“L’universo oscuro. Viaggio tra i più grandi misteri del cosmo” di Andrea Cimatti

Prof. Andrea Cimatti, Lei è autore del libro L’universo oscuro. Viaggio tra i più grandi misteri del cosmo edito da Carocci: quanto sappiamo sull’universo?
L'universo oscuro. Viaggio tra i più grandi misteri del cosmo, Andrea CimattiPer rispondere a questa domanda in modo esaustivo sarebbe necessario un intero libro. E infatti ho scritto L’universo oscuro proprio per offrire ai lettori non esperti l’opportunità di comprendere quanto sappiamo dell’universo e quanto resta invece da scoprire. Posso comunque provare a riassumere ciò che abbiamo compreso fino ad oggi dopo secoli di studi iniziati quando nel 1609 Galileo rivolse, per la prima volta nella storia, un telescopio verso il cielo stellato. Dopo più di 400 anni, la cosmologia (la scienza che studia l’universo nel suo complesso) ha fatto passi da gigante, ma non abbastanza grandi da afferrare l’essenza più profonda del cosmo.

Iniziamo da ciò che abbiamo capito. Possiamo immaginare l’universo come un immenso “contenitore” che include al suo interno materia che si manifesta a noi sotto forma di oggetti luminosi di svariate forme e dimensioni. Questi oggetti, chiamati galassie, sono sistemi che contengono ognuno fino a centinaia di miliardi di stelle. Anche il nostro Sole è una stella che si trova all’interno di una Galassia, con la G maiuscola per sottolineare che è la “nostra”, anche se in realtà non ha nulla di speciale rispetto alle tantissime altre presenti nell’universo. In cosmologia, le galassie sono sfruttate come “sonde luminose” per esplorare come la materia è distribuita sulle grandi scale cosmiche. Ovviamente, descrivere l’universo come un “contenitore” è una semplificazione estrema, ma secondo me efficace. In realtà, non sappiamo quanto l’universo sia esteso. Le informazioni che possiamo raccogliere sono infatti limitate a ciò che è accessibile alle nostre osservazioni entro un confine di circa 47 miliardi di anni luce chiamato orizzonte cosmologico. Questa dimensione corrisponde alla distanza che la luce ha percorso in un tempo pari all’età dell’universo. La nostra capacità di osservare l’universo non può andare oltre poiché l’informazione portata dalla luce (che viaggia alla massima velocità possibile in natura; 300.000 km/s) non ha avuto il tempo di arrivare a noi da una distanza maggiore. Questo limite fondamentale impedisce di conoscere le reali dimensioni dell’universo, anche se è plausibile che esso sia più esteso di quello osservabile.

Tornando alla nostra semplificazione del “contenitore”, al suo interno le galassie sono continuamente influenzate dalla gravità, una forza che agisce tra corpi dotati di massa attraendoli reciprocamente. La gravità è di fatto la forza dominante che guida l’evoluzione di tutti gli oggetti presenti nell’universo, dai più piccoli (come i pianeti) ai più grandi (come gli ammassi di galassie). Nei primi decenni del 1900, grazie alla relatività generale di Einstein, all’intuito di tanti scienziati e all’avvento dei primi grandi telescopi, abbiamo compreso che il “contenitore” non è statico, ma si ingrandisce con il passare del tempo a causa del fatto che l’universo è in espansione. Questo implica che mentre le distanze reciproche tra le galassie aumentano progressivamente nel tempo a causa dell’espansione cosmica, in parallelo la gravità cerca di avvicinarle tra loro a causa della sua forza attrattiva. Si stabilisce quindi una vera e propria competizione tra gravità ed espansione il cui esito finale dipende (in prima battuta) da quanta materia è presente. Il fatto che l’universo si stia espandendo implica che ci sia stato un inizio. Questo istante iniziale viene chiamato Big Bang e si è verificato circa 13,8 miliardi di anni fa, quando il “contenitore” era infinitamente piccolo e la materia infinitamente densa e calda.

La comprensione di questo “quadro cosmico” è una conquista assoluta delle menti e delle fatiche degli scienziati che si sono succeduti negli ultimi 400 anni. Se ci pensiamo, è veramente spettacolare che noi, piccoli uomini in un angolino insignificante del cosmo, abbiamo vinto questa sfida intellettuale fino a comprendere l’architettura generale dell’universo e la sua evoluzione senza svolgere esperimenti in laboratorio, ma contando solo sulle osservazioni con i telescopi, guardando “da dentro” un universo immenso e interpretando i risultati con le leggi della fisica.

Quali sono i più grandi enigmi del cosmo ancora irrisolti?
Il grande “affresco” dell’universo è stato dipinto dal progresso scientifico. Purtroppo però, col passare del tempo si è capito che questo quadro è ancora profondamente incompleto, come se fosse un’opera d’arte abbozzata e non ancora compiuta nella sua bellezza e complessità. La causa risiede nell’ingombrante presenza di due giganteschi enigmi che al momento restano senza risposta: la materia oscura e l’energia oscura.

Nel caso della materia oscura, ci si riferisce a una sorta di misteriosa “sostanza” diffusa nell’universo, ma che è non è in grado di emettere luce (ecco perché “oscura”) e che quindi, al contrario di stelle e galassie, non è direttamente osservabile con i nostri telescopi, anche quelli più potenti. Quali sono le prove più convincenti dell’esistenza di questa particolare materia? Il termine oscura fu coniato nel 1933, quando l’astrofisico Zwicky realizzò che la massa (cioè la quantità di materia) contenuta in un agglomerato di galassie (chiamato ammasso) da lui studiato doveva essere molto maggiore di quella luminosa. L’effetto di questa massa invisibile era quello di indurre (a causa della gravità) le galassie dell’ammasso a muoversi molto più velocemente di quanto avrebbero dovuto fare se tutta la materia fosse stata solo quella luminosa visibile al telescopio. Questo risultato pionieristico è stato poi confermato essere una proprietà universale di tutti gli ammassi di galassie. In seguito, la presenza di materia oscura è stata dedotta sistematicamente anche nelle singole galassie di vario tipo presenti nell’universo. Per esempio, è stato scoperto che la nostra Galassia ruota su sé stessa troppo velocemente rispetto a quanto dovrebbe sulla base della sua massa luminosa di stelle e gas. Si pensa che questo eccesso di velocità sia dovuto a una grande quantità di materia oscura che mantiene la Galassia in equilibrio evitando che si disintegri a causa della forza centrifuga esercitata dalla rotazione. Oltre alla materia oscura, esiste poi il secondo grande mistero dell’energia oscura. Ma di questa parlerò più avanti. Per ora continuiamo con la materia oscura.

Quale importanza riveste la scoperta della materia oscura?
La scoperta della materia oscura ha implicazioni di estrema importanza e profondità. Prima di tutto, la sua quantità è “imbarazzante”. Nel senso che essa costituisce circa l’85% della materia totale presente nell’universo. Solo il restante 15% è dovuto alla materia ordinaria, cioè quella di cui i nostri sensi hanno esperienza diretta, e di cui sono composti gli oggetti che ci circondano. In altre parole, la materia ordinaria è quella composta dagli atomi della Tavola Periodica che abbiamo studiato a scuola (idrogeno, elio, litio, berillio, boro, carbonio, azoto, ossigeno, …). Ma questa materia è minoritaria rispetto a quella dominante oscura. E’ come se in una grande stanza completamente buia ci fossero 100 persone (il totale della materia), ma potessimo vedere solo le 8 di loro (la materia ordinaria) che tengono in mano un fiammifero acceso, mentre le restanti 92 persone (la materia oscura) restassero nascoste e invisibili nell’oscurità, ma pur sempre presenti.

Un altro aspetto fondamentale è che la materia oscura ha il dono dell’ubiquità: si trova ovunque nell’universo, anche se è maggiormente concentrata in galassie e ammassi di galassie. Grazie agli studi effettuati dal 1933 in poi, siamo riusciti a capire che ogni galassia e ammasso di galassie si trova al centro di un alone di forma pressoché sferica composto di materia oscura, e che ha dimensioni molto più estese di quelle della materia luminosa ospitata al suo interno. Quindi, quando osserviamo il cielo notturno, le galassie che vediamo brillare non sono altro che punte luminose di iceberg in cui l’85% è composto da materia invisibile e resa oscura dal fatto che non è in grado di emettere luce. Le prove indirette della materia oscura sono ormai così tante che la sua esistenza viene considerata una certezza, pur non comprendendo ancora la sua natura.

L’implicazione generale è quindi che l’universo sia molto diverso da come appare. La consapevolezza della materia oscura rappresenta una scoperta di enorme importanza. Ma al tempo stesso è una scoperta incompleta. Infatti, è ormai passato quasi un secolo dal 1933 senza che siamo riusciti a fare luce su questo mistero.

Di che cosa è fatta la materia oscura?
Della materia oscura conosciamo pochissimo. Una certezza è che deve essere sensibile alla forza di gravità, e quindi essere composta da oggetti o particelle dotate di massa. Inoltre deve essere priva di carica elettrica altrimenti vedremmo una varietà di fenomeni attesi in presenza di particelle cariche. Infine, sappiamo anche che non è in grado di emettere ne’ di assorbire la luce.

Sono stati proposti due tipi principali di materia oscura. Nel caso di quella chiamata microscopica, sarebbero particelle di dimensioni atomiche o subatomiche a comporre questa misteriosa materia. Invece, la materia oscura macroscopica sarebbe formata da oggetti molto più grandi di un atomo, fino a dimensioni astrofisiche, come ad esempio stelle troppo piccole e deboli da essere osservabili con i telescopi. Che sia microscopica o macroscopica (o tutte e due), inizialmente si è ipotizzato che la materia oscura fosse comunque ordinaria. Tuttavia, nel caso ordinario-macroscopico, gli studi svolti fino ad ora hanno escluso ruoli importanti di tutti i possibili candidati: stelle nane bianche, stelle di neutroni, buchi neri, nane brune o pianeti. Al massimo, questi oggetti potrebbero contribuire collettivamente al 10-15% del totale della materia oscura. Il rimanente 85-90% resta quindi inspiegabile. Anche lo scenario di materia oscura ordinaria-microscopica è stato ormai abbandonato. Appare infatti implausibile che la materia oscura possa essere formata, ad esempio, da gas molto freddo e difficilmente osservabile (es. idrogeno molecolare), o da particelle subatomiche ordinarie (es. neutroni, protoni, elettroni, neutrini). Infatti, questi casi produrrebbero effetti in qualche modo riconoscibili con gli attuali telescopi.

E quindi? Se la materia oscura non è ordinaria, che cosa potrebbe essere? Siamo arrivati a un giro di boa veramente cruciale. Per esclusione, siamo stati costretti a concludere che la materia oscura sia composta di particelle microscopiche, non ordinarie e ancora completamente sconosciute. Sulla loro natura sono state proposte moltissime possibilità teoriche che vanno dai leggerissimi assioni alle più pesanti WIMP (Weakly Interacting Massive Particles). Come accennato prima, la materia oscura è ovunque, anche intorno a noi in questo momento. Infatti, durante il tempo che avete impiegato a leggere questa intervista, molte centinaia di WIMP, o migliaia di altre particelle più leggere hanno attraversato come inafferrabili fantasmi il luogo in cui vi trovate. La caccia è aperta, ma gli esperimenti svolti fino ad ora non hanno ancora fornito risultati conclusivi sulla natura di questa materia così elusiva. E quindi la caccia continuerà nei prossimi anni con esperimenti sempre più sensibili e diversificati in funzione del tipo e della massa delle particelle da “catturare”.

Cos’è l’energia oscura?
Se sulla materia oscura abbiamo qualche indizio, dell’energia oscura sappiamo solo che dovrebbe essere una nuova forma di energia che sta accelerando l’espansione dell’universo. Questo significa che il “contenitore-universo” sta aumentando le sue dimensioni sempre più velocemente col passare del tempo. La sua esistenza viene considerata credibile sulla base di varie evidenze indirette, come anche testimoniato dal Premio Nobel per la Fisica assegnato nel 2011 a Perlmutter, Riess e Schmidt per avere scoperto l’espansione accelerata misurando il tasso con cui la luce emessa da esplosioni stellari chiamate supernovae di Tipo Ia arriva ai nostri telescopi indebolita con l’aumentare della loro distanza.

Sulla natura dell’energia oscura si può tranquillamente affermare che brancoliamo nel buio. Al momento infatti possiamo solo constatare che esiste “qualcosa” che spinge l’acceleratore dell’espansione dell’universo. Sull’essenza di questo misterioso “ingrediente” del cosmo sono state fatte molte ipotesi che possono essere racchiuse in due grandi categorie. Nella prima, questa energia è costante in tutto l’universo, non dipende dal tempo e potrebbe essere legata alla cosiddetta “energia del vuoto” prevista dalla fisica quantistica. Tuttavia, un problema di questo scenario è che l’energia del vuoto è enormemente più grande di quella invocata per spiegare l’espansione accelerata dell’universo. In alternativa, sono stati proposti svariati modelli teorici in cui l’energia oscura può invece variare nello spazio e nel tempo durante l’evoluzione dell’universo. Queste teorie sono chiamate anche modelli di quintessenza, un termine con cui nell’antichità veniva chiamato il “quinto elemento” (denominato anche etere) presente nel cosmo oltre ad acqua, aria, terra e fuoco. Infine, in altre teorie, l’energia oscura non agirebbe da sola, ma sarebbe in qualche modo fisicamente legata alla materia oscura.

La nostra ignoranza sull’energia oscura è amplificata da un paradosso. Infatti, se da un lato non sappiamo che cosa essa sia, dall’altro invece sappiamo misurare con grande precisione il suo contributo al budget complessivo di materia ed energia dell’universo. E possiamo farlo anche per la materia oscura. Quello che molti studi hanno determinato è semplicemente stupefacente: la materia e l’energia oscura contribuiscono rispettivamente al 25% e al 70% del totale di tutti gli “ingredienti” presenti nell’universo (materia ordinaria, materia oscura, energia oscura e luce). E il paradosso è che queste percentuali sono note con grande precisione. Questo significa che il 95% del cosmo è oscuro e ancora ignoto. Oppure, rovesciando l’argomento, dell’universo conosciamo solo il 5%, cioè quello che è costituito dalla materia ordinaria e luminosa che abbiamo la possibilità di osservare direttamente con i telescopi. Un universo completamente ingannevole quindi.

Come possiamo sperare di fare luce sull’universo oscuro? La comunità scientifica è attualmente disorientata. Ma molti pensano che il prossimo decennio sarà ricco di soprese e probabilmente foriero di una nuova rivoluzione scientifica. Infatti, sono tanti gli esperimenti in via di sviluppo che sono stati progettati per dare risposte a questi misteri cosmici. Riguardo alla materia oscura, saranno sempre più sensibili gli esperimenti che tenteranno di misurare le collisioni dirette delle particelle WIMP con nuclei di atomi di materia ordinaria usati come bersagli, o di osservare le interazioni tra campi magnetici e assioni previste da alcuni modelli teorici. Inoltre, l’acceleratore di particelle LHC (Large Hadron Collider) potrebbe riuscire a raggiungere energie di collisione così elevate da creare “in laboratorio” particelle di materia oscura e misurarne la massa. Nuovi telescopi terrestri e spaziali cercheranno di osservare la radiazione gamma e X, o le particelle di antimateria che secondo alcune teorie potrebbero essere emesse dalla materia oscura in alcune condizioni. Per svelare la natura dell’energia oscura, nuovi telescopi spaziali (es. Euclid dell’ESA, il cui lancio è previsto nel 2022) raccoglieranno una grande quantità di dati con cui sarà possibile ricostruire la mappa tridimensionale della materia dell’universo e studiarne la sua evoluzione. Questa mappa rappresenta una sorta di DNA del cosmo che ci permetterà di fare luce sull’universo oscuro.

Qual è il destino dell’universo?
La conoscenza degli ingredienti dell’universo, e delle loro percentuali relative al totale, consente ai cosmologi di prevedere cosa avverrà nel futuro. E una particolare importanza è rivestita proprio dalla natura dell’energia oscura. Allo stato attuale delle nostre conoscenze, lo scenario più plausibile sembra essere quello in cui l’espansione dell’universo viene accelerata da un’energia oscura costante. In questo caso, l’espansione continuerà all’infinito e le distanze relative tra le galassie aumenteranno così tanto che la luce da loro emessa richiederà troppo tempo per arrivare a noi. Quindi, tra molti miliardi di anni, intorno alla nostra Galassia (come anche intorno a qualsiasi altra galassia) si formerà una sorta di spazio sempre più vuoto, sempre più vasto e sempre più buio che renderà impossibile osservare le altre galassie che popolano l’universo. Tuttavia, non sappiamo ancora se andrà veramente così. Altri destini potrebbero attendere l’universo nei casi in cui l’energia fosse di tipo variabile nello spazio e nel tempo. Ad esempio, in alcuni scenari l’espansione potrebbe rallentare fino a fermarsi per poi essere seguita da una contrazione dell’universo su sé stesso. In altri, l’energia oscura potrebbe aumentare così tanto da disgregare tutti gli oggetti del cosmo. Le domande sul futuro dell’universo resteranno aperte fino a quando la natura dell’energia oscura non verrà compresa con certezza.

Andrea Cimatti è professore ordinario all’Università di Bologna. Nelle sue ricerche si occupa di galassie e cosmologia, è fondatore della missione spaziale ESA Euclid, ed è Direttore del Master Space Missions Science, Design and Applications (SPICES). Nel 2017, ha pubblicato il libro di divulgazione L’Universo oscuro (Carocci) con cui ha vinto il Premio Nazionale Divulgazione Scientifica “Giancarlo Dosi” (categoria Scienze Matematiche Fisiche e Naturali). La nuova edizione è stata pubblicata nel 2020. Nel tempo libero, ama fare windsurf, fotografare e ascoltare musica.

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