“La banca islamica” di Paolo Pietro Biancone

Prof. Paolo Pietro Biancone, Lei è autore del libro La banca islamica edito da Giappichelli: come è nato e si è sviluppato il sistema bancario islamico?
La banca islamica, Paolo Pietro BianconeIl sistema bancario islamico, basato sul divieto coranico di addebitare gli interessi, è nato da un concetto teoretico evolvendosi fino ad abbracciare più di 100 banche operanti in 40 paesi con depositi multimilionari in tutto il mondo. Il sistema bancario islamico è ampiamente considerato come il fattore in più rapida espansione nel mercato dei servizi finanziari medio orientali. Esploso nel panorama finanziario appena 30 anni fa, in accordo con la Shari’ah gestisce ora fondi finanziari per un valore approssimativo pari a 70 bilioni di dollari americani. Le ricchezze detenute dalle banche islamiche sotto forma di deposito nel 1985 ammontavano a circa 5 bilioni di dollari americani ma sono aumentate fino a 60 bilioni di dollari nel 1994.

Su quali fondamenti si basano l’economia e la finanza islamiche?
La caratteristica più nota del sistema finanziario islamico è il divieto di addebitare interessi. Il Corano vieta l’attribuzione di interessi (Riba) sul denaro prestato. È importante comprendere alcuni principi dell’Islam sui cui si fonda la finanza islamica. La Shari’ah si basa sui principi coranici così come sono stati fissati nel Sacro Corano e sulle parole e le gesta del profeta Muhammad (saw). La Shari’ah proibisce gli interessi (Riba) e gli economisti islamici sono ora concordi sul fatto che il termine Riba non si riferisce solo all’usura ma anche ai tassi di interesse.
Quando si parla di finanza islamica si intende l’insieme di strumenti finanziari, istituti giuridici e imprese che seguono i dettami della Shari’ah. In particolare, vi sono alcune caratteristiche principali che riguardano il mondo finanziario islamico.

Riba, il divieto di interessi. Il guadagno sugli interessi, secondo la legge islamica, non è lecito in quanto non viene considerato frutto del lavoro proprio. Per questa ragione, la finanza islamica vieta il pagamento degli interessi legati al fattore temporale. La banca, dunque, non può generare alcun profitto dalle attività che riguardano il prestito di capitale, ma a tal proposito vi sono degli specifici contratti, come ad esempio il contratto di Musharakah in cui entrambe le parti si impegnano a condividere profitti e perdite. Infatti, più in generale, vi sono due possibili schemi contrattuali: il Profit-Loss Sharing, legato alla condivisione del rischio e il Non Profit-Loss Sharing dove non vi è un contratto di condivisione di utili e perdite, ma ci si avvale di meccanismi di scambio di beni e servizi con l’aggiunta di un mark-up sul prezzo di rivendita.
Gharar, gli investimenti non rischiosi. La trasparenza, nella finanza islamica, riveste un ruolo molto importante: è infatti vietato imbarcarsi in investimenti con strumenti finanziari che presentino un alto rischio ed elevata incertezza.
Maisir, il divieto di speculazione. La legge islamica vieta gli investimenti speculativi, come quelli legati al carry trade o all’arbitraggio. Onde evitare l’utilizzo della leva finanziaria, i fondi di investimento islamici escludono le società il cui rapporto tra debiti e capitale sociale è superiore al 30%.
Haram, le attività economiche illecite. Il termine haram significa letteralmente “proibito” e nella finanza islamica indica tutte quelle attività economiche che risultano immorali secondo la legge sacra della Shari’ah: gioco d’azzardo, armi, droghe, alcol, pornografia, terrorismo e ogni attività relativa alla produzione di carne di maiale. Nella finanza islamica, pertanto, non è lecito investire in nessuno di questi settori.

Quanto è diffusa la finanza islamica nel mondo?
Il primo istituto finanziario islamico nasce in Egitto, in un piccolo villaggio sulle sponde del Nilo, dove nel 1963 ad opera dell’economista Ahmad Al-Najjar viene creata la Cassa Rurale di Risparmio di Mit Ghamr che, grazie alla concessione di microcrediti, diede vita ad una classe di piccoli imprenditori privati.
Ma il primo Paese a convertire del tutto il proprio sistema bancario nazionale in base alla Shari’ah fu l’Iran, nel 1979, seguito da Pakistan e Sudan. Di certo è una realtà in crescita: nonostante nè il 2016 nè l’anno in corso siano stati molto produttivi per la finanza islamica, si stima che al 2020 il settore crescerà per oltre 6.7 trilioni di dollari USA. Attualmente, invece, le masse gestite in fondi islamici ammontano a oltre 260 miliardi di dollari statunitensi e si contano più di 300 istituzioni islamiche attive nel settore in tutto il mondo. In Marocco, invece, è recente l’apertura della prima banca islamica, la Umnia Bank.

La finanza islamica è presente soprattutto in alcuni Paesi produttori di petrolio (GCC, i Paesi del Consiglio di Cooperazione del Golfo) ed anche in Iran e Malesia, con più dell’80% dell’attività settoriale legata proprio alle esportazioni di oro nero. Per questo motivo, ultimamente la crescita della finanza islamica appare frenata, proprio a causa della questione sui bassi prezzi del petrolio. Dal momento che l’economia malesiana è più diversificata rispetto a quella di altri Paesi esportatori di petrolio (tanto che il settore petrolifero e del gas rappresentavano sino allo scorso anno solo il 10% del PIL malesiano), la finanza islamica può trovare maggiore terreno fertile in questo contesto. In Europa per quanto riguarda la diffusione del sistema finanziario islamico un ruolo importante è stato svolto dall’Inghilterra: la prima banca islamica europea è la Islamic Bank of Britain (IBB), attiva ufficialmente dal 2004. Tra il 2006 e il 2008, invece, sono state create altre quattro banche islamiche: The European Islamic Investment Bank, The Bank of London and The Middle East, European Finance House e Gatehouse Bank, mentre diverse banche internazionali hanno aperto nel Regno Unito alcuni sportelli dedicati, le islamic windows. In Italia, èallo studio la possibilità giuridico-finanziaria di aprire una banca islamica o almeno islamic windows in una banca tradizionale. Emergono però alcuni problemi di coordinamento con le istituzioni previste nel nostro ordinamento bancario. Oltre alle difficoltà di inserimento dello schema di banca islamica nel nostro ordinamento regolato dal Testo Unico Bancario, l’integrazione può trovare alcuni ostacoli nella legislazione fiscale (doppie imposizioni dovute a operazioni che si basano su un duplice passaggio di proprietà, la non deducibilità fiscale di oneri assimilabili agli interessi). Si osserva al riguardo che anche altre legislazioni, come quella inglese, hanno dovuto fronteggiare problemi similari e sono giunte a soluzioni soddisfacenti. Va considerato che il 32% della popolazione straniera è musulmana, per cui quella che ad oggi è ancora solo una proposta potrebbe davvero rivelarsi un’occasione da non sottovalutare.

Quali sono i principali contratti islamici per il sistema bancario?
Partiamo da un esempio concreto. L’esempio della Gran Bretagna. Nel 2014 il Regno Unito è stato il primo governo occidentale a emettere un bond islamico riscontrando un notevole livello di interesse e attraendo ordini dagli investitori globali per 2 miliardi di sterline, seguito nello anno dal Lussemburgo con un bond islamico a 5 anni da 200 milioni di euro. Il termine Sukuk in arabo indica i certificati che rappresentano un’alternativa alle tradizionali obbligazioni. Nelle obbligazioni comuni il prestatario è obbligato a restituire il controvalore iniziale più il tasso di interesse concordato, mentre i Sukuk sono strutturati in modo tale che gli utili siano collegati all’attività sottostante e che i prestatori vantino un certificato di proprietà sulla stessa.
Nel 2011 è stato istituito l’Osservatorio sulla Finanza Islamica dell’Università degli Studi di Torino con l’obiettivo di studiare il fenomeno e supportare le istituzioni finanziarie nell’individuazione di strumenti di finanza alternativi compatibili con le esigenze della popolazione musulmana e compatibili con la normativa bancaria e fiscale italiana. Altre ricerche e iniziative sono portate avanti dall’Associazione Bancaria Italiana (ABI), ma per ora un servizio di finanza islamica non esiste e la popolazione musulmana interessata deve rivolgersi alle banche islamiche e agli sportelli di altri paesi europei, in particolare alla piazza di Londra.

Quali sono i principali prodotti della banca islamica?
Ve ne sottolineo alcuni più interessanti:
Il Murabaha

Murabaha

Fonte: Paolo Pietro Biancone, La Banca Islamica, Giappichelli, Torino, 2017

Con riferimento alla figura precedente si riportano i diversi punti.

1) Il cliente identifica una casa che vuole acquistare.
2) Il cliente può poi rivolgersi alla banca per il finanziamento dell’ammontare.
3) La banca acquista l’immobile richiesto e paga l’ammontare totale; l’importo è normalmente erogato direttamente al precedente proprietario.
4) La banca vende poi l’immobile al cliente a un prezzo comprensivo di un markup.
5) Il cliente pagherà il prezzo di vendita su base rateale.

L’Ijara

Ijara

Fonte: Paolo Pietro Biancone, La Banca Islamica, Giappichelli, Torino, 2017

1) Il cliente contatta un fornitore e identifica un automezzo che vuole prendere in locazione.
2) Il cliente seleziona la banca islamica. Viene stipulato un accordo in cui la banca si impegna ad acquistare il mezzo e il cliente promette di prendere in leasing Ijara il bene da quel momento in avanti.
3) La banca islamica acquista il veicolo dal fornitore secondo l’ordine del cliente. La proprietà viene trasferita alla banca.
4) La banca affitta il veicolo al cliente per il suo utilizzo ad un tasso concordato per uno specifico periodo di tempo.
5) Il cliente paga un canone di locazione mensile alla banca per un periodo di tempo definito.
Il cliente si impegna anche a pagare per la tassa di circolazione, copertura assicurativa e la manutenzione.
6) Al termine del periodo, il cliente riceve il mezzo come forma di gratuità (hiba regalo). La proprietà del mezzo viene trasferita al cliente in un contratto separato.

Cos’è e come funziona la takaful?
La Takaful è una forma assicurativa basata sulla condivisione del rischio simile a un’assicurazione tradizionale che consente una condivisione del rischio trasparente, in cui i partecipanti conferiscono le proprie risorse in un fondo comune a vantaggio di tutti. Il settore assicurativo conforme ai principi della Sharia garantisce un supporto nella gestione del rischio all’interno dei diversi mercati che offrono servizi finanziari islamici.

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