“La clownterapia” a cura di Alberto Dionigi e Paola Gremigni

La clownterapia, Alberto Dionigi, Paola GremigniLa clownterapia. Teoria e pratiche
a cura di Alberto Dionigi e Paola Gremigni
Carocci Faber
 

«Nel corso degli ultimi anni il numero delle persone che si sono avvicinate al mondo del clown in ambito sociale e sanitario è aumentato in maniera esponenziale. Questo incremento, che rappresenta un fenomeno mondiale, ha investito anche il nostro paese, portando sempre più persone a vestire i panni del clown e alimentando la necessità di una precisa definizione del ruolo e delle modalità operative di questa nuova figura.

A prescindere da quale possa essere il background di provenienza, in cui gli estremi sono rappresentati da professionisti dello spettacolo da una parte e volontari mossi dalle migliori intenzioni dall’altra, è necessario che chi si avvicina al mondo del clowning in ambito sociosanitario possieda determinate caratteristiche e competenze […]. La competenza tecnica, infatti, è di fondamentale importanza, in quanto stiamo parlando di un approccio specifico che si differenzia da altri (ad es. la ludoterapia, l’art therapy ecc.). Unitamente alla competenza artistica è fondamentale possedere una buona intelligenza sociale, in modo da essere in grado sia di comprendere le reali necessità emotive e psicologiche dei fruitori dell’intervento, sia di cogliere le dinamiche all’interno del contesto in cui si opera. In un ambiente particolare, come ad esempio quello dell’ospedale, queste competenze risultano fondamentali per effettuare un intervento accurato, che non vada ad aggravare la situazione del degente. Unitamente a queste, è importante possedere anche conoscenze psicologiche e mediche. Queste saranno utili non solo per poter effettuare interventi appropriati con ogni specifica utenza, ma anche per riconoscere eventuali manifestazioni psicologiche e fisiche di stress ed esaurimento emotivo alle quali possiamo andare incontro quando si opera in contesti di cura.

Nel corso degli anni sono stati fatti grandi passi avanti nella direzione di un riconoscimento formale della figura del clown in ambito sanitario, ma crediamo che prima ancora del riconoscimento formale sia necessaria una presa di consapevolezza dell’importanza del proprio ruolo, degli strumenti artistici necessari nonché delle competenze psicologiche richieste a chi decide di intraprendere questa attività.

Sebbene ai giorni nostri appaia normale parlare di clown in ambito sociosanitario, vi è da chiedersi come mai proprio questa figura abbia incontrato l’interesse del grande pubblico. Le origini del clown vanno ricercate ai primordi della storia, attraverso la figura dei fools le cui tracce sono state trovate in quasi ogni società umana. Durante il corso dei secoli queste figure sono state identificate con diversi nomi (ad es. zolla, buffone, giullare ecc.) per arrivare alla denominazione che tutti noi oggi conosciamo e che vede la sua matrice nella figura del giullare di corte. Da sempre questa figura viene messa in relazione con il divertimento: il clown utilizza l’umorismo per far ridere la gente in modo da cambiarne lo stato d’animo e permettere loro di sentirsi meglio.

Un altro aspetto importante del clown è il fatto che è un personaggio in apparenza stupido, sciocco, al quale manca la comprensione e il rispetto delle norme sociali e del comune decoro. Ma, a differenza dello stupido, che non è consapevole della società, il clown è capace di comprendere il mondo in generale, eppure opera sulla base di idee e rappresentazioni tutte particolari, senza tuttavia oltrepassare mai i limiti del decoro e ponendosi in una condizione di bonaria accettazione.

Questi aspetti, come vedremo all’interno del libro. hanno favorito l’ingresso di questa figura nell’ambito sanitario e sociale, grazie anche al recente incremento d’interesse, da parte del mondo scientifico, per gli effetti dell’umorismo sulla salute. Ciò ha portato un numero sempre maggiore di studiosi ad avvicinarsi a questo affascinante tema, tanto che attualmente esistono due associazioni a livello internazionale volte allo studio e alla ricerca in questo campo. Una di esse è l’International Society for Humor Studies (TSHS), che riunisce studiosi e teorici di diverse discipline (ad es. linguistica, sociologia, psicologia, medicina), l’intento dei quali è stabilire una piattaforma di scambio comune, in modo da condividere le proprie competenze. L’altra è l’Association for Applied and Therapeutic Humor (AATH), volta a divulgare l’applicazione di interventi basati sull’umorismo. […]

L’interesse scientifico per lo studio dell’umorismo ha sicuramente favorito, nel corso degli anni, l’ingresso dei clown nei contesti sociosanitari in tutto il mondo. Questo, però, non deve portare all’errata considerazione che il clown, nei contesti d’aiuto, sia solo un personaggio comico. Egli si fa portatore di una conoscenza generale, e chi vuole intraprendere questa attività deve possedere competenze psicologiche che lo rendano in grado di sapersi relazionare con le persone nelle diverse situazioni anche traumatiche alle quali si troverà di fronte. […]

Questo volume, teorico e pratico, si rivolge a un’ampia popolazione: è indirizzato sia a coloro che per la prima volta vogliono avvicinarsi al mondo del clowning in ambito sanitario, sia a coloro che già vi operano […]. Per riferirci a questo intervento, abbiamo deciso di utilizzare il termine “clown” nella relazione d’aiuto o clowning in ambito sociosanitario in quanto maggiormente rappresentativo del termine “clownterapia”. L’argomentazione riguardo all’utilizzo del termine clownterapia verrà trattata nel corso del volume.

Scopo del libro è quello di fare chiarezza sulla storia, sul ruolo, sulle modalità d’intervento e sugli effetti del clowning in ambito sociosanitario, con una particolare attenzione alle metodologie formative degli operatori che prestano il loro servizio vestendo i panni del clown. […]

Il capitolo 1 è dedicato alla storia del clown. È stato ripercorso il viaggio del clown nella storia, dalle origini alle interpretazioni più recenti, che ne hanno delineato la figura come la conosciamo oggi e che sono state significative per il suo ingresso in ospedale. Inoltre, sono presentate le caratteristiche delle due maschere del clown: il bianco e l’Augusto, che rappresentano la chiave della comicità clownesca.

Nel capitolo 2 sono illustrati i principali passaggi che hanno portato il clown dal circo all’ospedale, soffermandosi sull’importanza dell’umorismo per la salute fisica e mentale, con riferimento alla letteratura scientifica. Nello stesso capitolo viene tracciata la storia delle figure di riferimento che hanno reso possibile l’ingresso del clown in ospedale e spiegata la differenza fra i diversi approcci.

Nel capitolo 3 è introdotto il ruolo che la figura del clown può ricoprire come strumento psicopedagogico, focalizzandosi su competenze e peculiarità nei diversi conte sti e in riferimento alle diverse fasce di età.

Nel capitolo 4 sono presentati gli ambiti d’intervento del clown al servizio della persona. Dopo un’iniziale introduzione sul concetto di salute e umanizzazione dei conte sti di cura, viene affrontato il tema dell’umorismo come strumento di promozione del benessere psicologico, attraverso le tecniche di clownerie nei diversi reparti e con le diverse fasce d’età. L’ultima parte del capitolo è volta analizzare l’utilizzo delle tecniche di clowning in contesti di emergenza.

Il capitolo 5 affronta il tema degli strumenti operativi del clown dottore. La prima parte del capitolo approfondisce modelli teorici di riferimento che più frequentemente vengono insegnati nei percorsi di formazione. La seconda parte presenta, in maniera dettagliata, alcune delle tecniche maggiormente utilizzate dai clown dottori, i criteri per scegliere il proprio trucco e il proprio costume e le modalità di approccio all’utente.

Il capitolo 6 presenta un’aggiornata rassegna delle attività di ricerca intorno alla figura del clown dottore e degli studi volti a valutare l’efficacia dell’intervento del clown ne vari contesti sanitari, soffermandosi in particolare su peculiarità e limiti delle ricerche finora condotte.

Lo scopo del capitolo 7 è quello di fare chiarezza sulla figura sociosanitaria del clown dottore e illustrarne il percorso formativo, la preparazione richiesta per operare e le modalità d’intervento psicologiche, sociologiche e artisti che, Per concludere, sono presentati i criteri etici e deontologici condivisi dalle varie federazioni rappresentanti i clown dottori italiani.

Il capitolo 8 si focalizza, in maniera specifica, sugli aspetti psicologici dell’intraprendere questa attività. La prima parte si concentra sulla motivazione alla base della scelta. mentre la seconda è incentrata sul tema del sostegno psicologico alla figura dei clown dottori. Essendo una figura in costante crescita all’interno dei setting sanitari e sociali, è infatti importante che si conoscano i rischi psicologici ai quali può andare incontro e gli strumenti per prevenirli e contrastarli.»

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