“La battaglia per le coscienze. Chiesa cattolica e fascismo 1924-1938” di Valerio De Cesaris

Prof. Valerio De Cesaris, Lei è autore del libro La battaglia per le coscienze. Chiesa cattolica e fascismo 1924 – 1938, edito da San Paolo: quale «battaglia» intrapresero, durante gli anni del consenso, il fascismo e la Chiesa per la conquista delle coscienze e imporre la propria egemonia culturale nel Paese?
La battaglia per le coscienze. Chiesa cattolica e fascismo 1924-1938, Valerio De CesarisIl fascismo era una religione politica che voleva totalizzare la vita degli italiani e per questo costruì un apparato di simboli e riti, con cui mirava a fare degli italiani dei “credenti”, devoti al duce e al culto del littorio. L’istituzione nel 1926 dell’Opera Nazionale Balilla, per gestire l’educazione fisica e morale di tutti gli italiani tra gli otto e i diciotto anni, nasceva dalla convinzione che la scuola non fosse in grado di garantire efficacemente la fascistizzazione dei giovani, obiettivo che stava molto a cuore a Mussolini. Con l’Opera Nazionale Balilla e le altre organizzazioni giovanili, il regime cercò di irreggimentare le nuove generazioni. La Chiesa rivendicava a sua volta il compito di educare le nuove generazioni, in particolare attraverso l’Azione Cattolica. Nel corso degli anni, in più di un’occasione l’Azione Cattolica fu sotto attacco e Mussolini minacciò di chiuderla, mentre Pio XI la difendeva strenuamente. Il duce, infatti, non sopportava che vi fossero in Italia spazi sottratti al controllo del regime. C’è dunque una prima questione che va considerata quando si studiano i rapporti tra il fascismo e la Chiesa cattolica: la formazione dei giovani fu un terreno di scontro costante tra quelle due realtà, entrambe convinte di avere un primato nel campo dell’educazione. La battaglia per le coscienze, infatti, fu combattuta soprattutto per conquistare i giovani. Non dimentichiamo che Mussolini amava parlare del fascismo come di un “regime di giovani”.

Quali diversi modelli educativi si scontravano?
Il fascismo, nelle sue espressioni originarie radicali, era culturalmente distante dal cristianesimo. Aveva anzi un marcato carattere antireligioso e anticristiano. Il mito della guerra rigeneratrice, l’esaltazione della forza, lo spirito rivoluzionario, erano in antitesi con il cristianesimo, che Mussolini considerava la religione di un Dio sconfitto. Estimatore di Nietzsche, poi vicino a inizio secolo alle posizioni del sindacalismo rivoluzionario, egli riteneva che il cristianesimo avesse fiaccato i popoli europei. Una volta al potere, si guardò bene dal contrapporsi alla Chiesa cattolica e rinnegò il suo anticristianesimo. Tuttavia, il modello pedagogico fascista restava antitetico a quello cristiano, perché centrato sul nazionalismo e sullo statalismo. Anzi, come avvertì Sturzo e con lui altri cattolici democratici, quel modello era basato su una vera e propria statolatria. La Chiesa cattolica puntava a una restaurazione cristiana, che riportasse i valori religiosi al centro della vita nazionale. La convergenza tra il regime e la Chiesa cattolica su alcuni valori come l’ordine, la centralità della famiglia, il rispetto della gerarchia, fu reale, tanto che alcuni ambienti ecclesiastici credettero di poter cattolicizzare il fascismo, nella speranza che Mussolini trasformasse l’Italia in uno Stato cattolico nazionale. Ma si trattava di un’illusione.

Quale funzione doveva assolvere, nell’intento mussoliniano, il cattolicesimo?
Innanzitutto, una funzione identitaria, come tratto peculiare degli italiani. A Mussolini non interessava il cristianesimo, orientale nelle sue origini e universalista, ma pensava che il cattolicesimo potesse essere usato all’interno di un’ideologia nazionale. Giunse a definirsi “cattolico e anticristiano” proprio perché collegava strettamente il cattolicesimo all’italianità, eliminandone il carattere universale (il che è un paradosso, visto che cattolico significa universale). In quella sua idea, Mussolini eliminava anche la fede e la spiritualità, riducendo il cattolicesimo a semplice tratto identitario del popolo. Inoltre, pensava che la Chiesa cattolica fosse l’anello di congiunzione tra l’Impero Romano, di cui aveva ereditato l’organizzazione, e l’Italia fascista, che a quel modello imperiale si richiamava. Nell’idea che vi fosse una continuità tra la Roma antica e la Roma fascista – si pensi all’enorme operazione urbanistica per costruire la Via dell’Impero (oggi Via dei Fori Imperiali) e riportare alla luce le vestigia della Roma antica attorno al Colosseo – la Chiesa cattolica era valorizzata come custode di quella continuità. Infine, Mussolini sperava che un buon rapporto con la Santa Sede gli avrebbe garantito simpatia e buona disposizione da parte dei paesi cattolici. In questo caso, era il duce a illudersi. Infatti, la Santa Sede, pur molto attenta a non compromettere i rapporti con il governo di Mussolini, non accettò mai di propagandare all’estero un’immagine positiva del regime italiano.

Che ruolo svolse Agostino Gemelli nel duello tra neotomismo e idealismo gentiliano?
L’Università Cattolica del Sacro Cuore, fondata a Milano nel 1921, fu subito schierata in prima linea nel contrastare la filosofia laica, soggettivista e immanentista che permeava molti ambienti intellettuali italiani. I periodici “Vita e Pensiero” e “Rivista di filosofia neoscolastica” furono gli strumenti principali con cui Agostino Gemelli e l’Università Cattolica tentarono di promuovere in Italia il neotomismo e la centralità del pensiero religioso. Il duello tra due sistemi filosofici alternativi fu costante negli anni del fascismo. Idealisti e neotomisti si sfidarono apertamente nel settimo Congresso nazionale di filosofia tenutosi tra il 26 e il 29 maggio 1929, dunque a poca distanza dalla firma dei Patti Lateranensi. In quell’occasione, andò in scena un durissimo confronto tra Giovanni Gentile e Agostino Gemelli, con il secondo che accusò gli idealisti di negare l’essenza cristiana e cattolica della nazione italiana. Per Gemelli, era indispensabile riconoscere il cattolicesimo come tratto forte e fondante della nazione italiana, come passo per l’affermazione di uno Stato basato sui valori cattolici. La battaglia coinvolse direttamente anche la Santa Sede, visto che nel 1934, con decreto del Sant’Uffizio, l’opera omnia di Gentile fu messa all’indice, assieme a quella di Croce. Nel complesso, comunque, nessuna delle due posizioni riuscì mai a scalzare l’altra e a imporsi nettamente nella cultura italiana lungo il ventennio.

Il cardinale Ildefonso Schuster incarnò maggiormente la parabola che, dalla speranza di cattolicizzare il fascismo, approdò alla disillusione: che rapporto intrattenne, la gerarchia, col regime?
Nel cattolicesimo italiano, dopo l’Unità d’Italia, non era declinata la speranza di una restaurazione cristiana della società e c’era l’idea che l’anticlericalismo liberale fosse espressione di gruppi dirigenti ostili alla Chiesa, non del sentire del popolo. Quando Mussolini, appena giunto al potere, scelse la politica della mano tesa verso la Chiesa, adottando numerosi provvedimenti a suo favore, molti credettero che il governo fascista avrebbe ridato centralità ai valori cattolici. Convinzione che ovviamente si rafforzò con il percorso di conciliazione e la firma dei Patti Lateranensi. La Santa Sede era convinta di dover collaborare con il governo italiano, sebbene nessuno si illudesse che i rapporti con il fascismo sarebbero stati semplici. Nella gerarchia ecclesiastica, molti furono filofascisti. La collaborazione con il fascismo fu costante nelle province italiane, anche se in alcuni momenti aumentavano le tensioni, in genere sul tema dell’educazione dei giovani e degli spazi dell’Azione Cattolica. In occasione della guerra d’Etiopia, alcuni vescovi lessero l’invasione italiana del grande paese africano come un’occasione missionaria, per convertire gli ortodossi (del resto, il ministro delle Colonie Emilio De Bono parlò esplicitamente di “cattolicizzare” l’intera Chiesa etiopica). Il cardinale Schuster, in un’omelia tenuta nel Duomo di Milano il 28 ottobre 1935, definì la guerra una “missione nazionale e cattolica” in cui “il vessillo d’Italia reca in trionfo la Croce di Cristo”. L’entusiasmo dell’arcivescovo di Milano sarebbe però scemato pochi anni dopo. Dopo la svolta ideologica del regime di Mussolini nel segno del razzismo, con le leggi coloniali varate dal 1937 e con quelle antisemite del 1938, l’avvicinamento del fascismo al nazismo si compiva, oltre che sul piano politico e militare, anche su quello ideologico. Schuster, tra il ’38 e il ‘39, criticò più volte il “mito razziale nordico” e la statolatria fascista. Negli stessi mesi, Pio XI stava combattendo la sua “ultima battaglia” contro il razzismo, giungendo ai ferri corti con Mussolini. L’intenzione del papa era di pubblicare un’enciclica di ferma condanna di razzismo e antisemitismo: la fece preparare, ma la ricevette in bozza quando ormai era prossimo alla morte. Al cambio di pontificato, quella bozza finì in un cassetto e non se ne parlò più. È la vicenda della celebre enciclica nascosta, un’occasione mancata dalla Chiesa per condannare chiaramente l’antisemitismo. Le posizioni di Schuster sono espressive di una parabola che riguardò molta parte delle gerarchie ecclesiastiche. L’idea che il fascismo potesse stabilire uno Stato cattolico nazionale tramontò infatti nel 1938, proprio a causa dell’avvicinamento alla Germania hitleriana e la svolta razzista. Il razzismo era condannato dalla Chiesa perché negava l’unità del genere umano. Era considerato un’eresia e così fu spesso definito sulla stampa cattolica. Nel 1938 ci si rese conto che Mussolini seguiva ormai Hitler sulla via dello Stato razziale, basato su un’ideologia in aperto conflitto con l’universalismo cristiano. L’inizio della Seconda guerra mondiale e il successivo ingresso in essa dell’Italia aprirono un tempo diverso. Ma tra i cattolici italiani erano ormai in atto processi di disaffezione verso il fascismo e ben presto, quando la guerra iniziò ad andare male, il consenso a Mussolini crollò definitivamente.

Valerio De Cesaris, rettore dell’Università per Stranieri di Perugia dall’aprile 2021, è professore di Storia contemporanea. Oltre a La battaglia per le coscienze, i suoi libri più recenti sono Seduzione fascista. La Chiesa cattolica e Mussolini 1919-1923 (San Paolo 2020), L’immigrazione in Italia da Jerry Masslo a oggi (a cura, con M. Impagliazzo, Guerini 2020), Il grande sbarco. L’Italia e la scoperta dell’immigrazione (Guerini 2018), Il confine mediterraneo. L’Europa di fronte agli sbarchi dei migranti (a cura, con E. Diodato, Carocci 2018) Spiritualmente semiti. La risposta cattolica all’antisemitismo (Guerini 2017).

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