“L’economia della cultura” di Françoise Benhamou

L'economia della cultura, Françoise BenhamouL’economia della cultura
di Françoise Benhamou
il Mulino

«L’economia della cultura copre un campo che continua ad ampliarsi, dall’economia dei beni culturali unici (spettacoli dal vivo, musei, patrimonio) e dalle industrie culturali (libri, dischi, cinema e giochi elettronici) fino ai media (stampa, radio, televisione). Di seguito ne analizzeremo i modelli economici e lo sviluppo nel mondo fisico e nel digitale. L’analisi prenderà in considerazione prima un mondo che non è commerciale, poi i mercati classici dove si comprano singoli prodotti, infine i beni la cui economia presenta le caratteristiche delle economie di rete: prodotti solidali, acquisti indivisibili, mercati bifronti, modelli di gratuità sostenuti dal finanziamento pubblicitario.

Tra le industrie culturali e lo spettacolo dal vivo, o i musei, i rapporti e le prossimità sono numerosi. Le entrate dello spettacolo dal vivo compensano in parte le perdite della musica incisa; in particolare, i musei vivono di risorse generate dalla vendita di prodotti derivati; la creazione artistica è la materia prima delle industrie culturali. Tuttavia, media e cultura dipendono dagli stessi gruppi industriali che oggi hanno investito, in un modo o nell’altro, nell’economia digitale.

Il digitale accentua questa convergenza ridisegnando i confini tra i supporti. Il libro digitale, oggetto ibrido, presenta nuove funzionalità: può essere arricchito dall’immagine in movimento, dal suono, dal gioco, che lo differenziano dal libro stampato e lo rendono più simile ad altri supporti. Questi cambiamenti si accompagnano alla decostruzione dei ruoli propri dei differenti attori lungo la catena del valore.

Che cosa hanno in comune allora la frequentazione dei musei e quella delle sale cinematografiche, la lettura e l’ascolto della musica? Modi analoghi di formazione della domanda, un diverso grado di frequentazione che deriva a sua volta dalle diversità delineate nel tessuto sociale e, all’altro capo della filiera, a monte della produzione di beni culturali, il lavoro di un creatore, nel cuore della formazione del valore. Proprio perché consumo e occupazione permettono talvolta di comprendere il peso dell’economia della cultura e di introdurre elementi di convergenza e schemi di analisi comuni ai diversi settori della cultura, a loro sarà dedicato il capitolo primo; vi si troveranno gli sviluppi teorici che ricollegano una parte dell’economia della cultura alla nuova microeconomia. Nei tre capitoli successivi verrà analizzata l’offerta: in primo luogo, l’offerta di spettacolo dal vivo, indubbiamente la più specifica (capitolo secondo), poi quella dell’arte, che va dal mercato dell’arte e dal confronto tra il rendimento delle operazioni di borsa e quello degli investimenti in opere d’arte, fino all’economia dei musei e del patrimonio artistico (capitolo terzo). Lo studio delle industrie culturali, come quelle dei libri, della musica, del cinema, dei videogiochi, ci porterà a constatare la polarizzazione del mercato tra piccole unità, a volte di dimensione molto ridotta, e gruppi, le cui logiche di sviluppo sono sempre più estranee al settore della cultura (capitolo quarto). Qualunque sia l’ambito, l’intervento dello Stato – molto spesso controverso e che incontreremo in tutto il libro – contribuisce a modellare l’offerta e a influenzare la domanda. Nell’ultimo capitolo ne verranno precisati i fondamenti e le prospettive.»

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