“L’indagine pregiudiziale o pastorale alla luce del m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus” di Emanuele Tupputi

Don Emanuele Tupputi, Lei è autore del libro L’indagine pregiudiziale o pastorale alla luce del m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus edito da Urbaniana University Press: quali forme ha assunto la riforma del processo di nullità matrimoniale operata da papa Francesco?
L’indagine pregiudiziale o pastorale alla luce del m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus, Emanuele TupputiLa riforma del processo matrimoniale ha inteso conferire un orientamento più spiccatamente pastorale all’attività giudiziale dei tribunali ecclesiastici. L’intera riforma, infatti, si presenta con toni marcatamente pastorali, i cui elementi di novità si ripercuotono soprattutto nella fase di preparazione della causa. Pertanto, secondo il documento gli operatori del diritto e della pastorale sono invitati a cogliere il significato pastorale del diritto canonico e, parimenti, il nesso stretto tra pastoralità e giuridicità, nesso che si fonda non solo sul concetto integrale di persona, ma anche su una corretta visione ecclesiologica, che prospetta una connaturale unità fra dimensione misterica e dimensione storica della Chiesa di Cristo.

Ed è in questa prospettiva che si pone la mia ricerca, che offre un analitico approfondimento su una delle novità della riforma del processo di nullità matrimoniale operata da Papa Francesco con il m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus (MIDI), promulgato l’8 settembre 2015 ed entrato in vigore l’8 dicembre 2015, che coinvolge l’importanza della consulenza canonica-pastorale, nel contesto di una rinnovata pastorale giudiziale, in riferimento agli artt. 1-5 delle Regole Procedurali (RP).

In questi primi cinque articoli delle RP, che costituiscono un testo normativo annesso al MIDI, il Legislatore descrive una delle importanti novità della riforma matrimoniale che riguarda un nuovo istituto canonico, denominato indagine pregiudiziale o pastorale (IPP).

Tale questione è stata oggetto di riflessione di due Sinodi sulla famiglia che, da un lato, hanno evidenziato l’importanza della famiglia e dell’istituzione matrimonio e, dall’altro, non hanno fatto mistero come, in un’epoca storica attraversata da cambiamenti epocali, la famiglia e il matrimonio stanno attraversando una profonda crisi a motivo di nuovi modi di intendere l’istituto familiare e matrimoniale imposti da una società secolarizzata, da una mentalità del provvisorio, propensa alla convivenza e ad una mentalità divorzistica.

In questo contesto remoto all’interno dell’Assise sinodale è stata analizzata anche la situazione di quei fedeli che attendono un chiarimento da parte della Chiesa sul proprio stato di vita matrimoniale a seguito dell’introduzione di una dichiarazione matrimoniale. Su questa questione i Padri sinodali hanno avanzato alcune proposte, che sono state recepite nel MIDI.

Due di queste proposte interessano lo svolgimento di questo approfondimento:
1) lo snellimento del processo canonico delle nullità matrimoniali, che facendo salva la via giudiziaria può essere più celere nel rispetto di un giusto processo;

2) l’impostazione più pastorale dei tribunali esortati a valorizzare una maggiore collaborazione con la pastorale familiare al fine di attuare una rinnovata pastorale giudiziaria, capace di offrire mezzi di verifica giuridici-pastorali adeguati a porre in relazione ogni fedele, che dopo un fallimento matrimoniale si rivolge agli operatori pastorali della Chiesa, e secondo le indicazioni della Comunità cristiana.

L’esigenza di uno snellimento dell’iter processuale e l’impostazione più pastorale dei tribunali è stata anche oggetto di continui richiami dei diversi Pontefici, che non hanno mancato di offrire criteri di equilibrio per garantire una maggiore celerità dei processi e ad una maggiore sinergia tra dimensione giuridica e dimensione pastorale.

Tra i vari interventi si pone quello del testo normativo del MIDI di Papa Francesco, il quale nell’esprimere l’intenzione della riforma, dettata dal desiderio di mostrare il volto materno della Chiesa a quell’enorme numero di fedeli che spesso sono distolti dalla distanza fisica e giuridica delle strutture giuridiche della Chiesa, offre delle disposizioni con la quali si possa favorire la celerità dei processi. Il tutto compiuto con il fine di ridonare quella pace della coscienza a tutti quei fedeli che attendono un chiarimento sul proprio stato di vita coniugale dalle strutture giuridiche della Chiesa.

Tra queste disposizioni troviamo l’esortazione dello stesso Legislatore ad istituire in ogni diocesi un servizio d’indagine pregiudiziale o pastorale previa ad un’eventuale richiesta di nullità matrimoniale, quale espressione della sollecitudine pastorale del Vescovo verso i fedeli separati o divorziati e luogo significativo di prossimità, di ascolto e discernimento.

Quali novità introduce il m.p. Mitis Iudex Dominus Iesus?
Le novità che il MIDI introduce sono ben delineate negli otto criteri fondamentali riportati dal Papa nel proemio del testo normativa e cioè:

  1. L’abolizione del principio della cosiddetta “doppia conforme”, prevedendo che la sentenza che per la prima volta ha dichiarato la nullità del matrimonio, decorsi i termini stabiliti nei cann. 1630-1633 del CIC, diventi esecutiva;
  2. La possibilità di affidare le cause matrimoniali a un giudice unico chierico, nel caso in cui non si possa costituire un tribunale collegiale in diocesi o nel tribunale viciniore, sotto la responsabilità del Vescovo, cosi da evitare ogni lassismo;
  3. Il rafforzamento del principio, già previsto nel can. 1419 del CIC, in base al quale il vescovo, in quanto pastore e capo dei fedeli a lui affidati diocesano, è il giudice nativo nella propria diocesi per le cause di nullità matrimoniale, per le quali il diritto non faccia espressamente eccezione, potendo esercitare la potestà giudiziaria personalmente o per mezzo di altri, a norma del diritto (can. 1673 § 1 del CIC) e dovendo costituire per la sua diocesi un tribunale diocesano per le cause di nullità del matrimonio.
  4. L’introduzione di una nuova procedura processuale denominata processus brevior, «da applicarsi nei casi in cui l’accusata nullità del matrimonio è sostenuta da argomenti particolarmente evidenti». Tale processo è affidato al vescovo come giudice unico.
  5. La previsione dell’appello alla Sede Metropolitana, quale «segno distintivo della sinodalità nella Chiesa».
  6. Viene riconosciuto il compito delle Conferenze Episcopali nel rendere accessibili le cause ai fedeli, di favorire una maggiore prossimità tra il giudice e i fedeli e di garantire per quanto possibile la gratuità delle procedure, «salva la giusta e dignitosa retribuzione degli operatori dei tribunali».
  7. Viene ribadita la possibilità di fare appello alla Sede Apostolica, espressione del vincolo delle chiese particolari con la Sede di Pietro.
  8. Vengono previste anche norme specifiche e proprie per le Chiese Orientali, con il m.p. Mitis et misericors Iesus, promulgato con le stesse modalità e date.

Dalla lettura di questi criteri si evince che tutti si basano su due esigenze: la preoccupazione della salvezza delle anime, fine supremo di tutto l’ordinamento canonico, e « l’enorme numero di fedeli che, pur desiderando provvedere alla propria coscienza, troppo spesso sono distolti dalle strutture giuridiche della Chiesa a causa della distanza fisica o morale; la carità dunque e la misericordia esigono che la stessa Chiesa come madre si renda vicina ai figli che si considerano separati» (MIDI, proemio).

Inoltre, si comprende chiaramente che il Legislatore con la nuova riforma del processo matrimoniale ha voluto favorire «non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità, affinché, a motivo della ritardata definizione del giudizio, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del proprio stato non sia lungamente oppresso dalle tenebre del dubbio» (MIDI, proemio).

In conclusione, con questa riforma si è voluto:

  1. Richiamare una maggiore responsabilità dei vescovi nell’amministrazione della giustizia;
  2. Favorire, sotto la responsabilità dei Vescovi, una maggiore vicinanza o prossimità tra pastore-fedeli in difficoltà;
  3. Consentire ai fedeli di sanare la situazione personale irregolare in cui si trovano a vivere. A tal proposito, si legge nel Rescritto del Papa del 7 dicembre 2015: «Le leggi che ora entrano in vigore vogliono proprio manifestare la prossimità della Chiesa alle famiglie ferite, desiderando che la moltitudine di coloro che vivono il dramma del fallimento coniugale sia raggiunta dall’opera risanatrice di Cristo, attraverso le strutture ecclesiastiche, nell’auspicio che essi si scoprano nuovi missionari della misericordia di Dio verso altri fratelli, a beneficio dell’istituto familiare»;
  4. Evidenziare l’importanza di provvedere alla preparazione di un personale sufficiente, composto da chierici e laici, in modo da consacrarsi in modo prioritario al servizio ecclesiale delle cause di nullità del matrimonio;
  5. Proporre delle soluzioni normative, che possano rispondere alle esigenze dei fedeli che desiderano in coscienza e fattivamente accedere alle strutture pastorali e giuridiche della Chiesa.

Come si svolge l’indagine pregiudiziale o pastorale?
Prima di dire come si svolge l’IPP, sembra opportuno precisare che questo nuovo istituto canonico, vivamente auspicato da Papa Francesco nel MIDI (e ad oggi ancora poco conosciuto a molti), è da intendersi come un servizio-ponte o ufficio ecclesiale[1] che, operando in sintonia con la pastorale matrimoniale diocesana unitaria, intende accompagnare, discernere ed integrare quei fedeli che vivendo crisi, difficoltà o dubitando della validità del proprio matrimonio desiderano valutare la possibilità di superare tali situazioni sia con un’eventuale riconciliazione coniugale sia con l’accertamento della validità o meno del proprio matrimonio.

Questo nuovo munus consulendi per la sua duplice natura pastorale e giuridica si pone, dunque, come un punto di convergenza tra la pastorale e gli operatori dei tribunali nel sostenere i fedeli in difficoltà a fare chiarezza sui propri convincimenti e nel rendere più efficace e celere l’espletamento del processo sulla nullità del loro matrimonio.

Dopo questa breve e necessaria premessa possiamo focalizzare brevemente l’attenzione sulla modalità di svolgimento dell’IPP. Leggendo gli articoli da 1 a 5 delle RP, si comprende che spetta ai singoli Vescovi diocesani o alle conferenze episcopali stabilire le strutture pastorali matrimoniali per il servizio dell’indagine pastorale nelle loro circoscrizioni in collaborazione con la pastorale familiare. Le RP offrono qualche indicazione riguardante la struttura stabile istituita per lo svolgimento di questa fase pregiudiziale. Esse sono: le strutture parrocchiali, diocesane, interdiocesane (cf. RP, artt. 2-3); si tratta di un elenco esemplificativo, giacché ogni Vescovo o conferenza episcopale può stabilire diverse strutture utili per la sua circoscrizione e adatte all’indagine pastorale. Ciò che è molto importante è l’unitarietà delle diverse strutture nell’accompagnare i fedeli coinvolti nelle crisi matrimoniali.

Tuttavia, si evince che l’obiettivo prossimo dell’IPP a livello parrocchiale è quello di accogliere, accompagnare, ascoltare e mostrare un’attenzione particolare nei confronti di fedeli in difficoltà, per cui non deve essere vista come «la preparazione immediata e diretta del processo ma il discernimento circa l’effettività della condizione matrimoniale dei nubendi» (M. Del Pozzo, Il processo matrimoniale più breve davanti al vescovo, EDUSC, Roma 2016, 153).

Inoltre, compiere l’IPP a livello parrocchiale rende concreta e realistica la vicinanza della Chiesa che, come madre e maestra, si pone in ascolto di tutti i fedeli ed anche di coloro che vivono situazioni matrimoniali difficili. L’IPP deve avere il suo naturale inizio come consulenza parrocchiale, poiché normalmente il parroco è il primo interlocutore di quei fedeli che attraversano una crisi coniugale, o che si sono separati, o che sono divorziati e risposati. A tal proposito è importante il ruolo del parroco che deve non solo svolgere, a norma di legge (cfr. can. 519), la sua funzione di insegnare, santificare e governare, ma anche alimentare con la comunità ecclesiale e competenti operatori pastorali un atteggiamento di prossimità e di ascolto del vissuto di ogni fedele e famiglia in crisi. Ciò risulta necessario per avviare un accompagnamento pastorale ed un serio percorso di discernimento sulla reale situazione delle singole circostanze coniugali al fine del quale potrebbero riscontrarsi elementi utili per un possibile processo di nullità nella forma ordinaria o più breve.

Dunque, la maggior parte della consulenza parrocchiale sarà orientata all’ascolto e dimostrerà sollecitudine ecclesiale verso i fedeli coinvolti, invitandoli, caso per caso, alla riconciliazione e alla convalidazione, qualora vi siano le condizioni. Questa struttura parrocchiale collabora con la struttura diocesana o interdiocesana e il parroco è tenuto a rivolgersi ad essa in tutti i casi in cui consideri una condizione matrimoniale troppo complessa per la sua competenza.

Pertanto alla consulenza parrocchiale si affianca la struttura diocesana che, moderata dal Vescovo, pastore della diocesi, si caratterizza per il suo essere un servizio integrato e cioè: essa copre diversi ambiti di intervento perché annovera molte persone dotate non solo di competenze giuridico-canoniche ma anche di altre competenze umane. Fanno parte della commissione in questa struttura sacerdoti, consacrati e laici esperti in vari campi. Specificamente, si può pensare a esperti come canonisti, avvocati civili, medici, psicologi, psichiatri, ecc., che collaborino nell’accompagnamento pastorale in una molteplicità di attività che conserva la sua unitarietà. Quando vi è carenza di persone competenti, più diocesi possono unirsi per costituire una struttura interdiocesana in grado di agevolare l’indagine pastorale e di renderla più accessibile.

Dunque, la peculiarità di questa struttura diocesana è quella di attuare una approfondita prassi di discernimento capace di diminuire il pericolo di superficialità e improvvisazione, così come il rischio di visioni soggettive in un aspetto della pastorale alquanto delicato. Per tal motivo si configura veramente come un servizio giuridico-pastorale specializzato di ascolto e di ricerca della verità sul vincolo che ha il suo punto di partenza dal dubbio sulla validità del matrimonio, che il fedele può avere. Tale servizio per meglio operare può avvalersi anche della stesura di un Vademecum per offrire linee generali su come organizzare il lavoro della consulenza, dell’operatività della struttura così come la prassi del lavoro di équipe, che opera sempre nel contesto della pastorale familiare diocesana.

Pertanto, questa struttura diocesana, così intesa, diventa cruciale per la preparazione della causa ed è autentica espressione di quella urgente conversione delle strutture pastorali, divenendo il modo più concreto ed efficace di collaborazione tra pastorale ordinaria e pastorale giudiziaria. Appare opportuno precisare che la messa in opera di questa struttura diocesana richiede un cambiamento di veduta da parte di tutti gli operatori, sia della pastorale che del diritto col fine di compiere un’azione pastorale di cura differenziata e di sensibilità nei confronti di tutti i fedeli, in modo specifico di quei fedeli coinvolti in un fallimento matrimoniale. In tal senso, è palese che l’IPP a livello diocesano debba essere pensata ed intesa sempre più non solo come «il primo passo che i Vescovi sono chiamati a compiere» (Tribunale apostolico della Rota Romana, Sussidio applicativo del Motu pr. Mitis Iudex Dominus Iesus, 14), ma come un nuovo orientamento che, in quanto espressione della cura pastorale del Vescovo, sia capace: 1) di compiere un servizio giuridico pastorale integrato e competente; 2) di operare in sinergia con quanti operano nella pastorale familiare e nell’ambito giudiziario; 3) di garantire un servizio di formazione per gli operatori, che dovranno compiere poi la consulenza, e di consiglio, di mediazione, di orientamento e di aiuto e sollecitudine pastorale verso le famiglie in difficoltà.

Dunque, l’IPP nella sua dimensione diocesano costituisce un servizio specializzato che è finalizzato: 1) alla conoscenza delle condizioni dei coniugi divorziati o risposati e alla situazione in cui questi vivono e chiedono un accertamento della validità del loro vincolo (cfr. art. 2 RP); 2) alla raccolta di elementi utili per un eventuale processo di nullità (cfr. artt. 2 e 4 RP); 3) alla stesura del libello, esito finale dell’indagine e primo atto formale con cui ha inizio il processo, che dovrà essere presentato al tribunale competente (cfr. art. 5 RP).

In conclusione, si comprende che l’IPP nella sua duplice modalità di azione (parrocchiale e/o diocesana) costituisce un valido strumento di prossimità e appare necessaria ed utile, in quanto può dare un grande sostegno ai coniugi/fedeli che necessitano di una particolare cura pastorale ed altresì offrire un servizio di ascolto, di mediazione e di consulenza veramente unico.

Inoltre, analogamente a quanto si verifica in un processo, anche l’IPP ha la capacità di affrontare nel presente un passato ormai lontano, di riflettere pacatamente su una realtà difficile, di ricomporre le situazioni, i fatti e le cose, di far ritornare integra una situazione che si era scomposta al fine di compiere un discernimento da cui potrebbe dipendere l’impostazione di una causa di nullità o la prosecuzione di un percorso di accompagnamento, discernimento e integrazione, qualora non si ravvisassero ragioni ed elementi utili per una nullità matrimoniale.

Infine, avendo come obiettivo finale la salvezza delle anime, sia i pastori che gli operatori della pastorale familiare e della giustizia che operano in questo ambito della consulenza pastorale e giuridica, con questo servizio di consulenza potranno apportare nei fedeli, smarriti da un amore ferito, quella pace della coscienza da intendersi non come accomodamento o compromesso con la verità, ma come ambizione sincera e viva di un sistema che pone al centro la persona, mira ad illuminare ed orientare le coscienze dei fedeli feriti da una crisi coniugale e garantisce le condizioni di un eventuale processo che possa essere giusto e più sollecito.

Emanuele Tupputi, nato nel 1978, è sacerdote dell’Arcidiocesi di Trani – Barletta – Bisceglie. Ha conseguito la licenza in Diritto Canonico (2006) e il Diploma in Giurisprudenza (2007) alla Pontifica Università Gregoriana. Nel 2019 ha conseguito il dottorato in Diritto Canonico alla Pontificia Università Urbaniana. In Diocesi è Vicario Giudiziale del Tribunale Ecclesiastico, Responsabile del Servizio Diocesano per l’accoglienza dei fedeli separati, è anche Giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Regionale Pugliese. La sua attività e i suoi studi sono rivolti all’ambito matrimoniale, sia dal punto di vista canonico che pastorale. Autore di articoli in alcune riviste scientifiche e pastorali. Ha pubblicato un testo dal titolo Vademecum per la consulenza nella fragilità matrimoniale. Una guida per canonisti, sacerdoti e operatori di pastorale familiare, edito dalla Rotas 2019.

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[1] Può essere così inteso poiché l’indagine pregiudiziale ha una finalità spirituale, a norma del can. 145, in quanto chiamata ad accompagnare con animo apostolico i fedeli separati o divorziati (cfr. art. 1 RP) ed altresì tecnica propria di un ufficio ecclesiastico stabile, a norma dei cann. 146, 148 e 156, per aiutare i fedeli feriti a conoscere le loro condizioni matrimoniali e raccogliere elementi utili per un’eventuale processo (cfr. ar. 2 RP).

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