
Qual è l’affascinante storia del quadro più costoso del mondo?
Partiamo da questo: non abbiamo nessun documento da cui emerge che Leonardo abbia dipinto un “Salvator Mundi”. La secolare idea che Leonardo potesse averlo dipinto si basa su due principali aspetti: abbiamo a Windsor due disegni di Leonardo di una manica e un frammento di veste di un Salvator Mundi e abbiamo molti allievi che hanno dipinto dei “Salvator Mundi” uno simile all’altro (tutti con attribuzioni saltellanti): da qui l’idea che esistesse un “originale” del Maestro dal quale si copiava.
L’inizio della vita di questo quadro, per coloro che credono sia un Leonardo, ovvero dipinto proprio da lui (che non finiva mai un’opera) è che dopo il 1500, nel secondo periodo milanese del Maestro, Leonardo possa aver dipinto (forse parzialmente) una tavola di un “Salvator Mundi” per Luigi XII re di Francia (che ha conquistato Milano): ma non ci sono documenti. Si deve poi supporre che il quadro sia stato portato in Francia, a Blois, e da qui, successivamente, in Inghilterra come dono per le nozze fra la francese Henrietta Maria di Borbone e Carlo I Stuart nel 1623. Infatti a Londra, nel 1650 (questo il primo documento esistente sul soggetto) un incisore di nome Wenceslaus Hollar ricava una incisione quasi identica alla tavola che sarà battuta da Christie’s scrivendo nella didascalia che l’incisione è tratta “da Leonardo da Vinci”. Quel che è certo è che nell’entourage della corte degli Stuart si ritiene che una tavola italiana, probabilmente a Greenwich nella Queen House, fosse di Leonardo. Infatti, dopo la decapitazione di Carlo I nl 1649, la tavola viene svenduta ai rivoluzionari e in una nota si cita ancora il nome Leonardo. Da qui, il quadro passa poi di mano tra amanti di Giacomo Stuart…. Finché, , a metà Settecento, viene venduto per un paio di ghinee.
La tavola viene riconosciuta, con qualche incertezza (poiché era molto malconcia), in quella che a inizio Novecento il direttore del Victoria and Albert Museum, Sir John Charles Robinson, acquistò da un rigattiere a Londra per conto del marchese Cook (uno degli uomini più ricchi d’Inghilterra), che la mise nella splendida residenza di Doughty House, bombardata nel ’43 (sta per diventare un resort esclusivo) come opera “di scuola di Boltraffio”. Nessuno dei critici del Novecento che la vide attribuì mai questa tavola a Leonardo. Il 25 giugno 1958, l’ultimo dei Cook consegna a Sotheby’s questa vecchia tavola per essere venduta: se la aggiudica in asta un anonimo per 45 sterline.
Quali intrighi e misteri recenti accompagnano le vicende dell’opera?
Nel 2005, il gallerista e cacciatore di quadri sottostimati, l’americano Robert Simon, acquista all’asta a New Orleans una tavola di “Salvator Mundi” passata dalla famiglia di collezionisti americani Kunz, tavola che corrisponderebbe a quella venduta dai Cook per 45 sterline (e quindi di Carlo I), pagandola 10mila dollari. Da qui inizia la “costruzione” del Salvator Mundi di Leonardo ritrovato. Simon la fa restaurare alla Kress Collection da Dianne Modestini e, pian piano “riemerge” lo sfumato leonardesco, il pentimento e tutto il resto… Nel 2008 la tavola viene portata alla National Gallery dove la vedono alcuni esperti: si inizia a sostenere che sia questo “l’originale perduto” di Leonardo. Nel 2012, battendo sul tempo la mostra leonardesca per l’Expo di Milano, la National Gallery organizza una mostra di Leonardo con al centro l’attribuzione a Leonardo di questo “Salvator Mundi” americano ormai restaurato (a fianco ci sono i due disegni della manica e del frammento di veste). Il quadro incomincia a girare come un “bond” da far fruttare e nel marzo 2013 il quadro viene acquistato in trattativa privata tramite Sotheby’s New York da un discusso intermediario svizzero, Yves Bouvier, per 80 milioni di dollari: la settimana dopo Bouvier lo gira al magnate russo Rybolovlev per 127 milioni di dollari. Questo Rybolovlev, proprietario della squadra di calcio Monaco, era stato anche in prigione con l’accusa di omicidio e aveva acquistato case a Palm Beach da Trump. Rybolovlev ritiene di essere stato aggirato da Bouvier che agiva come suo agente: organizza un agguato e fa in modo che la polizia monegasca arresti Bouvier. Prigione… e iniziano cause di tutti contro tutti.
Poi anche Rybolovlev decide poi di mettere il quadro all’asta, ma da Christy’s, che sceglie di batterlo in un’asta di quadri “moderni” perché lì girano più soldi. Pare che poiché si teme che la sorella di Al Thani, famiglia regnante del Qatar (proprietario del Paris Saint Germain) possa acquistare l’opera, l’erede al trono saudita Mohammed Bin Salman se lo assicuri a 450 milioni di dollari in asta. Questo Bin Salman è un personaggio molto particolare… Una settimana dopo l’asta, Mohammed Bin Salman si assicura il superyacht Topaz dallo sceicco degli Emirati Mohammed Bin Zayed, valutato 450 milioni, la stessa cifra pagata per il dipinto. Poco dopo, infatti, l’annuncio che il dipinto è nella disponibilità del Department of Culture and Tourism di Abu Dhabi, che lo metterà al Louvre della città.
È una vera riscoperta?
Nel corso dei secoli varie tavole di “Salvator Mundi” sono state ritenute di Leonardo e poi disattribuite. Questa battuta all’asta nemmeno la si conosceva. Dal XVIII secolo molti altri “Salvator Mundi” che sono appesi per le corti d’Europa furono attribuiti a Leonardo. Questa “moda” prosegue fino a Novecento inoltrato, e coinvolge anche il celebre leonardista Carlo Pedretti. Pedretti disse di aver scoperto l’originale “Salvator Mundi” di Leonardo in Francia presso il collezionista barone De Ganay. Ancora nelle mostre di una decina di anni fa questa tavola francese era presentata come il “Salvator Mundi” di Leonardo: così fu prestata al Brasile nel 2012 e presentata al Papa durante un suo viaggio apostolico.
La nuova collocazione del quadro, il Louvre di Abu Dhabi, offre uno sguardo sul mercato dell’arte: come sta cambiando?
L’opera è di proprietà del Department of Culture and Tourism di Abu Dhabi e doveva essere esposta dal 18 settembre: così non è stato, mistero nel mistero. Nel 2019, a 500 anni dalla morte di Leonardo, il quadrò sarà spostato in mostra temporanea al Louvre di Parigi e posto a fianco della Gioconda.
I 450 milioni di dollari spesi per il bond “Salvator Mundi” sono una decisione politica ma anche d’investimento basata sul reddito operativo annuale del museo – l’ebitda. All’interno di questa visione, il “Salvator Mundi” è il più “grande bene tangibile” che può dare un impatto sulle entrate. È in atto un’espansione dell’industria dei musei globali, che si sta trasformando in una competizione soft-power tra le nazioni. Cina, Stati Uniti e Paesi del Golfo stanno combattendo una battaglia sull’arte impoverendo culturalmente gli stati più deboli. Il “Salvator Mundi” è l’arma non convenzionale di questa battaglia ed è stata schierata nel fortino di Abu Dhabi, roccaforte di una nuova Alleanza: i globalisti Occidentali, gli ebrei e i sauditi contro Russia, Cina, Iran… Ecco lì Cristo, in terra d’Oriente, ma in un tempio laico e latino, nella pancia del museo più museo di tutti, il Louvre globale.