipato all’opera in due volumi La Compagnia di San Paolo. 1563-2013 (Torino, Einaudi, 2013), a cura di W. Barberis e A. Cantaluppi, con il saggio La Compagnia di San Paolo e lo spazio sabaudo. Dall’ambito urbano alla dimensione regionale, (vol. I, pp. 509-540); ha curato con A. Cantaluppi il libro di ricerche L’umiltà e le rose. Storia di una compagnia femminile a Torino tra età moderna e contemporanea (Firenze, Olschki, 2017), e ha steso la sintesi La Compagnia di San Paolo (1563-2020). Torino, Europa (Bologna, il Mulino, 2021).

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