
di Giancarlo Biguzzi
Paideia
«Per espugnare l’ardua cittadella dell’Apocalisse sono necessarie più rincorse e più assalti. Il primo assalto deve mirare alla comprensione del suo impianto globale e della sua trama narrativa. È la difficoltà maggiore. Se non la si risolve, la soluzione delle altre difficoltà, che si possono chiamare «di secondo grado», sarà sempre accessoria e non-risolutiva: a poco serve conoscere qualche albero se poi ci si perde nella foresta. A quella difficoltà ho dedicato un ampio studio nel 1996 i cui punti d’arrivo, che qui saranno come presupposti, sono una mezza dozzina.
Qui, dunque, in pratica si presupporrà che:
1. L’Apocalisse è articolata in due parti di diversa ampiezza (opinione maggioritaria tra gli interpreti; l’alternativa è ritenere che sia costruita a chiasmo). I capp. 1-3 (prima parte) possono essere intitolati «Il Cristo e le sette chiese d’Asia», e i capp. 4-22 (seconda parte) possono essere intitolati «Piano e intervento di Dio nella storia».
2. Con le visioni o gli antefatti che li introducono, i quattro settenari ritmano il testo di Apocalisse e dunque devono guidare il lettore e l’interprete. Il settenario dei messaggi alle sette chiese d’Asia (Apoc. 2-3) è introdotto dalla cristofania di Apoc. 1; il settenario dei sigilli aperti dall’Agnello (Apoc. 6,I-8,I) è introdotto dalla visione del Trono e del rotolo di Apoc. 4-5; il settenario delle trombe (Apoc. 8,2-11,19) non ha antefatti, mentre l’antefatto del settenario delle coppe (Apoc. 16) è il costituirsi dell’idolatria della Bestia (Apoc. 12-13[-14]).
3. I settenari di trombe e coppe scatenano i flagelli dell’ira divina sul mondo dell’idolatria dei demoni e degli idoli (settenario delle trombe, cf. 9,20-21) e dell’idolatria della Bestia (settenario delle coppe, cf. 16,9-11) per indurre i non-servi di Dio alla conversione – (è soprattutto la mancata comprensione di questi capitoli centrali che compromette la comprensione di tutto il libro).
4. Di conseguenza i settenari di trombe e coppe sono da differenziare da quello di Apoc. 6-8 perché aprire i sigilli che impediscono la lettura di un rotolo è fare opera di rivelazione, e non significa invece scatenare flagelli o catastrofi.
5. Sorprendentemente tre dei quattro settenari sono «aperti e infranti»: le rivelazioni dell’Agnello terminano in 7,11 (a metà del sesto sigillo), i flagelli delle trombe terminano in 9,21 (dopo il primo dei tre episodi della sesta tromba), e i flagelli delle coppe terminano in 16,11 (quinta coppa).
6. Giovanni ha scritto per infondere speranza in mezzo alle difficoltà più che per consolare e, soprattutto, per dare un’identità forte a comunità cristiane tentate di sincretismo e di compromesso.
La seconda incursione interpretativa in Apocalisse va dedicata alle difficoltà «di secondo grado» e questo volume si propone di intraprenderla con i suoi dodici approfondimenti. Il titolo parla di «enigmi»: sono gli enigmi che riguardano le circostanze della composizione (cf. i capitoli 1-4), il linguaggio (cf. i capitoli 5-7), e testi o dettagli particolarmente ermetici sui quali si discute da sempre (cf. i capitoli 8-12). […]
Il primo capitolo cerca preliminarmente di chiarire contro chi Giovanni scrive il suo libello, perché sapere chi sono i destinatari significa sapere come leggere il libro: la scelta è da fare tra interpretazione antiromana e interpretazione antigiudaica di Apocalisse. Il secondo capitolo completa il primo cercando di mettere in luce qual è la geografia fisico-politica presupposta in Apoc. 13 e Apoc. 18. Il capitolo terzo illustra l’idolatria «dei demoni e degli idoli» a partire dall’ Artemision efesino e l’idolatria «della Bestia» a partire dall’attività edilizia che in epoca domizianea sconvolse la metropoli di Efeso per dotarvi di nuovi spazi il culto del sovrano. Il quarto capitolo conclude gli approfondimenti circa la composizione dell’Apocalisse occupandosi dell’autore, del suo soggiorno obbligato a Patmos e, a più largo raggio, della «persecuzione» cui qua e là Apocalisse fa riferimento.
Per i capitoli dedicati alle difficoltà del linguaggio giovanneo, il quinto capitolo tenta di inventariare e di ridurre a sistema le eccentricità sia nelle immagini che nelle narrazioni giovannee. Il sesto capitolo raccoglie in sistema, invece, e cerca di interpretare i numeri cardinali, ordinali e frazionali di Apocalisse, compreso il numero del nome della Bestia, il 666 di Apoc. 13,18. Il settimo capitolo cerca di spiegare nel quadro del carismatismo protocristiano l’interferenza di una voce sull’altra nell’ultima pagina di Apocalisse.
Quanto al terzo blocco di capitoli, infine, l’ottavo classifica e valuta le interpretazioni che nella storia sono state date della formula «All’angelo della chiesa di…» con cui iniziano i sette messaggi di Apoc. 2-3. Il nono capitolo prova a diradare il polverone esegetico sollevato nei secoli attorno alla Donna di Apoc. 12. Il decimo capitolo discute l’accusa solitamente rivolta all’Apocalisse di essere un libro di odio e di vendetta. L’undicesimo capitolo studia il difficile testo di Apoc. 17, quello in cui l’angelus interpres introduce Giovanni al «mistero» della Grande Prostituta e della Bestia che la porta. Il dodicesimo e ultimo capitolo si occupa della difficoltà storico-ideologica per eccellenza di Apocalisse, e cioè del regno millenario.»