“La biblioteca narrata” di Rossana Morriello

Dott.ssa Rossana Morriello, Lei è autrice del libro La biblioteca narrata pubblicato da Editrice Bibliografica: quale legame unisce la biblioteca e l’immaginario?
La biblioteca narrata, Rossana MorrielloUn legame fortissimo. La biblioteca è presente nell’immaginario collettivo e perciò è spesso oggetto di narrazione da parte di scrittori e registi di ogni epoca e di ogni provenienza geografica. Basterebbe fare un paio di esempi citando il ruolo della biblioteca e del bibliotecario nel romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, o in La biblioteca di Babele di Jorge Luis Borges, il quale peraltro fu anche bibliotecario, prima in una piccola biblioteca di Buenos Aires e poi direttore della Biblioteca Nazionale d’Argentina. Come Luciano Bianciardi, che fu direttore della Biblioteca Chelliana di Grosseto, di cui parla nelle sue opere. I narratori sono prima di tutto lettori e si rivolgono sovente alle biblioteche nella realtà per le loro ricerche di informazioni e di dati propedeutiche alla stesura di un romanzo o alla creazione di un film, magari ci passano molto tempo, e dunque le conoscono, in molti casi sono dunque essi stessi degli utenti delle biblioteche. Le loro descrizioni degli ambienti bibliotecari, delle sale di lettura, sono minuziose e cariche di significato. Penso ai tanti che hanno descritto la cupola della British Library nella sede precedente a quella attuale di St. Pancras, quando la biblioteca si trovava all’interno del British Museum, tra i quali vi sono Virginia Woolf e David Lodge, per esempio. Oppure, per fare un altro esempio più vicino a noi, a Dario Argento che ha descritto la Biblioteca Angelica di Roma in uno dei racconti del suo primo libro, Horror, perché ne era un assiduo frequentatore.

Poi molti sono attratti da quello che la biblioteca rappresenta simbolicamente, ovvero un luogo in cui è conservata “tutta la memoria del mondo”, per citare il titolo del bel documentario che Alain Resnais ha dedicato nel 1956 alla Biblioteca Nazionale di Francia.

Quale rapporto intercorre tra le biblioteche e la loro rappresentazione letteraria?
Il rapporto che intercorre di solito tra la realtà e la finzione romanzata, ovvero nella rappresentazione letteraria troviamo una miscela di descrizioni oggettive e realistiche, immagini stereotipate e artifici narrativi funzionali allo svolgersi dell’intreccio e a catturare e mantenere viva l’attenzione del lettore. La biblioteca è molte volte una metafora usata per raccontare temi importanti. Per esempio, le tematiche femminili collegate alla lettura e all’accesso alla conoscenza. Nel capitolo di La biblioteca narrata dedicato alla biblioteconomia letteraria al femminile parlo del racconto di una scrittrice indiana, La ragazza della biblioteca di Vishwaprya Iyengar, in cui la protagonista è una ragazzina che in biblioteca cerca di soddisfare la sua sete di conoscenza poiché questo le viene negato dalla cultura in cui vive che prevede un’istruzione scolastica solo per i figli maschi. E non occorre andare tanto indietro nel tempo per trovare simili testimonianze anche nel mondo occidentale, come quella di Virginia Woolf che in Una stanza tutta per sé racconta di come alle donne nel XIX secolo fosse vietato l’accesso non solo alla biblioteca ma all’intera istituzione universitaria.

Come viene rappresentata la biblioteca nella letteratura e nel cinema?
In generale la biblioteca è funzionale allo stile narrativo dello scrittore, per cui a seconda del tipo di opera è rappresentata in maniera più o meno realistica o più o meno stereotipata. Per esempio Alan Bennett la usa come ambientazione privilegiata di uno dei suoi racconti più ironici e dissacranti. Le biblioteche sono sovente i luoghi che aiutano a risolvere misteri e a trovare i colpevoli nei gialli e polizieschi. Investigatori, poliziotti o privati cittadini cercano nella biblioteca gli strumenti per smascherare i colpevoli e dipanare i misteri e di solito li trovano nei libri e con l’aiuto dei bibliotecari. Qualsiasi trama che sia costruita su un enigma, sull’ignoto, può essere sbrogliata solo grazie alla conoscenza. La conoscenza permette di trasformare l’ignoto in noto e la conoscenza si trova nei libri che le biblioteche conservano, oltretutto in maniera ordinata e classificata. Gli esempi sono davvero tanti sia nella letteratura che nel cinema, da un film come Seven a un romanzo (e poi film) come It di Stephen King. Ma la biblioteca letteraria e cinematografica è molto altro, è un luogo di incontri, anche di incontri amorosi, è un luogo in cui perdersi nei libri e nelle proprie fantasie e viaggiare verso luoghi lontani e fantastici, è un luogo di formazione, è un luogo di redenzione, come in molti film carcerari.

Quali stereotipi ricorrenti compaiono nella rappresentazione della biblioteca?
Il più ricorrente è senz’altro lo stereotipo della bibliotecaria raffigurata come una persona solitaria, trasandata, non particolarmente attraente, nella classica immagine della donna non più giovanissima, con occhiali e crocchia, e che intima il silenzio agli utenti. Anche nel caso di bibliotecari di sesso maschile lo stereotipo è quello del personaggio bizzarro, magari con qualche tic, poco socievole e burbero. Uno stereotipo piuttosto comune nella letteratura e nel cinema di ogni nazione, ma con numerose eccezioni, soprattutto nei paesi anglosassoni. Per esempio la bibliotecaria del film La mummia, un po’ distratta ma una preparata egittologa giovane e avventurosa che urla al mondo il suo orgoglio di essere una bibliotecaria, oppure la bella bibliotecaria bionda da cui è attratto Arturo Bandini in La strada per Los Angeles di John Fante.

Nella fiction letteraria e cinematografica anglosassone in genere la biblioteca è rappresentata come un luogo vivace, in cui si svolgono molte attività, con un’immagine realistica e indicativa del ruolo che le biblioteche hanno nella vita dei cittadini e nella considerazione delle istituzioni in quei paesi. In Italia questo non avviene nella fiction e nemmeno nella realtà poiché le biblioteche scontano la scarsa importanza attribuita alla cultura in generale nel nostro paese. Le biblioteche italiane sono narrate come luoghi austeri, polverosi, monumentali, come a volte sono davvero per la loro storia che le porta a custodire preziosi patrimoni documentari spesso collocati in edifici storici, e se ne percepisce purtroppo il peso diverso che hanno nell’immaginario collettivo. Ma anche in questo caso ci sono numerose eccezioni.

Quali scrittori più di altri hanno esplorato il mondo delle biblioteche e dei bibliotecari?
È molto difficile fare una classifica perché gli scrittori che hanno esplorato il mondo delle biblioteche e dei bibliotecari sono tantissimi e lo hanno fatto in molte opere. Di certo l’hanno esplorato con un punto di vista particolarmente attento coloro che hanno avuto un contatto più diretto con questo mondo, come Jorge Luis Borges e Luciano Bianciardi. Oppure Stephen King che da ragazzo ha lavorato in biblioteca, dove tra l’altro ha conosciuto sua moglie, come racconta nella sua opera autobiografica On Writing. Anche Philip Roth, per fare un altro dei tanti esempi, le include in gran parte dei suoi libri.

Quali di queste rappresentazioni hanno riscosso un successo tale da essere rimaste nell’immaginario collettivo?
Abbiamo già detto di romanzi come Il nome della rosa e La biblioteca di babele. A questi si può aggiungere Fahrenheit 451, il romanzo di Ray Bradbury del 1955 il cui permanere nell’immaginario collettivo è di certo stato favorito dalla trasposizione cinematografica realizzata da François Truffaut una decina di anni dopo. In Fahrenheit 451 le persone che memorizzano i libri condannati al rogo diventano essi stessi dei libri umani in una grande biblioteca vivente. Per quanto riguarda il cinema, oltre ovviamente alle trasposizioni dei romanzi di cui si è detto, tra le rappresentazioni indimenticabili si colloca la biblioteca di Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders. Nel film diverse scene sono ambientate nella Staatsbibliothek di Berlino. Per Damiel e Cassiel, i due angeli che vogliono comprendere la natura umana e carpire pensieri ed emozioni che a loro sono negati, non c’è posto migliore della biblioteca. Dunque nella Staatsbibliothek si svolgono alcune delle scene più emozionanti del film, quando gli angeli si muovono tra i tavoli e gli scaffali ascoltando i pensieri delle persone. E in biblioteca incontrano Homer che riporta la riflessione sulla letteratura e sull’arte attraverso i versi di Peter Handke.

Quale rappresentazione delle biblioteche compare in autori come Shakespeare e Paul Auster?
Nel volume La biblioteca narrata si fa riferimento a La Tempesta di Shakespeare e a Follie di Brooklyn di Paul Auster. La Tempesta è una delle ultime opere di Shakespeare nella quale molti dei elementi ricorrenti nella sua formidabile produzione letteraria, come il soprannaturale, vengono amplificati. La trama racconta di Prospero, Duca di Milano, il quale dopo essere spodestato dal fratello Antonio va in esilio in un’isola deserta preoccupandosi solo di salvare e portare con sé la sua biblioteca personale. Dai suoi libri trarrà il potere magico sull’isola e difatti proprio i libri saranno il bersaglio principale del complotto tra Calibano e Stefano. Un tema importante che ricorre in molta letteratura, chi possiede i libri, una biblioteca, ha un potere enorme dalla sua parte che è il potere della conoscenza. La trasposizione cinematografica della tragicommedia shakespeariana realizzata da Peter Greenaway nel 1991 sottolinea questo aspetto. Follie di Brooklyn ha al centro dell’intreccio una truffa costruita sul manoscritto di La lettera scarlatta che sarà scoperta grazie alla biblioteca e ai bibliotecari. Dunque anche in questo caso la conoscenza racchiusa nella biblioteca consente di scoprire la verità.

In Lalla Romano i libri costituiscono un elemento pervasivo, onnipresente.
Nel romanzo Una giovinezza inventata, a cui è dedicato un capitolo di La biblioteca narrata, Lalla Romano racconta i suoi anni universitari passati a Torino, a partire dal 1924 quando vi si trasferisce dalla sua città natale in provincia di Cuneo per frequentare la Facoltà di Lettere. Sono gli anni della Torino di Cesare Pavese, Mario Soldati, Carlo Levi, Felice Casorati che la Romano incontrerà, in alcuni casi proprio in biblioteca. La Biblioteca Reale e la Biblioteca Nazionale Universitaria, che allora aveva sede in via Po nel palazzo dell’università, sono i luogo in cui affina la sua formazione e incontra diversi personaggi del mondo culturale, incluso l’uomo di cui si innamorerà.

La biblioteca è un elemento centrale nel Nome della rosa di Umberto Eco, che si può anzi definire un “libro di libri”.
Il nome della rosa è ovviamente un romanzo di riferimento fondamentale quando si parla di biblioteche nella letteratura poiché è costruito attorno ai libri, che ai tempi in cui è ambientato erano codici manoscritti, e ci offre tanti spunti riguardo alla storia delle biblioteche, particolarmente per l’epoca medievale, prima della nascita della biblioteca moderna. A quei tempi le biblioteche dei monasteri erano centri di conservazione ma anche di produzione intellettuale poiché vi venivano copiati i manoscritti per la diffusione in altri conventi, nelle sedi papali o per farne dono ai notabili. Queste biblioteche e i loro bibliotecari avevano quindi un potere molto grande rispetto alla produzione e circolazione della conoscenza, che è quello che il romanzo di Eco racconta. E, come in tantissimi altri casi letterari, il mistero attorno al quale ruota la trama si risolve in biblioteca.

Come ha interpretato Ermanno Olmi il tema della biblioteca?
Come una dialettica tra il ruolo della conoscenza contenuta nei libri e l’esperienza diretta necessaria nella vita. Entrambe importanti secondo il regista, in particolare in riferimento all’abito spirituale e religioso trattato nel film Centochiodi.

Rossana Morriello è bibliotecaria al Politecnico di Torino dove si occupa di valutazione della ricerca. Laureata in Lingue e letterature straniere e in Archivistica e biblioteconomia, ai suoi diversi interessi di ricerca nell’ambito della biblioteconomia scientifica affianca da tempo esplorazioni nel campo della “biblioteconomia letteraria”. In entrambi i settori è autrice o curatrice di numerose pubblicazioni.

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