“L’età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale” di Gino Roncaglia

L'età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale, Gino RoncagliaProf. Gino Roncaglia, Lei è autore del libro L’età della frammentazione. Cultura del libro e scuola digitale edito da Laterza: quali sfide pone la sterminata quantità di risorse e contenuti disponibile online?
La prima sfida è organizzativa. La maggior parte delle risorse e dei contenuti presenti in rete è oggi granulare e frammentata, e solo in pochi casi è accompagnata dalle metainformazioni descrittive che ne permettono il reperimento, la valutazione, il riuso consapevole. La rete viene spesso paragonata a una sorta di immensa biblioteca; le biblioteche raccolgono però in genere risorse abbastanza uniformi per tipologia, catalogate in maniera standardizzata e affidabile. Gli strumenti di ricerca e scoperta (i cosiddetti discovery tools) presenti in rete sono per certi versi anche più potenti di un catalogo tradizionale, giacché permettono una ricerca full text, ma devono fare i conti con un’informazione molto più varia ed eterogenea, non solo testuale, non tutta immediatamente accessibile, e soprattutto frammentata e poco organizzata. La sfida del web semantico è legata proprio alla capacità di migliorare la descrizione dei contenuti on-line, utilizzando sistemi di categorizzazione (le cosiddette ‘ontologie’: anche la rete ha qualcosa da imparare dalla filosofia…) solidi e condivisi. Si tratta di un primo passo per superare la frammentazione e costruire una rete di risorse più strutturate e complesse.

L’età della rete è necessariamente anche l’età della frammentazione?
No, non credo. Il digitale di per sé è solo una forma di codifica, e posso usare la codifica digitale tanto per costruire oggetti granulari e frammentati, come un tweet, quanto per costruire oggetti complessi e strutturati, come un libro elettronico o un videogioco. Direi piuttosto che l’età della frammentazione corrisponde a una fase dello sviluppo del digitale e delle reti. È bene ricordare che si tratta di strumenti ancora assai giovani; nel libro propongo un’analogia, certo un po’ ardita ma che credo possa aiutare a capire la situazione. In rete abbiamo attraversato una prima fase (più o meno fra la metà degli anni ’80 e la metà degli anni ’90) che assomiglia all’età dei cacciatori-raccoglitori: tribù ancora relativamente piccole di utenti si collegavano alla rete via modem, per brevi periodi di tempo, per raccogliere in maniera abbastanza causale le (poche) informazioni disponibili e portarle sul proprio computer: potremmo dire che il pasto informativo era legato a quel che si riusciva a trovare ed era poi consumato, staccata la connessione, nella ‘caverna’ del singolo utente. Il primo web, fra la metà degli anni ’90 e l’inizio del XXI° secolo, corrisponde all’epoca dei primi insediamenti urbani e dell’agricoltura informativa: abbiamo costruito ‘siti’ che proprio come i primi insediamenti urbani erano fatti prevalentemente da edifici a bassa complessità verticale, collegati fra loro da una miriade di scale e stradine. Forse con è un caso che uno dei primi strumenti per costruire siti web personali si chiamasse Geocities. Con il web 2.0 passiamo all’artigianato e al commercio: quella in cui viviamo oggi è l’età del cosiddetto user generated content e l’informazione comincia a viaggiare: sia da sito a sito e sui social network, attraverso i feed, sia accompagnandoci nei nostri spostamenti quotidiani, attraverso smartphone e dispositivi mobili. Ma la complessità resta bassa, e la frammentazione resta alta. Non siamo ancora all’età delle cattedrali, dell’informazione verticalmente complessa e strutturata. Ma dobbiamo arrivarci, e cominciamo a muoverci in quella direzione: lo mostra l’evoluzione di strumenti come Wikipedia, che per molti versi rappresenta uno dei primi esempi di cattedrali informative.

Quali strategie e quali strumenti si possono usare per favorire la capacità di costruire e utilizzare contenuti strutturati e complessi? 
Ho già accennato al ruolo della semantica e delle ontologie descrittive, su cui lavorano progetti come linked data (non a caso, Wikipedia rappresenta anche un buon esempio di progressiva applicazione degli strumenti di organizzazione semantica delle informazioni). Credo però che ci siano anche altre strategie che possono essere utilizzate, in particolare nel campo dell’educazione e della formazione. Le nostre studentesse e i nostri studenti vivono oggi nell’età dell’artigianato e del commercio, ma sono anche la generazione che dovrà costruire le prime cattedrali informative digitali. Hanno bisogno di passare dalle competenze legate al rapido movimento orizzontale fra informazioni frammentate, cosa in cui eccellono, a quelle legate alla produzione, al reperimento, alla comprensione, alla valutazione, alla conservazione di risorse verticalmente complesse e strutturate. Per farlo, sarebbe probabilmente utile partire dalla forma-libro, che è stata in passato – e in larga parte continua a essere – la principale forma di organizzazione di contenuti complessi e strutturati. Libro e lettura rappresentano ottime palestre per la complessità, e affrontare il problema del rapporto fra forma-libro ed ecosistema digitale può aiutare a sviluppare anche in digitale competenze legate al lavoro con contenuti informativi complessi. Per questo il tema della lettura rappresenta a mio avviso un banco di prova e insieme una grande opportunità di lavoro anche per l’ecosistema digitale. Nella terza parte del libro cerco di approfondire questo tema, e di fornire alcuni suggerimenti operativi.

I libri di testo servono ancora?
Se riteniamo, come ho cercato di argomentare, che le competenze legate alla produzione e gestione di contenuti complessi rappresentino oggi un bisogno educativo e formativo fondamentale, credo ne discenda la necessità di utilizzare anche a livello di strumenti di apprendimento delle risorse strutturate e complesse e non solo risorse frammentate e granulari. Purtroppo, molto spesso le risorse digitali di apprendimento utilizzate a scuola sono invece frammentate, corrispondono a modelli di digitale debole e non di digitale forte. Usare un video di YouTube come risorsa di apprendimento va benissimo, può anzi rappresentare una preziosa occasione di approfondimento, ma solo se ho la capacità di collocarlo all’interno di un quadro di riferimento adeguato, se esistono dunque anche risorse di contesto, strutturate e curricolari, alle quali collegare le risorse più granulari e integrative. Il libro di testo rappresentava tradizionalmente una risorsa di questo tipo, ma presentava anche diverse criticità, che nel libro cerco di analizzare. Credo si debba lavorare alla costruzione di libri di testo di nuovo tipo, capaci di sfruttare anche le potenzialità del digitale, rivolti in primo luogo agli studenti e non solo ai docenti (come accade troppo spesso oggi).

Come cambierà il ruolo del libro e della lettura nella scuola di domani?
Ho già accennato a quella che secondo me è la funzione principale alla quale dovrebbero rispondere libro e lettura all’interno del contesto scolastico: rappresentare un’occasione di incontro con la complessità, sia essa argomentativa o narrativa. I libri costruiscono mondi: mondi che bisogna capire, conoscere, esplorare. Questo vale sia su carta sia in digitale; anzi, oggi molto spesso si legge su carta ma i temi, i luoghi, i personaggi del libro sono poi ‘esplorati’ e approfonditi in rete. A mio avviso importa poco se la lettura sia su carta o in digitale: l’importante è che l’eredità della forma libro non venga dimenticata, che sui libri e sui contenuti complessi e strutturati si continui a lavorare anche nella scuola del digitale e della rete. Ci sono moltissime attività possibili legate all’incontro fra forma-libro ed ecosistema digitale e nel libro ne esploro alcune, anche con riferimento a un progetto europeo legato proprio a questi temi, il progetto The Living Book (www.thelivingbook.eu). E molto, moltissimo potrebbe essere fatto rafforzando il ruolo della biblioteca scolastica, da interpretare non più solo o principalmente come ‘stanza dei libri’ ma come punto di incontro fra fonti informative diverse, tradizionali e digitali, e sede di attività trasversali sull’informazione, la documentazione, la lettura.

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