
Quali elementi caratterizzano lo stile artistico giapponese?
Gli elementi che più di altri sono considerati come peculiari dello stile artistico giapponese derivano spesso da un confronto con il panorama artistico occidentale e quindi si annoverano concetti quali la semplicità, l’asimmetria, la mancanza della prospettiva (intensa in senso occidentale), la bidimensionalità, l’uso abilissimo dell’inchiostro (suibokuga: pittura a inchiostro monocromo) o viceversa la profusione di oro e colori sgargianti piattamente campiti (pittura yamatoe e pittura del periodo Momoyama). Per quanto riguarda, invece, l’uso dei materiali (nella scultura, nell’architettura, negli oggetti) la propensione all’utilizzo di materiali naturali quali il legno, per esempio, è considerata una caratteristica peculiare dell’arcipelago nipponico.
Quale periodizzazione si adotta per l’arte giapponese?
L’arte giapponese viene suddivisa in periodi storici legati allo spostamento del potere politico o della capitale in seguito alla morte sovrano (periodi Asuka 542-645, Hakuhō 645-710, Nara 710-794, Heian (oggi Kyoto) 794-1185, Kamakura 1185-1333, Muromachi 1336-1573, Momoyama 1573-1615 e infine Tokugawa (o Edo, attuale Tokyo) 1615-1868). Un altro tipo di periodizzazione riguarda l’influsso diretto della Cina (fino al periodo Nara compreso) e la nascita, invece di una sensibilità autoctona che fa leva sull’identità nazionale, sulla creazione di una letteratura perlopiù femminile scritta in giapponese e non in cinese come, invece, erano i documenti ufficiali stilati da uomini e un’arte incentrata sulla vita di corte (periodo Heian) sui passatempi raffinati, sull’apprezzamento della natura e il mutare delle stagioni.
Quale periodo riassume i canoni della “classicità” nella storia dell’arte giapponese?
Il periodo che generalmente viene considerato come la summa dei canoni estetici della “classicità” giapponese è il periodo Heian. Interrotti i contatti diretti con il continente, fatti propri gli insegnamenti (non solo religiosi e filosofici) del buddhismo, il Giappone è pronto a esprimere una sua estetica originale che si manifesta con la ricerca, a volte esasperata, della Bellezza. La vita stessa deve diventare un’opera d’arte. Questo si manifesta su svariati piani: da quello architettonico (costruzione di residenza sontuose immerse in giardini accuratamente studiati per riprodurre fedelmente ma in forma ridotta i paesaggi grandiosi della Natura, costruzione di templi che rappresentino il Paradiso (amidista) in Terra come nel caso del Byōdōin (Padiglione della Fenice), a quello letterario (creazione intorno all’anno Mille del capolavoro della letteratura giapponese e non solo, il Genji monogatari (Racconto del principe Splendente), alle antologie poetiche del Man’yōshū (Raccolta di diecimila foglie) dell’VIII secolo seguita dal Kokinwakashū (Raccolta di poesie antiche e moderne) nel X secolo, a quello più prettamente artistico con le meravigliose illustrazioni delle scene più significative del Genji monogatari nel Genji monogatari emaki (Rotolo illustrato del Racconto del principe Splendente) in quello scultoreo con la definizione dei canoni estetici e delle proporzione delle statue di Buddha (per esempio la scultura del Buddha Amida di Jōchō nella Sala della Fenice (Hōōdō) del Byōdōin a Uji nella periferia di Kyoto). Il periodo Heian è considerato anche come la sintesi della “classicità” perché in quel periodo si posero le basi estetiche per la creazione della pittura cosiddetta “nazionale” (yamatoe) con la scelta di soggetti tratti dalla tradizione nazionale e l’impiego di tecniche pittoriche molto differenti da quelle derivate dalla pittura cinese.
Quale influenza ebbe sul Giappone l’incontro con la cultura cinese?
L’incontro con la cultura cinese (spesso per il tramite della Corea) fin dall’epoca preistorica fu di fondamentale importanza per il Giappone. Dagli specchi in metallo ritrovati nelle tombe del periodo Kofun (300-552 d.C) fino alla planimetria urbanistica di Nara modellata su quella della capitale cinese Chang’an (attuale Xian). Il VI secolo, inoltre, segnò l’inizio di strette relazioni “ufficiali” tra l’arcipelago giapponese, la Cina e i tre regni coreani di Koguryō, Paekche e Silla dimostrando una propensione, che si ripeterà nel corso dei secoli, quella, cioè, di assimilare idee e istituzioni straniere adattandole alle esigenze autoctone. Uno dei risultati più duraturi fu l’introduzione (nel VI secolo) del buddhismo dalla Cina e dalla Corea e con esso molti aspetti della cultura continentale. Dalla scrittura alla creazione di resoconti storici, fino a concetti quali l’unità dello stato sotto un unico sovrano. Il pensiero buddhista si rivelò una formidabile fonte di ispirazione artistica che, tuttavia, a sua volta, fu influenzata dall’incontro con la “religione” autoctona dello shintoismo. Le forme artistiche buddhiste giapponesi, infatti, presentano caratteristiche peculiari rispetto a qualsiasi altra espressione estetica di altre culture asiatiche. Dal punto di vista pittorico l’influsso della Cina fu evidente nella formazione di una corrente specifica denominata karae (pittura in stile cinese) che prediligeva l’uso dell’inchiostro con spesse linee di contorno e soggetti cinesi (personaggi storico-mitologici, buddhisti, paesaggi) che diede l’impulso a una delle grandi scuole pittoriche giapponesi: la scuola Kanō e più tardi (nel XVIII secolo) di un vero e proprio movimento artistico-culturale come quello detto Nanga (o bunjinga) (pittura del sud/pittura dei letterati) che si rivolgeva alla Cina come unico modello di riferimento. E ancora nel periodo Edo una vera e propria mania per il collezionismo di karamono (oggetti cinesi) come celadon, lacche, incensieri, libri, pennelli, calligrafie e dipinti a inchiostro.
Cosa ha significato la modernità per l’arte giapponese?
Quello che potremmo considerare come l’inizio del periodo moderno in Giappone coincide con la violenta transizione da una società feudale debole e decentrata nel periodo Momoyama, all’inizio di un governo maggiormente strutturato quando Tokugawa Ieyasu (nel 1603), attraverso una saggia politica di alleanze basata sulla lealtà dei signori feudali, diventa il governante effettivo della nazione. Il periodo Tokugawa prende il nome dalla famiglia di shōgun che governò ininterrottamente per duecentocinquant’anni. Il periodo è conosciuto anche come periodo Edo, dal nome della città (attuale Tokyo) che crebbe intorno al castello dei Tokugawa e finisce nel 1868 con l’abolizione del feudalesimo. Il compito del nuovo governo era quello di creare una stabilità politica attraverso una serie di misure tra cui una rigida divisione in classi sociali, la creazione di un codice etico e morale, la proibizione del libero movimento sul territorio agli stranieri e la messa al bando del cristianesimo. Il lungo periodo di pace portò notevoli benefici nonostante nell’interesse della stabilità interna i commerci con l’estero fossero limitati agli olandesi e ai cinesi attraverso il porto di Nagasaki, ai coreani via Tsushima e il commercio di Satsuma che avveniva con le isole Ryūkyū. La nascita di una nuova classe sociale, quella dei chōnin (abitanti della città) la sua vitalità e il desiderio di divertimento, oltre alla disponibilità economica, produssero un clima favorevole alla creazione dell’arte. In modo particolare in ambito pittorico con la creazione di stampe e dipinti (ukiyoe: immagini del mondo fluttuante) che rispecchiavano i desideri, le aspettative i gusti di una popolazione in rapida evoluzione. L’apertura forzata del Giappone da parte degli occidentali, nel 1868, catapultò la nazione asiatica nella “modernità”. Il confronto con l’Occidente si sviluppò soprattutto in campo tecnologico. Il Giappone riteneva che il gap tecnologico dovesse essere colmato al più presto e in modo efficace e a questo scopo furono invitati dall’Europa e dagli Stati Uniti, ingegneri, architetti e esperti in ogni campo. Si realizzano scuole, edifici militari e pubblici, edifici per le arti, istituti per la tecnologia, banche e alberghi. Dal periodo Meiji (1868-1912) si assiste a una accelerazione in tutti i settori. Si apriva una nuova era.
Quali sono le più rilevanti tendenze dell’arte giapponese contemporanea?
Il volume L’arte giapponese dalle origini all’età moderna (primo di due) si conclude con alcune considerazioni sull’arte del periodo Edo (fino al 1868). Il variegato panorama artistico fino all’epoca contemporanea è caratterizzato, a mio avviso, da una duplice tendenza: da un lato l’affermazione delle proprie radici culturali con movimenti quali il nihonga (pittura in stile giapponese), il revival dello stile rinpa (“decorativismo” in puro stile giapponese), lo shinhanga (nuove stampe xilografiche) e il sōsakuhanga (stampe creative) o la valorizzazione dell’artigianato artistico giapponese (mingei), dall’altro, un assorbimento quasi ossessivo di stilemi occidentali (soprattutto nord americani) in ambiti come il cinema, la grafica, il design. Tuttavia, la tendenza generale rimane, come sempre nel corso della storia giapponese, quella di osservare attentamente ciò che proviene da culture diverse facendolo proprio, reinterpretandolo in chiave nuova e, spesso, più stimolante.
Silvia Vesco è docente di Storia dell’arte giapponese nel Dipartimento di Studi sull’Asia e sull’Africa Mediterranea dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. Dopo un Master in Arte e Archeologia dell’Asia Orientale presso SOAS (School of Oriental and African Studies) dell’Università di Londra e un dottorato di ricerca presso l’Università degli Studi di Genova ha approfondito i suoi studi all’Università Gakushūin (Università Imperiale) di Tokyo e alla Ritsumeikan University di Kyoto. Ha vissuto e studiato a lungo in Giappone. Ha organizzato numerosi convegni internazionali e collaborato alla realizzazione di importanti mostre d’arte giapponese in prestigiose sedi in Europa e Giappone. I suoi interessi scientifici sono rivolti alle stampe e dipinti ukiyoe (immagini del “Mondo Fluttuante) che si svilupparono nel periodo Edo (1600-1868) con particolare riferimento all’opera di Katsushika Hokusai (1760-1849) e al Giapponismo. Tra le ultime pubblicazioni: La grande onda di Hokusai. Toccare il sentimento della forma (Cafoscarina, 2013 – con catalogo e DVD); Hiroshige: da Edo a Kyoto. Vedute celebri del Giappone. Il Tōkaidō tra paesaggio, teatro e leggenda: il Sōhitsu gojūsantsugi di Hiroshige e Kunisada (Marsilio, 2014); Splendori dal Giappone. Le storie del principe Genji nella tradizione Edo e nelle incisioni di Miyayama Hiroaki (CLEUP, 2014); Rethinking Nature in Japan: From Tradition to Modernity (Ca’ Foscari Japanese Studies, 2016); “Chūshingura between Innovation and Artistic Experimentation”. Bi no michi. La via della Bellezza. Esplorazioni nella cultura giapponese per i 150 anni delle relazioni diplomatiche tra Italia e Giappone (Quaderni del Polo Museale del Veneto, 2018); Spontanea maestria. Il ryakuga haya oshie di Katsushika Hokusai (Edizioni Ca’ Foscari, 2020).