“Kerygma. Il Vangelo degli ultimi giorni” di Cristiano Ceresani

Dott. Cristiano Ceresani, Lei è autore del libro Kerygma. Il Vangelo degli ultimi giorni edito da Giubilei Regnani, «2.000 anni di storia riletti alla luce delle profezie bibliche», come Lei stesso l’ha descritto: cosa rivela l’esame del testo sacro?
Kerygma. Il Vangelo degli ultimi giorni, Cristiano CeresaniRivela che Cristo, come Egli stesso afferma, ci ha davvero “predetto tutto” (Mc 13,23). Le profezie del Nuovo Testamento offrono una chiave di lettura indispensabile per comprendere i principali eventi storici, ci rivelano da dove veniamo, dove siamo e dove stiamo andando. Tutti i passaggi fondamentali della storia, passata e contemporanea, possono, infatti, essere inquadrati in modo coerente nella prospettiva escatologica indicata dalla rivelazione profetica. E la storia dell’umanità non è semplicemente la risultante della somma delle libere azioni dei singoli individui, ma rappresenta piuttosto l’esito di un progressivo processo di purificazione dal male e di disvelamento della verità, nell’ambito del quale operano un insieme di forze redentrici ed un insieme di forze demoniache che trascendono i singoli individui e orientano il destino ultimo dei popoli verso un’armonia predefinita, che è l’instaurazione perfetta del Regno dei cieli. Armonia il cui misterioso centro e motore è il Dio incarnato in Cristo Gesù. L’uomo e la storia, senza la Parola di Dio e senza la figura di Cristo, non significano nulla. Nel libro, analizzando le profezie bibliche, e in particolare quelle concernenti i segni degli “ultimi giorni” che indicheranno l’imminenza della seconda Venuta di Gesù, cerco di dimostrare come dietro un tessuto di fatti storici contingenti e mutevoli esista in realtà un grandioso e sofisticato disegno di Salvezza che appartiene alla logica di Dio e che è stato elaborato fin dalla fondazione dell’universo. Kerygma cerca di sviscerare il sublime paradosso della fede cristiana, che è proprio questo: l’uomo è libero di scegliere e abbracciare il male o il bene, perché Dio rispetta la libertà umana e non incide sulla volontà dei singoli individui, ma ciò che accadrà alla fine dei tempi, quel misterioso orizzonte del “nuovo cielo” e della “nuova terra” descritto nell’Apocalisse, è stato concepito sin dalle origini della Creazione e ci è stato svelato nelle Sacre Scritture. Nel libro cerco di dimostrare come la prescienza divina, l’esito magnifico della storia della Salvezza e la libertà che connota l’agire umano non siano affatto in contraddizione e come a ben vedere quasi tutti i “segni” che nelle Scritture annunciano il Ritorno di Cristo alla fine della storia sia siano adempiuti. E non solo quelli che possono sembrare ricorrenti, come le guerre, le rivoluzioni, le carestie, le epidemie, bensì anche fatti inediti che riguardano i nostri giorni come l’esplosione demografica, il diffondersi del Vangelo in ogni angolo della terra, il deflagrare del terrorismo islamista e il moltiplicarsi delle alterazioni climatiche.

Esiste quindi un filo rosso che unisce gli eventi umani?
È esattamente la tesi del libro. Solo nel Kerygma, ossia nell’annuncio che Iesus esti Kyrios – Gesù è il Signore – troviamo il codice per decifrare tutto ciò che accade nel mondo che ci circonda. Per capire ciò che è avvenuto in passato e preconizzare ciò che potrà avvenire in futuro. Analizzando il Kerygma è, infatti, possibile scorgere nitidamente quel filo rosso che attraversa il tempo e la storia svelando il senso profondo, metastorico, di eventi che solo apparentemente sono tra loro distanti e diversi: dalla Creazione alle alterazioni climatiche, dall’infanticidio di Betlemme all’aborto legalizzato, dalle Crociate alla comparsa dell’Isis, dalle persecuzioni dei primi cristiani all’Olocausto degli ebrei d’Europa, dall’Inquisizione medioevale all’accelerazione della scienza e della tecnica del XXI secolo che ha rivoluzionato le nostre esistenze. Tutto ciò è perfettamente inquadrabile nel meraviglioso affresco escatologico delineato nei Vangeli e nell’Apocalisse di Giovanni, in cui tutti gli eventi salienti della storia si incastrano perfettamente come i tasselli di un gigantesco mosaico nel quale è possibile rinvenire le risposte a tutte le domande dell’uomo moderno. Un uomo sempre più smarrito, confuso, inquieto, proprio perché non conosce, o si rifiuta di conoscere, ciò che Dio ha rivelato nelle Scritture.

Come Lei stesso argomenta, e contrariamente alla credenza comune, l’Apocalisse non contiene presagi di sventure.
Non è esattamente così. Come ho avuto modo di affermare, con una locuzione un pizzico provocatoria, l’Apocalisse, contrariamente a ciò che si pensa, è una cosa “bella”. La parola greca da cui origina significa infatti disvelare, squarciare il velo, far emergere ciò che è nascosto nella trama caotica degli eventi storici per comprendere il presente e gettare uno sguardo sulle “cose che devono presto accadere” (Ap 1,1). E questo futuro, nonostante gli oscuri presagi del nostro presente, è davvero un futuro radioso. Tuttavia, non può essere sottaciuto il fatto che nell’Apocalisse sono descritti, attraverso una sequenza di visioni che appaiono labirintiche a chi non possiede l’intelligenza della fede, una serie di flagelli e sommovimenti cosmici che anticiperanno questo esito luminoso della storia dell’umanità. Parte di questi flagelli è già avvenuta nella storia, basti pensare da ultimo al “secolo breve” e agli orrori dell’era dei totalitarismi e delle guerre mondiali. Vi sono, invece, altri segni che a mio avviso si stanno manifestando solo nei nostri giorni. Il cambiamento climatico, e in particolare il global warming che sta iniziando a far ribollire gli oceani ed elettrizzare le potenze dei cieli, è uno di questi segni che ritengo tanto rilevante quanto trascurato nell’esegesi biblica tradizionale.

Alla luce dell’escatologia biblica, cosa dobbiamo attenderci nel futuro dell’umanità?
Sul futuro, e su cosa potrebbe accadere, è oggi in genere buona creanza tacere. Nella cultura dominante, in cui prevale la mentalità agnostica, l’intellighenzia del pianeta, filosofi, letterati, antropologi, sociologi, governanti, preferiscono tutti non fare troppi pronostici. Fanno eccezione solo alcuni futurologi, che più recentemente stanno andando assai di moda, i quali si erigono a testimoni del transumanesimo, dilettandosi a immaginare l’avvento di un mondo nuovo e perfetto, plasmato dalle magie della scienza e della tecnica, nel quale l’intelligenza artificiale, l’ingegneria genetica e le biotecnologie daranno luogo a nuova Creazione, in cui l’uomo potrà davvero accarezzare il sogno di vincere la morte e farsi “dio”. Entrambe queste visoni e questi approcci sono a mio avviso sbagliati. Perché in questo momento cruciale della storia dell’umanità non si può né essere indifferenti al suo futuro, né tantomeno limitarsi a spacciare alle masse la nuova utopia del XXI secolo, ossia il miraggio di una palingenesi tecnologica che teorizza un progresso umano a prescindere da qualsiasi orizzonte morale e trascendente. Io credo che i computer quantistici, gli algoritmi, il blockchain, le nanotecnologie, la robotica, la medicina rigenerativa e tutti i nuovi prodigi della tecnica non siano in grado, da soli, di regalarci un mondo prospero e in pace, in cui magari andremo a fare la spesa in supermercati senza più cassieri, guideremo spensierati veicoli automatizzati e vivremo felici, in salute ed eternamente giovani centinaia di anni o forse per sempre. Questi sono i sogni dei nuovi falsi profeti del dogma della tecnoscienza che iniziano ad affollare la contemporaneità. Ma sono solo sogni prometeici, che riproducono in scala la tentazione del “serpente antico” descritta nella Genesi, non considerando peraltro i danni già prodotti, non solo a livello ecologico, da un sistema che volendo esaltare soltanto l’uomo, l’individuo e le sue potenzialità, ha finito per troncare le radici di quella connessione col divino che sola è in grado di generare, sul piano cosmico, una vera civiltà dell’amore e della conoscenza.

Per rispondere infine alla sua domanda, io credo che arriveremo davvero a vincere la morte, che come ci ricorda San Paolo nella prima lettera ai Corinzi, in coerenza con l’Apocalisse, sarà “l’ultimo nemico ad essere annientato” (1 Cor. 15, 26). Ma a tale esito della storia della Salvezza, in cui vedremo un “nuovo cielo e una nuova terra” e in cui “non vi sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate” (cfr Ap 21, 1-5), non giungeremo solo grazie all’opera dell’ingegno umano, bensì a seguito di un nuovo, maestoso e glorioso irrompere del divino nella storia umana: il Ritorno di Cristo. Questa è la magnifica speranza della Rivelazione biblica, che mai come oggi è eclissata anche nel mondo cristiano. Il male e la morte, già sconfitti dalla Croce di Cristo, saranno definitivamente cancellati e in Cristo saranno “ricapitolate tutte le cose” (cfr Ef 1,10). Non sappiamo quando e come tale divino mistero si manifesterà, ma sappiamo, in base ai segni che Gesù stesso ci ha predetto, che ciò accadrà e che potrebbe riguardare anche la nostra generazione. Noi siamo tutti chiamati all’eternità in Cristo. In Kerygma provo a far riscoprire la bellezza di queste verità cristiane. Come potrebbero apparire questo nuovo cielo e questa nuova terra nel quale “Dio sarà tutto in tutti” cercherò invece di immaginarlo nel prossimo libro.

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