“La canzone nelle serie TV. Forme narrative e modelli produttivi” di Daniela Cardini e Gianni Sibilla

Prof.ri Daniela Cardini e Gianni Sibilla, Voi siete autori del libro La canzone nelle serie TV. Forme narrative e modelli produttivi edito da Pàtron: che relazione esiste tra TV e popular music?
La canzone nelle serie TV. Forme narrative e modelli produttivi, Daniela Cardini, Gianni SibillaUna relazione storica e complessa: da un lato la musica pop è parte della tv fin dalle sue origini, dall’altro artisti e industria musicale hanno usato sempre il mezzo televisivo come vetrina per le loro canzoni e per lanciare le loro carriere. Basti pensare all’importanza della TV nella storia di Elvis o in quella dei Beatles. Le loro performance all’Ed Sullivan Show furono tra i programmi con i maggior ascolti nelle rispettive epoche.

Il rapporto tra canzone e TV è sempre stato un matrimonio di interessi, non privo di conflitti, anzi. Ha assunto diverse forme, dalle performance musicali in programmi di varietà, ai contenitori specificatamente dedicati al pop, ai grandi eventi come Sanremo in Italia, Eurovision Song Festival e l’Halftime Show del Super Bowl: tutti casi spiegati nel primo capitolo del nostro libro.

Per non parlare del videoclip, che a partire dagli anni ’80 ha cambiato non solo la il modo di pensare la musica per immagini, ma ha introdotto un nuovo linguaggio audiovisivo veloce e schizofrenico, basato sul ritmo. Un linguaggio che ha finito per cambiare la stessa tv e anche il cinema, visto che lo abbiamo ritrovato anche in programmi non musicali e nei film e che, per certi versi, è l’origine delle canzoni nelle serie tv.

Che ruolo svolge la canzone in televisione e, in particolare, nelle serie?
Dal punto di vista delle serie, la presenza delle canzoni non è più una semplice colonna sonora, un elemento esterno aggiunto e sovrapposto alle immagini. Le canzoni nelle serie sono diventate vere e propri personaggi, che sono parte integrante e fondamentale del racconto.

Non solo: la scelta delle canzoni e degli artisti è fondamentale per tutta la serie. È sia uno strumento di marketing e posizionamento, sia una parte dell’identità delle serie stesse. Ci piace una serie anche perché ci piacciono le canzoni che ci sentiamo e che ci permette di scoprire.

Per quanto riguarda la musica, va ricordato siamo in una fase in cui l’ascolto è estremamente frammentato, spesso distratto; siamo sommersi di occasioni per ascoltare canzoni, dalle piattaforme ai post social ai media tradizionali, e dopo pochi secondi facciamo skip, se la canzone non attira la nostra attenzione. L’inserimento di canzone in una serie TV diventa un posizionamento di valore, l’occasione per un ascolto attento, per lanciare un artista o per riscoprire una canzone dimenticata.

Come vengono scelte e inserite le canzoni nelle serie TV?
Quello che è cambiato rispetto al passato, e che raccontiamo nel nostro libro, è che a partire dagli anni 2000, le canzoni fanno parte del progetto delle serie, vengono scelte durante la fase di scrittura do episodi e stagioni. Spesso autori, showrunner e music supervisor scrivono sequenze o interi episodi già a partire da una canzone, non aggiungendola o scegliendola in seguito. La figura del music supervisor è sempre più centrale.

Come lavora un music supervisor?
È la figura che fa da cerniera tra industria televisiva e industria musicale. Da un lato il suo compito è tecnico: identificare chi ha i diritti di una canzone e contrattarne l’acquisto e i termini della licenza per poterli usare in una serie o in un audiovisivo: quella che in gergo si chiama “sincronizzazione”. Dall’altro è diventato decisamente più creativo: identificare la musica giusta per la serie, scegliere le canzoni. In questo modo il music supervisor contribuisce in maniera spesso determinante a costruire il racconto di una serie fin dalle prime fasi.

In America esiste da tempo una “guild”, un’associazione di categoria e il lavoro del Music Supervisor è riconosciuto da specifici premi agli Emmy. Negli ultimi anni il ruolo dei music supervisor è riconosciuto in maniera esplicita anche nelle serie italiane.

Quali sono funzioni e modelli della canzone nella sigla e nelle sequenze seriali?
Nelle sigle, le canzoni sono una sorta di rito di passaggio che segnalano allo spettatore che sta entrando nel mondo della serie, gli ricordano personaggi e temi e diventano anche un sorta di brand sonoro della serie – si pensi alle canzoni degli Who nelle sigle delle diverse versioni di CSI.

La diffusione del binge watching e delle piattaforme ha però reso spesso questa funzione ridondante, tant’è che è stata introdotta la funzione “skip intro”. Alcune serie hanno allora introdotto forme di sigle più creative, che cambiano di volta in volta, come “Red right hand” di Nick Cave in Peaky Blinders.

Le funzioni delle canzoni nelle sequenze sono diverse, abbiamo provato a catalogarle nel volume: dalla performance, il modello classico in cui un artista è ospite e suona una canzone spesso interpretando se stesso, si è passati a quelli più recenti e interessanti: valorizzazione estetica, canzone-sceneggiatura, sound branding. Come dicevamo prima, le canzoni diventano personaggi a loro volta.

Come si è evoluto l’uso delle canzoni nella serialità italiana?
Le serie italiane vengono spesso sottovalutate, come se nel nostro paese non fossimo capaci di realizzare qualcosa di paragonabile ai titoli nei paesi anglosassoni. Ma fin dall’epoca dei telefilm importati dall’America negli anni ’70 e ‘80 ci sono casi di integrazione tra canzone e racconto molto interessanti: vi ricordate le sigle italiane scritte apposta per “Dallas” o “Hazard”? Ma anche nelle produzioni recenti di RAI e Mediaset ci sono esempi molto belli di uso delle canzoni, da “Tutti pazzi per amore” a “Mina settembre” a titoli recentissimi come Blanca o Un professore, per non parlare delle produzioni Sky, Gomorra su tutte, dove canzoni e musica sono fondamentali. Netflix e le piattaforme hanno costruito l’identità dei propri titoli proprio sulle scelte delle canzoni, da Suburra a Summertime, ma anche nel recentissimo caso della serie di ZeroCalcare.

Daniela Cardini insegna Linguaggi della TV e Format e serie tv all’Università IULM, dove è coordinatrice del corso di laurea in Comunicazione, Media e Pubblicità. Tra le sue pubblicazioni: La lunga serialità televisiva. Origini e modelli (Carocci, 2004); Le serie sono serie (Arcipelago, 2010); Long TV. Le serie televisive viste da vicino (Unicopli, 2017).

Gianni Sibilla è direttore del Master in Comunicazione Musicale dell’Università Cattolica di Milano, ed insegna Elementi di Musica e Discografi a all’Università IULM. Tra le sue pubblicazioni: I linguaggi della musica pop (Bompiani, 2003) e Musica e media digitali (Bompiani, 2008). Giornalista musicale, è caporedattore di Rockol.it.

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