“L’errore giudiziario” a cura di Luca Lupária Donati

Prof. Luca Lupária Donati, Lei ha curato l’edizione del libro L’errore giudiziario pubblicato da Giuffrè Francis Lefebvre: quali sono l’incidenza e la portata del fenomeno dell’errore giudiziario?
L'errore giudiziario, Luca Lupária DonatiL’idea di raccogliere in un solo volume un affresco completo di tutte le implicazioni sottese al tema dell’errore nel giudizio penale nasce da una duplice constatazione. Da un lato, noi giuristi abbiamo da tempo imparato a fare i conti col fatto che le pronunce giurisdizionali, purtroppo, non sono infallibili (sono peraltro le scienze cognitive ed epistemologiche a confermarcelo). Dall’altro, l’evoluzione scientifica ci ha mostrato che ciò che era verità fattuale ieri può non esserlo più domani alla luce di maggiori conoscenze tecniche o di inedite metodologie d’analisi (basta pensare, in tal senso, alla forza dirompente che può avere il test del DNA, anche dopo decenni, come prova di innocenza).

In questa prospettiva, non desta stupore che l’innocence movement statunitense abbia svelato alla comunità internazionale impressionanti statistiche in materia di wrongful convictions e fatto conoscere casi giudiziari capaci di mettere in crisi lo stesso governo della criminal justice in uno dei Paesi simbolo della democrazia occidentale, nonché modello di riferimento per il nostro rito penale.

Con riferimento al sistema italiano, dobbiamo purtroppo constatare l’assenza di statistiche certe sul numero di errori giudiziari che – se associata alla poca attenzione dedicata allo studio del fenomeno – rende l’idea di quanto un problema così drammatico sia stato riposto troppo ai margini, e per troppo tempo.

A fronte della impossibilità di fornire numeri precisi circa gli innocenti condannati nelle aule di giustizia italiane, qualche dato utile a chiarire la portata del fenomeno si può desumere tuttavia dalle statistiche edite in materia di riparazione per l’errore giudiziario.

Dal 1991 al 31 dicembre 2019, il totale di richieste accolte è pari a 191, con una media superiore a 6 l’anno, mentre la spesa totale per lo Stato ammonta a 65.878.424,57 euro. Limitando l’analisi al solo 2019, da gennaio a dicembre gli errori giudiziari sono stati in tutto 20 (+2 rispetto all’anno precedente), a conferma di una tendenza in continuo aumento.

Questi numeri, già di per sé, preoccupanti, aumentano drammaticamente se si volge allo sguardo ad un fenomeno, purtroppo, tipicamente italiano, quello delle ingiuste detenzioni che, in una certa misura, possiamo definire come potenziali errori giudiziari, “interrotti” – da una pronuncia assolutoria ovvero da un provvedimento di archiviazione – prima della definitività della sentenza di condanna. Secondo i dati forniti da Errorigiudiziari.com, un’associazione con cui collaboro ormai da anni, soltanto nel 2019 i casi di ingiusta detenzione sono stati mille, per una spesa complessiva in indennizzi di cui è stata disposta la liquidazione pari a 44.894.510,30 euro.

Quali sono i principali fattori che possono condurre all’errore giudiziale?
Volendo trarre un insegnamento dagli errori giudiziari che si sono verificati nel nostro Paese, possiamo individuare due macrocategorie: (i) gli errori giudiziari per così dire “classici”, dovuti ad esempio a una falsa confessione, alla erronea testimonianza oculare ovvero – fenomeno tipicamente italiano negli anni ’70-’90 – alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia; (ii) le nuove forme di errore da ricollegare ad un uso non corretto della prova scientifica.

La scientific evidence, infatti, oltre a rappresentare uno strumento utile per individuare wrongful conviction passate, rappresenta purtroppo anche una possibile causa dell’errore giudiziario. Si pensi, ad esempio, al DNA non adeguatamente repertato o conservato, ovvero a quelle discipline che si basano sulla c.d. “comparison” – ossia un’azione umana (per sua natura soggetta a potenziali errori) spesso meramente visiva – come la comparazione tra due impronte digitali, tra due bossoli di proiettile, tra un segno di morso lasciato sulla pelle e un’impronta dentale. È proprio dietro queste discipline forensi che si nascondono le maggiori insidie, perché le prove che da esse derivano (il c.d. “match” tra impronta del morso e calco dentale, ad esempio) presentano un elevato valore di convincimento per il giudice, tanto da essere considerate quasi alla stregua di “prove perfette”.

In quali fasi del rito penale si manifestano principalmente le dinamiche di wrongful conviction?
L’esperienza insegna che alcuni gangli del procedimento penale rappresentano terreno fertile per la proliferazione di errori giudiziari. La mente corre anzitutto alle indagini preliminari. L’idea del legislatore è che in questa fase l’errore non abbia un’incidenza significativa, confidando nel fatto che il processo vero e proprio risolverà eventuali carenze della fase precedente. In realtà, un errore nella fase iniziale del procedimento penale ben può trascinarsi fino a diventare una wrongful conviction. Pensiamo, ad esempio, ad una parola intercettata e trascritta male in un “brogliaccio” che magari, nell’interpretazione degli inquirenti, diventa elemento decisivo a sostegno della colpevolezza del sospettato, al punto tale da indurli ad abbandonare qualsivoglia pista alternativa e a concentrarsi esclusivamente sul soggetto sbagliato. Può succedere che ci si trascini un simile errore per tutto il procedimento penale, sino ad arrivare alla condanna di un innocente. È quanto accaduto ad Angelo Massaro, che ha scontato 21 anni in carcere per colpa di una parola in dialetto pugliese intercettata, trascritta ed interpretata erroneamente.

Il presupposto dell’errore giudiziario può annidarsi, altresì, nella fase dibattimentale: basti pensare a eventuali omissioni o trascuratezze nell’ammissione delle prove – le quali, laddove non successivamente “corrette”, possono pregiudicare gli esiti del processo – oltre alle ipotesi di falsa testimonianza o di impiego scorretto della scienza nell’ambito di una perizia.

Da ultimo, occorre evidenziare lo stretto rapporto tra riti negoziali premiali ed errori giudiziari. Difatti, simili deviazioni dall’iter ordinario si fondano sul presupposto che gli accusati possano scegliere di essere giudicati attraverso un rito penale retto da standard cognitivi e da salvaguardie inferiori rispetto a quelli considerati ottimali, aumentando così, inevitabilmente, la probabilità della commissione di errori giudiziari.

Quali rimedi impugnatori prevede il nostro ordinamento?
La revisione è il principale strumento di risoluzione dell’errore giudiziario, qualora quest’ultimo sia cristallizzato in una sentenza definitiva. Si tratta di un rimedio diretto ad assicurare un nuovo giudizio in casi eccezionali, legati alla sopravvenienza di elementi cognitivi tali da rendere necessario sacrificare il rigore delle forme alle esigenze insopprimibili della verità. È bene evidenziare che l’istituto ha conosciuto una notevole dilatazione per opera della giurisprudenza: può richiamarsi la progressiva estensione dell’ambito operativo del concetto di nuova prova o la “nuova” ipotesi di revisione europea, frutto di una sentenza additiva della Corte costituzionale, la quale ha previsto la riapertura del processo quando ciò sia necessario per conformarsi a una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo.

Accanto alla “tradizionale” ipotesi della revisione, però, si è assistito in tempi recenti a una moltiplicazione di rimedi straordinari, come la rescissione del giudicato o il ricorso straordinario per errore di fatto. Il che, possiamo dire, certifica una progressiva – anche se a mio parere ancora troppo lenta – presa di coscienza del sistema circa i propri limiti e la correlativa necessità di lottare contro quel “rovescio oscuro” del fenomeno processuale rappresentato dall’errore.

Quali strumenti riparatori sono previsti per le vittime di miscarriage of justice?
È alquanto significativo che già la Carta costituzionale prenda sul serio l’evenienza della condanna ingiusta, prevedendo all’articolo 24 la riparazione degli errori giudiziari quale memento dell’esistenza di un fenomeno tutt’altro che inconsueto. Sulla scia della norma fondamentale, il legislatore ha approntato un omonimo istituto quale rimedio post iudicatum per alleviare le conseguenze della condanna ingiusta. La reazione dell’ordinamento all’ingiusta compressione dei fondamentali diritti alla dignità e alla libertà personale consiste, in particolare, nell’assegnare a chi è stato prosciolto in sede di revisione, se non ha dato causa per dolo o colpa grave all’errore giudiziario, una riparazione commisurata alla durata dell’eventuale espiazione della pena o internamento e alle conseguenze personali e familiari derivanti dalla condanna.

Quali sono le best practices a disposizione dei giuristi per mitigare il rischio di incorrere in errori?
Il miglior metodo di approccio al tema non può che essere quello dello studio e dell’analisi degli errori giudiziari già accertati: una sezione del libro L’errore giudiziario, infatti, è dedicata alla casistica delle wrongful convictions, per individuarne le cause ed evidenziare la ricorrenza di errori analoghi, al fine di porvi rimedio.

Lo studio della genesi degli errori giudiziari nelle varie fasi del procedimento penale – può sembrare banale ma in realtà non lo è – può letteralmente salvare la vita a un innocente. E’ fondamentale approcciarsi ad una vicenda giudiziaria avendo bene a mente cosa potrebbe andare storto, cosa potrebbe non trapelare dai primi indizi investigativi raccolti, cosa dovrebbe essere valutato con più attenzione, affinché non vengano ripetuti tragici errori già occorsi in passato, in analoghe vicende. È per questo che il Volume – così come in generale l’attività dell’Italy Innocence Project, che ho fondato sette anni fa e di cui sono direttore – si rivolge non solo agli attuali operatori del settore ma anche, anzi soprattutto, ai giuristi del futuro, affinché imparino ad affrontare un caso con mente, per dirla all’americana, “skeptical”.

Luca Lupária Donati è Professore Ordinario di Procedura penale e Diritto penitenziario nell’Università degli Studi Roma TreVisiting Professor in Facoltà europee e americane, è autore di opere monografiche e di oltre centocinquanta pubblicazioni scientifiche in Italia e all’estero. Ha curato numerosi volumi collettanei, anche a carattere internazionale, e coordinato ricerche finanziate dalla UE. Direttore di tre collane editoriali, è componente di comitati esecutivi di riviste nazionali e straniere, nonché vice-direttore di “Sistema penale”. È Direttore scientifico del Festival della Giustizia penale. Presidente dell’European Innocence Network, è fondatore dell’Italy Innocence Project e responsabile della omonima clinica legale.

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