Assai più triste il destino dello Zio Tom: benché conscio di quel che l’attende, egli non fugge e segue il mercante, abbandonando la famiglia col cuore straziato. L’incontro con la piccola soave Eva Saint-Clare, che induce il padre a comperarlo, apre nella sua vita una parentesi di malinconica serenità, di fervida vita religiosa. Ma Eva muore; e poco dopo muore anche suo padre, ferito per caso in una rissa: gli schiavi sono venduti e il povero Tom cade nelle mani del brutale Simon Legree che lo porta nella sua piantagione di cotone, con l’intento di far di lui un aguzzino. Tom si rifiuta di maltrattare gli altri schiavi, e, sostenuto dalla propria fede, osa tener testa al padrone, il quale, imbestialito, lo fa battere a morte. E quando il figlio del suo antico padrone giunge, dopo averlo ansiosamente cercato, per riscattarlo e riportarlo ai suoi nel Kentucky, non può far altro che raccogliere le sue ultime parole, di amore e di perdono. Ma la lezione non è andata perduta: e il giovane, appena tornato a casa, riscatta immediatamente tutti i suoi schiavi.
La capanna dello Zio Tom è uno dei libri più celebri e più letti, non solo in America, ma nel mondo intero. L’autrice lo scrisse quando un atto legislativo nel 1850, inculcando come un dovere la denunzia degli schiavi fuggiti, fece nascere in lei il desiderio di rappresentare la schiavitù sotto una forma drammatica, dando sia pure “un pallido riflesso, una debole pittura delle angosce e della disperazione di migliaia di cuori, di migliaia di famiglie straziate”. È un libro di mediocre valore artistico, che oscilla spesso tra il grezzo documentario e lo squarcio retorico; e tuttavia trascina il lettore perché sostenuto da un profondo sentimento d’indignazione morale che ne costituisce il fondamentale valore. Non a torto Abraham Lincoln definì l’autrice “la piccola donna che vinse la guerra”.»