
E come non c’è ombra senza luce, se uno di questi due elementi non è costruito in maniera convincente, l’Opera ne soffre inevitabilmente. Può restare ugualmente godibile (come dimostrano infatti alcune delle saghe esaminate nel saggio, che presentano anche Cattivi, per così dire, ‘di cartone’), perché nel Fantasy ci sono altri elementi in grado di puntellare egregiamente l’edificio. Tuttavia, senza un ‘buon Cattivo’, la vicenda raccontata non esprimerà appieno il proprio potenziale.
Dunque valeva assolutamente la pena dedicare una monografia a questo importante tema, leggendone anche le sue varie incarnazioni: quella cartacea e quella sullo schermo. Oltretutto, è un tema poco esplorato e dunque anche per questo valeva la pena di occuparsene.
Come avete scelto le saghe da analizzare?
In realtà le ho scelte io, così come il tema dell’antologia.
Volevo un volume che contenesse un certo numero di saghe molto popolari – come Harry Potter, il Signore degli Anelli, Narnia, il Trono di Spade – che potesse costituire per l’appassionato un punto fermo da cui partire per poi esplorare le altre, che sono sì famose, ma non nella stessa misura. E che, per questa ragione, magari, non ha mai avvicinato.
Inoltre mi interessava inaugurare il dibattito su saghe che, almeno in Italia (ma spesso anche all’estero) non hanno studi saggistici alle spalle e quindi ho voluto includere Shannara, la Trilogia d’Inchiostro, Spiderwick-Le Cronache (di cui mi sono personalmente occupata), La Spada della Verità, Terramare e Queste Oscure Materie.
Lo scopo di questa antologia, infatti, rientra in un progetto preciso che, assieme ad amici saggisti, sto portando avanti da nove anni e che chiamiamo scherzosamente Italinklings. Un chiaro riferimento agli Inklings di Tolkien e Lewis, non perché ci si ritenga immodestamente alla stessa altezza, ma solo come un omaggio a una fonte ispiratrice. In pratica, cerchiamo di sensibilizzare il pubblico sulle tematiche del Fantastico sia attraverso conferenze e tavole rotonde, sia attraverso la pubblicazione, appunto, di antologie saggistiche multiautore.
L’ombra del cattivo è la quarta che abbiamo realizzato. Prima sono venute Potterologia, Hobbitologia e Il Fantastico nella letteratura per ragazzi, i cui titoli indicano già chiaramente gli argomenti sottesi. Con riguardo all’ultimo volume, anche qui ci siamo occupati di dieci differenti saghe, scelte sulla base di tre criteri: il successo, il fatto che si trattasse di serie e il fatto che si rivolgessero, appunto, ai più giovani.
Abbiamo anche una pagina Facebook, per chi fosse interessato: https://www.facebook.com/Italinklings
Per il 2021 ne stiamo scrivendo una quinta che sarà dedicata alla figura del drago, anche questa declinata in 10 saghe di cui parte mai studiate, almeno in Italia (ma verosimilmente neppure all’estero). Proprio in queste settimane siamo alla consegna delle prime bozze. E anzi, già che ci siamo, approfitto per lanciare un appello da queste pagine: stiamo cercando l’editore 😉 Astenersi, però, editori a pagamento. Quelli mai!
Naturalmente poi, a livello individuale, ciascuno di noi spesso pubblica saggi monografici singoli, a completamento di un discorso più ampio.
Il Signore degli Anelli rappresenta un autentico classico del genere: quali caratteristiche hanno, nell’opera di Tolkien, gli antagonisti Sauron e Saruman?
Sauron è la rappresentazione classica del Male, un soggetto estremante crudele e amorale, con poteri straordinari volti a danneggiare il mondo in cui opera per trarne vantaggio personale.
Saruman, invece, è un Cattivo molto più infido e sottile, perché non solo è capace di azioni classicamente malvagie (controlla Re Théoden attraverso Vermilinguo, calpesta la Natura per piegarla ai suoi fini, riempie di feroci orchi la Terra di Mezzo), ma è soprattutto l’aver tradito il suo Ordine magico e l’amico e collega Gandalf il motivo per cui la sua pericolosità appare tremendamente minacciosa: tradire valori e amici (che inevitabilmente sono specchi riflettenti della nostra personalità) significa infatti rinnegare automaticamente se stessi e la propria stessa essenza, che è l’abominio ultimo dal punto di vista psicologico e spirituale.
Voldemort incarna il supremo villain della saga di Harry Potter: come si presenta la figura del “Cattivo” nell’opera principale di J.K. Rowling?
Voldemort è a mio avviso una figura ondivaga. In realtà l’unico romanzo dove è tratteggiato magistralmente è Il Principe Mezzosangue. Li, grazie alla sua biografia rivissuta dal lettore attraverso il potente strumento del Pensatoio, la Rowling riesce a far emergere la sua personalità in maniera tridimensionale, mostrandoci quali siano state le esperienze formative che, incidendo sul suo carattere, lo hanno portato a essere quel crogiuolo di psicopatie che conosciamo. Il viaggio dalle premesse alle conseguenze è assolutamente convincente nella costruzione della sua personalità.
Negli altri libri invece, specialmente nel Calice di Fuoco e nei Doni della morte, è un personaggio monodimensionale, un cattivo di cartone che non tiene fede alle aspettative create dall’etichetta di “più potente Mago Oscuro”. Si pensi solo al modo in cui Harry lo sconfigge: non si tratta di un duello di abilità magiche o di superiorità spirituale, ma di un sistema puramente meccanicistico basato sulla regola per cui la Bacchetta di Sambuco passa sotto il controllo di chi riesce a disarmarla. Una regola che fra l’altro, tradisce quella fornita all’inizio della serie e cioè che sia la bacchetta a scegliere il mago.
Questo mi fa pensare che questa regola, così come la contrapposizione dei Doni agli horcrux, sia frutto di un’idea tardiva che la Rowling ha cercato di cacciare a forza negli ultimi due romanzi. Si tratta di una mera congettura personale, naturalmente, ma queste ‘spie’ secondo me sono indicatori altamente sospetti in tal senso.
Il volume si inserisce nel progetto di sviluppare anche in Italia, come già avviene da tempo nei Paesi anglofoni, un dibattito accademico sul Fantastico: quali pregiudizi allignano sul genere?
Sì, come accennavo prima, i nostri intenti sono questi. Certo la nostra potenza di fuoco, senza tamburi mediatici e col rumore di fondo ormai raggiunto dai social, per cui più nulla ha visibilità, è poca. Ma noi ci proviamo comunque. Alla peggio avremo lasciato qualche buon testo dietro di noi e forse qualche laureando in Letteratura ci ringrazierà per aver fornito bibliografia per la sua tesi (come è già successo in passato).
Purtroppo ci scontriamo anche col fatto che, persino nella cerchia degli appassionati di genere, sono molto pochi quelli interessati ad approfondire i dietro le quinte di un concept letterario. La stragrande maggioranza preferisce fruire dell’aspetto meramente ludico, che però è anche quello più superficiale: la foto col cosplayer, i duelli con le bacchette, la bevuta di burrobirra, la bigiotteria ispirata alle varie serie…
Un gran peccato. Non fraintendetemi, gli aspetti di cui sopra vanno benissimo, ma c’è anche molto altro che è un peccato lasciare ‘nel piatto’. Tuttavia consumare anche questa ‘pietanza’ richiede impegno intellettuale e pochi sono interessati a impiegarlo. Non perché i nostri volumi siano l’equivalente del Sapegno con la Divina Commedia, per carità. Sono intelleggibilissimi. Ma ci vuole l’interesse iniziale. E il fatto che ormai anche la scuola disincentivi la lettura e appiattisca i ragazzi verso testi estremamente semplicistici non gioca certo a nostro favore, specialmente con le generazioni più giovani.
Quanto ai pregiudizi sul genere, sono purtroppo i più beceri: per la massa dei non fruitori si tratta o di “roba per bambini” o “per adulti che non vogliono crescere”.
In questo Paese, così straordinariamente ricco di creatività, il cui propellente è appunto l’immaginazione, quest’ultima viene paradossalmente svilita, viene considerata una fuga dal mondo da parte di chi non si riesce a realizzare. Dimenticandosi che l’immaginazione è invece un mattone fondamentale per la costruzione della personalità di un bambino per una feconda vita da adulto e per una società altrettanto feconda. Senza immaginazione staremmo ancora in una caverna con la clava in mano, già solo questo pensiero dovrebbe farci riflettere. Senza immaginazione non c’è alcun progresso, in alcun campo dello scibile umano. Ricordiamoci la straordinaria metafora di Michael Ende ne La Storia Infinita: dove l’immaginazione non viene più esercitata, il Regno di Fantàsia inaridisce, il Nulla avanza e fagocita tutto.
Non è un caso che i Sessantottini, che si prefiggevano di cambiare il Sistema (anche se poi non ci sono riusciti, ma non importa) avessero adottato lo slogan “Immaginazione al Potere”. In effetti, il mondo lo han sempre cambiato in meglio i visionari, non certo gli iper-razionalisti.