“L’illusione della scelta. Come si manipola l’opinione pubblica in Italia” di Leonardo Morlino e Michele Sorice

Prof. Leonardo Morlino, Lei è autore con Michele Sorice del libro L’illusione della scelta. Come si manipola l’opinione pubblica in Italia edito da Luiss University Press: quale importanza rivestono, nella società attuale, i temi della manipolazione dell’opinione pubblica e del suo rapporto con i media?
L'illusione della scelta. Come si manipola l'opinione pubblica in Italia, Leonardo Morlino, Michele SoriceIl tema della formazione dell’opinione pubblica è centrale da quando esiste una politica di massa che coinvolge tutti i cittadini, ed è ancora più importante se siamo in un contesto democratico con elezioni libere, competitive, corrette, ricorrenti. Negli ultimi decenni lo è diventato ancora di più per la concomitanza di almeno due fattori: il graduale indebolimento fino alla scomparsa di ideologie che creavano stabili identità e l’evoluzione tecnologica. Il primo fattore ha reso l’opinione pubblica potenzialmente più volatile e malleabile, manipolabile. Il secondo fattore – prima con la stampa, poi la televisione, ancora con i sondaggi e internet, e infine con i social network – ha dato a professionisti di quei settori la possibilità concreta di intervenire.

Quando, quindi, ci si chiede quale sia il rapporto tra opinione pubblica e media, si intende che i secondi sono gli attori centrali nell’orientamento ed eventuale manipolazione delle diverse opinioni pubbliche che si considerano.

Qual è la differenza tra persuasione e manipolazione?
In breve, effettivamente, è opportuno distinguere tra persuasione e manipolazione, altrimenti rischieremmo di delegittimare una diffusa, ampia attività di influenza, propaganda, creazione di convinzione che non solo sono perfettamente accettabili in una democrazia, ma sono al centro dell’arena democratica.

Seguendo la letteratura sul tema, vi è persuasione quando un attore politico (un leader, un esponente riconosciuto di un partito, un attivista) riesce a orientare le convinzioni e conseguentemente il comportamento politico di un altro attore, sia un cittadino sia un gruppo, modificando le conoscenze di fatto e/o le credenze di valore per mezzo di argomentazioni aperte ed esplicite. Ci troviamo di fronte a forme di manipolazione, ovvero, anche indipendentemente da giudizi morali, a un’attività che forza l’opinione in modo surrettizio, quando un attore intenzionalmente plasma le convinzioni e la condotta di un altro attore anche modificando le conoscenze di fatto e/o le credenze di valore, nascondendo la propria azione nei confronti dell’altro attore, che rimane inconsapevole. In breve, la manipolazione è caratterizzata dall’essere un’attività nascosta ed intenzionale nei confronti di un pubblico inconsapevole.

Che rapporto esiste tra persuasione, manipolazione e costruzione del consenso elettorale?
Come si può facilmente intendere, persuasione e manipolazione si possono sovrapporre ovvero sono due attività che entrambe, anche contemporaneamente, orientano o modificano credenze e relativi comportamenti politici. In una democrazia, queste attività sono direttamente o indirettamente finalizzate a spingere per un certo comportamento elettorale, o anche a creare e mantenere sostegno per il governo, o infine creare sostegno per la o le opposizioni, che poi si sostanzierà in un voto conseguente al momento delle elezioni.

Come s’influenza l’opinione pubblica?
Come ricordato sopra, esercitare influenza sui grandi temi di cui si dovrà occupare il governo e il parlamento è un’attività lecita, oltre ad essere un elemento ineliminabile di qualsiasi democrazia. Basta pensare alla connessione con i diritti di espressione, di manifestazione del pensiero, di riunione e associazione, la libertà di stampa, e via di seguito. Proprio l’insieme delle manifestazioni di questi diritti contribuisce alla formazione dell’opinione pubblica su come votare e su quali politiche preferire. Ci sono, però, due elementi aggiuntivi nel quadro che stiamo delineando che non possono essere trascurati.

Innanzi tutto, va tenuta presente anche l’attività – perfettamente legittima – dei gruppi d’interesse che svolgono la loro azioni di lobbying rispetto alle decisioni e alle politiche che li riguardano sia direttamente nei riguardi dei i ministri, il loro entourage, i funzionari ministeriali competenti, i parlamentari che siedono nelle commissioni rilevanti per quelle decisioni, sia indirettamente verso l’opinione pubblica attraverso i diversi media affinché opinioni diffuse in una certa direzione siano favorevoli agli interessi che si vogliono favorire.

Va aggiunto, secondo, che questi mesi di pandemia hanno anche evidenziato certi limiti costitutivi, strutturali alla possibilità di orientare e influenzare l’opinione pubblica. Infatti, siamo in un periodo in cui la protezione della salute e la protezione economica delle persone sono in primo piano. Rispetto a questo, e quando abbiamo il riscontro immediato e oggettivo, anche attraverso i media, della persistenza ovvero del superamento/inizio di soluzione dei problemi sulla salute ed economici (tutti i giorni ci sono i bollettini di nuovi contagi, ricoveri e decessi, riportati da tutti i tg e spesso e direttamente si sente l’impatto della crisi economica sui gruppi sociali che hanno lavori in aziende private), l’opinione pubblica può essere relativamente influenzata. I cittadini tendono di più a farsi una propria opinione autonoma, a giudicare da soli. I dati delle elezioni nazionali e locali tenute in Europa in questi mesi confermano questo punto.

Quale ruolo svolgono a riguardo alle nuove tecnologie?
Hanno svolto, svolgono e svolgeranno un ruolo decisivo, come in tutti gli altri ambiti delle attività umane. Questo aspetto può essere capito meglio vedendolo in una prospettiva storica più precisamente focalizzata. In realtà, stiamo parlando di come nell’ambito della comunicazione politica le innovazioni tecnologiche hanno cambiato modalità, contenuti ed efficacia della rappresentanza, cioè del meccanismo chiave di qualsiasi democrazia. Pensiamo, quindi, prima di tutto a come la stampa, a cominciare dai giornali, abbiano cambiato la propaganda politica e anche reso possibile creare le fake news, che possono cambiare completamente il comportamento politico dei cittadini. Poi, è venuta la televisione con il famoso dibattito Kennedy-Nixon durante la campagna presidenziale americana nel settembre 1960. Da allora in poi, prima negli USA e poi in tutte le altre democrazie nel mondo non si è più potuto fare politica senza tenere conto della televisione. Per l’Italia basta pensare alle profonde innovazioni politiche e al conseguente successo di Berlusconi, che univa un uso sapiente del mezzo televisivo a una modalità altrettanto accorta dell’uso dei sondaggi, anche esso risultato delle innovazioni dell’ingegneria elettronica e dei nuovi computer. Le ultime e più rilevanti innovazioni che hanno fatto parlare di politica digitale sono avvenute in questi anni con internet, i blog, i podcast, i webinar, e tutti i diversi social network, a cominciare da Facebook. Si può ricordare, ad esempio, come finché ha potuto Trump parlava quasi solo attraverso i suoi tweets.

A questo proposito, vi sono due aspetti che vanno capiti e sottolineati che spingono in una stessa direzione. Da una parte, i diversi mezzi di comunicazione non si escludono a vicenda. Al contrario, sono dei vasi comunicanti, pur con qualche limite. Ovvero, ad esempio, i tweets sono riportati nei notiziari televisivi e ripresi dai giornali e il contrario. Dall’altra, questo moltiplica il numero degli attori che di fatto vengono coinvolti nell’arena politica. Non abbiamo più i partiti o i gruppi di pressione o i movimenti, cioè i tre grandi attori collettivi di anni fa. L’arena politica è stata progressivamente sempre più occupata anche da leaders politici, opinion leaders, influencers, e occasionalmente diversi individui, espressione della società civile, o anche esponenti delle diverse burocrazie, pubbliche e private. Senza contare gli attori che appartengono ai livelli sovranazionali quali l’Unione europea, e ad altri soggetti internazionali, espressione di altri governi e interessi anche privati. Il risultato di entrambi i fenomeni va nella stessa direzione: una comunicazione plurale, frammentata, complessa, nella quale la manipolazione è possibile ma anche difficile e non banale, scontata.

Quali sono le forme principali della manipolazione e come sono esercitate a livello politico?
La nostra ricerca, che si è occupata di diversi modi e mezzi di comunicazione, soprattutto i più recenti, ha evidenziato l’uso soprattutto di quattro forme di manipolazione. Ma per capirle è utile partire da almeno due premesse.

La prima: l’opinione pubblica si può manipolare acquisendo la capacità di conoscere ed anticipare i comportamenti dei diversi cittadini. Infatti, con i nuovi mezzi informatici la possibilità di conoscere in dettaglio sia le abitudini di vita sia gli atteggiamenti e i sentimenti di milioni persone consente di anticipare e indirizzare quei comportamenti diventati prevedibili. La conferma empirica della validità di questo assunto è venuta ex post, quando quella conoscenza è stata utilizzata in alcune campagne elettorali e si è concretamente constatato che le conoscenze delle attese comportamentali sono la base indispensabile per realizzare un’efficace, diffusa, penetrante manipolazione dell’opinione pubblica che è in grado di assicurare il successo di un leader partitico.

La seconda riguarda gli obiettivi della manipolazione e le conseguenti relative strategie. Vi sono tre possibilità:

  1. confermare nei loro comportamenti ed atteggiamenti quelli che hanno già votato o sono stati sostenitori di un leader o partito (conferma);
  2. attivare gli incerti che in passato hanno votato e sostenuto un leader (attivazione);
  3. indurre a cambiare voto o atteggiamento politico, anche su temi specifici, quelli che sono distanti da un certo leader o partito (spostamento o conversione).

Con queste premesse, le quattro forme di manipolazione emerse dalla ricerca sono state: l’assecondamento, la polarizzazione, la saturazione e la reazione oppositiva. Se la strategia è la conferma, che fa riferimento a preesistenti adesioni e identità, il meccanismo principale atteso è l’assecondamento, che si basa sulle preferenze già consolidate da parte del pubblico, e sulla percezione di prossimità tra questo e il leader. Principalmente il disallineamento ideologico, che caratterizza le democrazie occidentali almeno dalla caduta del Muro di Berlino ad oggi, ha portato a dare la dovuta attenzione alla prossimità percepita, e sulla base di questa fare uso di strategie – molto utilizzate dai leader populisti – che mirano a suscitare una reazione di omofilia, tale per cui il pubblico percepisce il leader vicino, se non proprio parte di sé. Utilizzare la leva dell’omofilia richiede grande attenzione al linguaggio, alla retorica e alla costruzione dell’immagine dell’attore, oltre che alla ricerca di forme di interazione sempre più disintermediate: è il leader a parlare direttamente con la base ed in questo è favorito dall’uso dei social media; il partito non esiste più.

Per l’altra strategia, l’attivazione, il meccanismo centrale che si adotta sembra la polarizzazione, che esaspera le interazioni politiche per spingere il pubblico ad attivarsi per dimostrare il proprio consenso a un leader, a una policy, o anche solo a una issue. Nella nozione di polarizzazione vi sono al tempo stesso aggregazione verso poli, che inevitabilmente tendono a diventare due (bipolarizzazione), e connesso progressivo distanziamento ovvero radicalizzazione tra le posizioni diverse, e anche frammentate in talune situazioni. La polarizzazione vede i media non solo come cornici o intermediari della relazione tra leader e base, ma anche come agenti veri e propri all’interno delle dinamiche dell’opinione pubblica e del consenso. Infatti, la polarizzazione può essere un meccanismo che viene attivato sia dai partiti che dai media: nella combinazione tra questi due elementi – ovvero nel collateralismo tra media partigiani e partiti – si rintracciano forme di manipolazione del contesto e dell’agenda, così come l’emergere di isole informative.

Un meccanismo che si presta non solo all’attivazione ma anche allo spostamento, è la saturazione, che dà a ciascun cittadino e, quindi, nell’insieme all’opinione pubblica la percezione di non avere altre possibilità di scelta. La famosa espressione coniata da Margaret Thatcher negli anni Settanta, “There is no alternative”, con il conseguente acronimo TINA, è – ad esempio – applicabile alla fase della Grande Recessione dopo le decisioni prese dall’Unione Europea nel 2010-13 sulle politiche di austerity giustificate come «sacrifici inevitabili» e necessari proprio per assenza di alternative. Salvo, poi, a rimettere tutto in discussione quando vi sono state le reazioni che hanno creato un ampio spazio ai partiti neopopulisti.

Per quanto riguarda la strategia dello spostamento, a parte l’ipotesi della strumentalizzazione di un forte shock esterno, che ha acquisito nuova e potenzialmente determinante rilevanza con la pandemia iniziata nel febbraio 2020 e che può cambiare completamente la valutazione della situazione, la manipolazione che può avere maggiore successo attraverso il ricorso alle fake news è la reazione oppositiva. Il cittadino è spinto a spostare le proprie preferenze attraverso una falsa notizia che viene diffusa nell’opinione pubblica e provoca scontento e la conseguente reazione oppositiva. Così quel cittadino viene indotto ad assumere atteggiamenti e comportamenti contrari a quelli tenuti precedentemente. Se ci si riflette, è un meccanismo opposto all’assecondamento e strumentalizza l’insoddisfazione, che rimane il principale motore di cambiamento politico, in questa ipotesi indotto.

Oltre quelle evidenziate da questa ricerca, focalizzate sulla politica, esistono anche altre forme di manipolazione, e sono state studiate specie nei lavori sul nudging, la cosiddetta ‘spinta gentile’, all’interno della behavioral economics. Ad esempio, dal premio Nobel Thaler e altri psicologi cognitivi. In breve, questi studi individuano debolezze e propensioni ricorrenti del nostro comportamento – come, ad esempio, reciprocità, coerenza, autorità, simpatia, percezione della scarsità – e colgono gli errori sistematici che facciamo nei nostri ragionamenti e conseguentemente nelle scelte. Questi risultati possono essere usati per indurre una ‘spinta gentile’ ovvero indurre i cittadini a comportarsi in un certo modo coerente con politiche che i governanti vogliono realizzare.

Leonardo Morlino è Professore Emerito di Scienza Politica e Presidente dell’International Research Centre on Democracies and Democratizations (ICEDD) alla Luiss. Tra le sue pubblicazioni: Crisis on South European Democracies, con F. Raniolo (Palgrave, 2017, trad. it. 2018), Political Science, con B. Badie e D. Berg-Schlosser (Sage Publications, 2017, trad. it. 2018), Comparison. A Methodological Introduction for the Social Sciences (Barbara Budrich Publishers, 2018, trad. it. 2020), Equality, Freedom and Democracy. Europe After the Great Recession (Oxford UP, 2020, trad. it. 2021).

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