“L’economia pubblica di Atene. Stato, finanze e società nel IV secolo a.C.” di Eleonora Pischedda

Dott.ssa Eleonora Pischedda, Lei è autrice del libro L’economia pubblica di Atene. Stato, finanze e società nel IV secolo a.C. edito da Carocci: quali difficoltà si riscontrano quando si tratta dell’economia del mondo antico?
L'economia pubblica di Atene. Stato, finanze e società nel IV secolo a.C., Eleonora PischeddaLa prima difficoltà è sicuramente quella rappresentata dalla scarsità di fonti. Non solo le testimonianze scritte sono poche, ma spesso mancano di obiettività (si pensi alle orazioni di Demostene) e in molti casi tendono ad omettere informazioni, considerate scontate per i contemporanei, ma fondamentali per noi. Esiste poi sempre il rischio di inquinare il mondo antico con categorie che non gli appartengono: riempire le lacune con ciò che ci è più familiare è una tentazione comune a molti, un processo quasi inconscio.

Per i contemporanei è difficile concepire un’amministrazione finanziaria senza numeri e calcoli al dettaglio. Nel libro, prendendo in prestito una nota espressione di Ernst Bloch, parlo di “eccedenza culturale”. E qui nasce il secondo problema: capire se siamo davvero in grado di indagare il passato senza inquinarlo con le nostre categorie anacronistiche, attribuendo all’economia antica idee e concetti che sono propri invece del nostro mondo.

Quale cambiamento culturale accompagnò l’amministrazione finanziaria di Atene dalla fine della Guerra del Peloponneso alla battaglia di Cheronea?
Rispondere a questa domanda in poche righe non è un’impresa semplice. La prima parola che mi viene in mente è “professionalizzazione”. In diverse orazioni e opere del periodo si insiste sulla necessità di affidare l’amministrazione dello stato a persone non solo fidate, ma esperte, qualcuno dotato della giusta preparazione ed esperienza. Alcune cariche iniziarono ad essere nominate attraverso un’elezione per alzata di mano, con la possibilità per i magistrati di essere rieletti.

Anche in ambito legislativo assistiamo a una profonda riforma e riorganizzazione. Alla fine del V secolo fu nominato un collegio di cittadini, chiamati nomoteti, con il compito di rivedere tutte le leggi e decreti della città. Molti di questi erano infatti in conflitto tra di loro e non mancavano casi di leggi divergenti l’una con l’altra. Alla democrazia radicale si decise di opporre l’oggettività della norma, quando possibile.

Il IV secolo poi, raccogliendo in parte l’eredità del V, diede vita a un nuovo tipo di letteratura, si potrebbe quasi parlare di manualistica. In questo periodo diversi oratori, filosofi e scrittori iniziarono a produrre opuscoli e discorsi di carattere più tecnico, soprattutto in ambito militare e economico. Per quanto riguarda quest’ultimo settore, possiamo dire che si trattò di guide finalizzate all’apprendimento di conoscenze precise circa le entrate della città, gli approvvigionamenti, l’ambito legislativo e amministrativo. Questi scritti non erano però dei veri e propri manuali generali, essi tendevano piuttosto a fornire delle soluzioni mirate a problemi particolari.

In generale cambia l’approccio alla gestione del pubblico, in parte persino la stessa idea di democrazia e quindi della distribuzione del potere.

Quali erano le principali entrate e le spese della polis e come avveniva, al suo interno, la gestione delle finanze?
L’Atene del IV del secolo era una polis profondamente diversa rispetto a quella del V. Quando si parla di IV secolo si usa spesso il termine “crisi”, ma è necessario fare le dovute precisazioni. Dopo la guerra del Peloponneso, Atene era divisa al suo interno tra quanti avrebbero voluto ricreare l’impero e riconquistare una posizione egemonica all’interno del mondo greco, e coloro che desideravano la pace per potersi dedicare alle proprie attività. All’instabilità sociale si aggiunse anche quella economica. Se da una parte, gli artigiani, i commercianti, i banchieri e persino gli agricoltori si resero protagonisti di una ripresa che ebbe dell’incredibile, la città, al contrario, rimase per anni sospesa tra un precario equilibrio e il collasso. Le entrate pubbliche erano diminuite radicalmente. Atene aveva perso l’impero e con esso gli introiti derivanti dalla lega delio-attica; non le era consentito tassare i cittadini con delle imposte dirette ordinarie e i meteci, sui quali gravava una tassa diretta in quanto stranieri residenti, erano notevolmente diminuiti. Questi sono solo alcuni esempi.

Alla fine del V secolo ci troviamo quindi di fronte ad una polis divisa al suo interno, svuotata degli elementi più dinamici della sua economia e con le casse pubbliche quasi vuote.

Non ci stupisce quindi che già nei primi anni del IV secolo, una delle principali conseguenze della perdita dell’impero fu quella di portare l’attenzione sulle questioni finanziarie, specie in relazione alle spese militari che Atene non cessò mai di sostenere. Tale atteggiamento venne ulteriormente rafforzato qualche decennio dopo dall’emergere della figura di Filippo II di Macedonia, contestualmente al crollo della II lega navale, avvenuto intorno alla metà degli anni cinquanta del secolo. In questo nuovo contesto prese forma un’ampia riforma del settore amministrativo legato alla gestione delle entrate e delle uscite.

L’amministrazione finanziaria pubblica del V secolo si era basata su un unico tesoro pubblico centrale strettamente controllato dall’assemblea. Ogni spesa veniva autorizzata singolarmente dall’Assemblea, anche se esisteva un certo numero di autorizzazioni permanenti o semi-permanenti, come per esempio la paga per i giudici.

Nel IV secolo non c’era più un tesoro centrale e gli ufficiali pubblici avevano il compito di distribuire i fondi alle diverse autorità in base a uno schema stabilito per legge. Sulla base delle entrate dell’anno precedente la polis decretava il budget annuale di ogni singola cassa pubblica, tale somma poteva essere gestita con una certa libertà decisionale dal singolo magistrato. Qualsiasi eccedenza e surplus era poi destinato alla cassa per gli spettacoli in tempo di pace e a quella militare in tempo di guerra.

La riforma velocizzava i pagamenti e le valutazioni delle spese ma, allo stesso tempo, coinvolgeva un numero molto alto di funzionari, rendendo quindi le operazioni di controllo sempre più complicate. In questo periodo Atene poteva contare su un numero altissimo di ufficiali impegnati nell’amministrazione dello Stato: nel IV secolo le cariche finanziarie e amministrative comprendevano più o meno 91 funzionari. Per cercare di arginare il fenomeno inevitabile dell’appropriazione indebita di denaro pubblico i magistrati erano tenuti a consegnare ad ogni pritania (durante la nona si concentravano la maggior parte delle entrate) un resoconto parziale delle spese e uno complessivo alla fine del mandato.

Le entrate sulle quali la città poteva contare erano tante, probabilmente noi ne conosciamo soltanto una parte. Nel libro sono state divise tra entrate ordinarie e straordinarie. Delle prime facevano parte le imposte dirette e indirette, le entrate patrimoniali (ovvero tutte le entrate derivanti dallo sfruttamento di proprietà pubbliche, come le miniere di argento), le cauzioni, le ammende, le tasse cultuali, i proventi delle vendite dei beni confiscati. Tra quelle straordinarie possiamo annoverare i contribuiti della seconda lega navale ateniese, i bottini, le donazioni volontarie dei cittadini e stranieri, l’eisphora (una imposta straordinaria sul patrimonio). Non dimentichiamoci poi di tutte le liturgie militari, civili e religiose.

Eleonora Pischedda è ricercatrice in Storia Greca presso il Dipartimento di Filologia e critica delle letterature antiche e moderne dell’Università di Siena. Si occupa di economia, diritto e antropologia della Grecia classica, con particolare attenzione all’Atene del IV secolo a.C. Tra le ultime pubblicazioni “L’eccedenza di bilancio nell’Atene del IV secolo. Il caso di Apollodoro”, in Historika X, 2022, pp. 85-98; “Il valore dell’educazione e l’amministrazione pubblica nell’Atene del IV secolo”, in Resisting and justifying changes: how to make the new acceptable in the ancient, medieval and early modern world – Nuova Biblioteca di Studi Classici e Orientali vol. 5, 2021, pp.325-352; “Sulla natura del nautikon. A proposito di Ps. Dem., In Polyclem (50), 17”, in Mediterraneo Antico vol. 24 (1-2), 2022, pp.155-170; Senofonte. I Poroi. Introduzione, traduzione e commento storico, ETS, Pisa, 2018.

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