
a cura di Davide Faoro, Camilla Campedelli, Alberto Dalla Rosa, Franco Luciani e Antonio Pistellato
Le Monnier Università
«L’Impero romano era enorme. Sorse da piccoli nuclei e crebbe nell’arco di molti secoli fino a raggiungere una grandezza tale da dominare il mondo. Roma, la città sul Tevere, ne fu il punto di partenza. L’Italia fu conquistata a più riprese, così come, a partire dal 241 a.C., lo fu il mondo che ne era al di fuori, le province. Al termine di un lungo percorso, le province compresero tutto il Mediterraneo ed estese parti d’Europa, per un Impero di circa cinque milioni di chilometri quadrati. L’Italia non diventò una provincia di Roma, ma una parte di essa. Le città e le popolazioni dell’Italia si trovarono per lungo tempo in condizione di dipendenza da Roma. All’inizio del I secolo a.C., ciononostante, furono queste stesse comunità a combattere per ottenere la cittadinanza romana, divenendo così parte integrante di Roma. Quando, con Augusto, il potere a Roma assunse una forma sostanzialmente monarchica, l’Italia fino alle Alpi costituiva, insieme alla stessa Roma, un’unità giuridica e politica unica.
Quasi tutti gli uomini liberi che vivevano in Italia erano cittadini romani. Da un punto vista giuridico e politico essi si distinguevano dalle masse dei sudditi provinciali. Cicerone in una delle sue orazioni contro Verre (Cicerone, Verrine 2, 2, 7) definì le province praedia, proprietà terriere del popolo romano, e ciò per il fatto che esse pagavano dei tributi, che venivano poi messi a disposizione di Roma e dei suoi cittadini. La conseguenza fu che già a partire dal II secolo a.C. venne introdotta l’esenzione, in linea generale, dal pagamento delle tasse per i cittadini romani, condizione che fu successivamente estesa a tutta l’Italia. Fu appunto l’immunità tributaria il simbolo di uno status speciale che si protrasse fino al tardo III secolo d.C. quando, con Diocleziano, anche l’Italia fu equiparata alle province soggette al tributo.
Roma e l’Italia, in quanto territorio proprio dei cittadini romani liberi, costituivano un’unità. Insieme formavano la res publica populi Romani, il cui nucleo urbano era Roma. A Roma, com’era stato da sempre, continuarono ad essere eletti i magistrati che, almeno in linea teorica, erano responsabili di tutta la res publica, in altre parole dell’intera Italia, che della città di Roma costituiva il territorio. Nel concreto, tuttavia, erano le innumerevoli comunità d’Italia a costituire il fulcro della vita di tutti coloro che vi risiedevano. Queste comunità erano state un tempo città indipendenti e rimasero poi ancora responsabili per i loro cittadini. Ogni cittadino libero d’Italia era infatti un cittadino romano, ma lo era anche della sua comunità d’appartenenza, fosse essa Tarantum, Neapolis, Florentia, Padua o Mediolanum. I magistrati cittadini organizzavano all’interno delle singole comunità, benché tra esse diversamente strutturate, tutto ciò che riguardava la vita delle persone che vi vivevano, almeno fino al grado a cui la res publica comune a tutti lo consentiva.
Vi erano naturalmente delle differenziazioni. Queste si manifestavano soprattutto nell’ambito della giurisdizione, poiché, in linea generale, ai magistrati cittadini responsabili del diritto, i IIviri o IIIIviri iure dicundo, furono tolti i poteri di giudizio in materia criminale, mentre fu a loro concesso di giudicare in ambito civile, sebbene in cause dall’importanza limitata; se infatti le questioni erano di una certa rilevanza, come ad esempio la concessione di un particolare diritto, o se ancora avessero superato, per vari motivi, il limite prestabilito, allora esse dovevano essere trasferite a Roma e giudicate dai magistrati della res publica, oppure da altri funzionari imperiali istituiti a partire da Augusto.
I magistrati repubblicani della res publica populi Romani non scomparirono con il principato di Augusto; continuarono a esser eletti annualmente, ma persero alcune delle loro competenze, trasferite in parte ai nuovi funzionari a cui, da Augusto in poi, furono affidati determinati compiti. Molti di questi nuovi incarichi furono assegnati a personaggi di rango senatorio, e quindi, in modo crescente, a personaggi di rango equestre, che non venivano eletti e quindi non erano membri del senato; la loro nomina veniva fatta direttamente dal principe dal quale essi dipendevano. In questo modo la struttura amministrativa si differenziò considerevolmente, cosa che si ripercosse sugli abitanti di Roma e dell’Italia.
La vita divenne in effetti un po’ più complessa, fatto che emerge anche dal numero dei funzionari statali che, differentemente dai magistrati repubblicani, avevano compiti assai più limitati. Fu così, che per l’organizzazione dei servizi pubblici nella città di Roma furono nominati dei curatores, i quali sovrintendevano a molti dei bisogni principali degli abitanti dell’Urbe. Tra essi si annoverano i curatores aquarum, deputati ad organizzare l’approvvigionamento di un bene essenziale, l’acqua. Una prassi, questa, che fu imitata anche dalle comunità cittadine al di fuori di Roma, come si evince dall’attestazione di curatores aquae locali.
La struttura amministrativa mutò in maniera piuttosto evidente; divenne più sfaccettata e più complessa, talvolta anche più attenta, sebbene, come già durante la repubblica, essa continuò a vedere la partecipazione di imprenditori privati, i publicani, ai quali furono appaltati diversi servizi pubblici. Ciò riguardò, ad esempio, l’organizzazione materiale del servizio postale e di trasporto statale, per i quali erano responsabili i magistrati municipali, che nella maggior parte dei casi, tuttavia, delegavano tale compito a privati che dovevano occuparsi dell’approvvigionamento di carri e animali da tiro. Le poche tasse che anche in Italia venivano riscosse presso i cittadini, il 5% sull’eredità e il contributo che doveva essere pagato per l’emancipazione degli schiavi, furono anch’esse a livello locale riscosse da appaltatori.
Questo processo, brevemente accennato, di diversificazione dell’amministrazione pubblica a livello statale e municipale che si originò con l’inizio del Principato, viene discusso e presentato in forma chiara in questo manuale, scritto e curato da un gruppo di giovani studiosi italiani secondo le più recenti acquisizioni scientifiche in materia.»