“L’insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore, militante e teorico della paraletteratura” a cura di Sandro Moiso e Alberto Sebastiani

Prof. Alberto Sebastiani, Lei ha curato con Sandro Moiso l’edizione del libro L’insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore, militante e teorico della paraletteratura, pubblicato da Mimesis: a distanza di un anno dalla sua prematura scomparsa, che rilevanza assume, nel panorama letterario italiano a cavallo tra XX e XXI secolo, la figura di Valerio Evangelisti?
L'insurrezione immaginaria. Valerio Evangelisti autore, militante e teorico della paraletteratura, Sandro Moiso, Alberto SebastianiValerio Evangelisti è una figura centrale nel panorama letterario italiano a cavallo tra XX e XXI secolo. Come scrittore è stato autore di cicli e saghe di successo, con personaggi e avventure che hanno appassionato migliaia di lettori non solo italiani, e basti qui ricordare i romanzi che hanno per protagonista l’inquisitore Nicolas Eymerich, tradotti in più lingue, che hanno cambiato la storia della fantascienza italiana. Con i suoi libri ha infatti saputo rinnovare l’idea stessa di letteratura popolare, la “paraletteratura”, termine spregiativo che invece Evangelisti usava nei suoi scritti “teorici” rovesciando il senso comune e sostenendo quanto essa da sempre avesse un ruolo di rilievo nella costruzione dell’immaginario. E proprio l’immaginario era al centro del suo interesse intellettuale: ad esso ha dedicato numerosi saggi (o “saggetti”, come li chiamava lui), molti dei quali pubblicati su “Carmilla”, rivista che fonda cartacea nel 1995 e migra online nel 2003 dove è ancora oggi attiva. Cito la rivista per due motivi: il primo è perché testimonia quanto Evangelisti sia stato protagonista anche nel dibattito culturale nazionale (consideriamo che è una rivista a tutt’oggi tra le più lette in Italia); il secondo è perché ha per sottotitolo “Letteratura, immaginario e cultura d’opposizione”, ovvero un tricolon fondamentale per capire l’idea stessa di letteratura di Evangelisti. I tre termini sono strettamente connessi: la letteratura deve costruire un immaginario per fondare una cultura d’opposizione. E il volume che ho curato con Moiso cerca di dimostrarlo, attraverso i nostri saggi e quelli dei redattori di “Carmilla online” Luca Cangianti, Walter Catalano, Fabio Ciabatti, Diego Gabutti, Domenico Gallo, Paolo Lago, Nico Maccentelli, Franco Pezzini e Gioacchino Toni.

In che modo Valerio Evangelisti è stato uno scrittore-militante?
Evangelisti è stato un militante come persona e come scrittore. Ha fatto politica tutta la vita, come ha raccontato in più occasioni, sia militando in gruppi o partiti politici, da Lotta continua a Potere al Popolo, sia nel fare letteratura. Tutta la sua opera narrativa racconta il conflitto tra chi detiene il potere e le classi subalterne, a volte narrando dalla prospettiva dei primi (i cattivi, come Eymerich), a volte dei secondi (i ribelli, le canaglie), in maniera mai banale, e sempre appassionando il lettore con romanzi d’avventura, dosando sapientemente ironia e realismo nella dimensione del fantastico per costruire letture critiche della contemporaneità. Nei suoi testi, infatti, storicizzava il presente e individuava, con le armi della letteratura, cause di fenomeni sociali, conseguenze di scelte economiche e politiche, dinamiche strutturali dell’universo orrendo (neo)liberista. Raccontarlo e definirlo con le armi della narrativa era per lui una pratica militante, che puntava a stimolare nel lettore l’idea che quello in cui viviamo non sia l’unico mondo possibile, e che per costruirne un altro sia necessario prima immaginarlo. Perciò l’immaginario diventava nella sua visione della letteratura e della politica uno spazio di conflitto, da decolonizzare dalle narrazioni egemoni per offrirne di nuove. Ed ecco perché nei suoi libri il tema della ribellione è centrale.

A Valerio Evangelisti stava decisamente stretta la collocazione nell’ambito della fantascienza e del fantasy: quale interpretazione si può dare della sua opera letteraria?
Valerio Evangelisti era un appassionato lettore di letteratura popolare, di genere, e non solo contemporanea. Da Fantomas, Lupin e Sandokan ai personaggi di Manchette, Ray e Arthur Conan Doyle, dalla fantascienza all’horror: i suoi “saggetti” testimoniano le sue letture attente e intelligenti di molti testi della “paraletteratura”, di cui ritroviamo citazioni nelle sue opere letterarie. Non amava il fantasy, e anzi ha dichiarato più volte il suo rispetto per questo genere ma la sua estraneità ad esso, anche se molti lo hanno etichettato all’interno di quel genere, come è risultato evidente nei titoli dei giornali dopo la sua morte. Il fatto è che Evangelisti mescolava e usava i generi, reinventandoli: dalla fantascienza che si mescola al romanzo storico al western con elementi fantastici, e poi storie di pirati e imprese rivoluzionarie, la lotta sindacale a tinte noir e le ribellioni risorgimentali dei mazziniani o dei braccianti romagnoli tra l’Ottocento e la Resistenza in cui il realismo documentato storicamente si unisce alla commedia degli equivoci e sempre all’insegna del romanzo d’avventura. Si muove nel territorio della letteratura popolare, ma non è certo povera di contenuti o stereotipata, anzi. La sua opera letteraria non è facilmente etichettabile, ma è anche estremamente riconoscibile per la sua matrice fortemente politica. Scrive romanzi d’avventura, e l’avventura che racconta è quella appunto della ribellione delle classi subalterne, che di solito – come è noto – perdono. Ma l’importante, sembra dire Evangelisti, è che continuino a ribellarsi.

Quali cicli compongono l’opera di Evangelisti?
I cicli sono numerosi e tutti interconnessi per citazioni, allusioni, travasi di personaggi e intrecci di storie. Nell’insieme formano un unico grande romanzo, un “One Big Novel” (giocando su un titolo di Evangelisti, One Big Union), come ho spiegato in una monografia che gli ho dedicato alcuni anni fa (Nicolas Eymerich. Il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti, Odoya 2018). Il ciclo di Eymerich (1994-2018, oggi raccolto nei tre volumi della Titan Edition Mondadori, con le versioni rivedute e corrette dall’autore) è strutturato su tre livelli, il XIV secolo in cui vive Eymerich, un presente alternativo al nostro, un futuro che arriva al XXXII secolo. Questa struttura ne fa l’alfa e l’omega dell’opera di Evangelisti, perché da un lato imposta il discorso del conflitto, ne delinea un’origine e porta a compimento un disegno universale di potere, dall’altro offre il punto più remoto nel passato e nel futuro della storia umana raccontata dall’autore. Evangelisti, infatti, poi affronta il XVI secolo nei tre romanzi di Magus (1999-2000) su Nostradamus e la nascita del paradigma scientifico contrapposto a una spiritualità antica, il XVII nella Trilogia dei pirati (2008-2012) con l’avidità predatoria dei Fratelli della Costa e la nascita del liberismo, il XIX e l’apparizione della moderna società industriale, i movimenti sindacali e rivoluzionari, nel “Ciclo del Metallo”, cioè Metallo urlante (1998), Black Flag (2002) e Antracite (2003), romanzo da cui ha inizio anche il “Ciclo americano”, che segue con Noi saremo tutto (2004) e One Big Union (2011), legati anche ai testi sulla rivoluzione messicana, Il collare di fuoco (2005) e Il collare spezzato (2006), su cui si apre il XX secolo. Intanto per l’Europa per il XIX e il XX secolo ci sono anche la trilogia risorgimentale (incompiuta) composta da 1849. I guerrieri della libertà (2019) e Gli anni del coltello (2021), una controstoria popolare che è il prequel della trilogia del Sole dell’Avvenire (2013-2016), sui rivoluzionari romagnoli e sull’antifascismo. A questi testi, una trentina, si aggiungono una quarantina di racconti, che spesso sono prime stesure di futuri romanzi o banchi di prova per idee e personaggi che poi sono stati sviluppati nei cicli. Come per l’ultimo romanzo incompiuto, La fredda guerra dei mondi (pubblicato postumo da Mondadori in La fredda guerra dei mondi. Romanzi brevi e racconti ritrovati, a cura di Franco Forte) che nasce dal racconto omonimo apparso nell’antologia nell’antologia Millemondi Urania (n. 87, 2020) intitolata Distòpia.

Che relazione intrattengono con la tradizione del romanzo distopico i romanzi del ciclo di Eymerich?
La distopia è il presente, per Evangelisti. Ma ci sono sempre stati, e sempre ci saranno, dei ribelli. Ed è importante metterli in scena. Offrire figure che dicono no, che si oppongono, che vedono e riconoscono la violenza e sanno scegliere da che parte stare: a partire da loro e dalle loro avventure nascono contronarrazioni per decolonizzare l’immaginario. Il ciclo di Eymerich, in questo orizzonte, narra la repressione di ogni pensiero divergente. L’eresia è in esso una metafora efficace. Eymerich non è un semplice “villain”, è un archetipo, incarna il totalitarismo, e i mondi futuri del ciclo non sono altro che l’applicazione di (o il continuare ad applicare) quanto l’inquisitore imposta nel XIV secolo: l’istituzione di un modello e di un concetto di ordine, da imporre attraverso il controllo delle menti, e il dominio dell’immaginario, per stabilire un sistema di potere accettato senza opposizione. Nei secoli è sempre stato così, e così resta anche con l’emergere della borghesia e l’entrata in gioco di una nuova economia, e di una nuova visione dell’uomo e della sua realizzazione. Cioè con il nascere del nostro mondo. La distopia, quindi, per Evangelisti non è che la conseguenza logica di una volontà politica. Non è qualcosa di astratto, non è qualcosa che viene imposto da qualche entità estranea, tecnologica o aliena, o semplicemente “forestiera”. È una scelta che nasce dall’uomo. Chi detiene il potere istituisce una struttura, decide di perpetrarla, opera perché venga accettata dalle masse e, se qualcuno si oppone, lo reprime. Ma non è detto che ciò debba essere per sempre. E che le masse non possano cambiare la storia.

Qual è l’eredità di Valerio Evangelisti?
A questa domanda non posso rispondere con facilità. Esiste il lavoro culturale che Evangelisti ha svolto con “Carmilla”, e che la rivista oggi continua a portare avanti. Esiste una produzione saggistica che deve essere ancora in larga parte recensita e analizzata nel suo insieme. Esiste un’opera che dovrà essere adeguatamente edita integralmente e con cui diversi studiosi da anni hanno iniziato a confrontarsi, ma che richiede ancora molto lavoro. Esistono un fandom e tanti co-autori che hanno lavorato con Evangelisti a narrazioni in prosa e a fumetti, videogiochi, corto e mediometraggi, librogame, giochi di ruolo, composizioni musicali, opere rock. E tutto ciò ha espanso il suo universo narrativo. Ci sono poi autori che non hanno mai nascosto la loro ammirazione per il lavoro di Evangelisti, come ad esempio Marcello Simoni e Nicoletta Vallorani, per limitarmi a due autori di successo. Diciamo allora che Evangelisti è senz’altro presente nel panorama letterario, culturale e politico contemporaneo, e che nel tempo capiremo quale è stata la sua eredità.

Alberto Sebastiani, ricercatore, insegnante e pubblicista, ha una formazione linguistica e letteraria, si occupa di interazione tra i linguaggi e di fumetto in particolare, collabora a «la Repubblica» e a «Lingua italiana – Treccani.it», lavora per l’Università di Bologna, IULM di Milano e a progetti editoriali e televisivi. Tra i suoi libri, ha pubblicato Nicolas Eymerich. Il lettore e l’immaginario in Valerio Evangelisti (Odoya 2018), Padre nostro. Riscritture civili di una preghiera tra musica e letteratura (EDB 2020); di Silvio D’Arzo ha curato Opere (Mup 2003, con E. Orlandini e S. Costanzi), Lettere (Mup 2004), Gec dell’Avventura (con un finale apocrifo di Eraldo Affinati, Einaudi 2020) e Le tribolazioni del Povero Bobby (Officina libraria 2023), di Valerio Evangelisti i tre volumi che raccolgono i tredici romanzi del «Ciclo di Eymerich» (Mondadori 2019) e Le strade di Alphaville. Conflitto, immaginario e stili nella paraletteratura (Odoya 2022).

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