
Joe Biden è il secondo presidente cattolico. Già questo sarebbe sufficiente ad attirare l’attenzione sulle elezioni americane del 2020, rilevante per la storia sia politica sia religiosa degli Stati Uniti. Ma a questo fatto storico si somma una serie di altre circostanze che ne hanno fatto un’elezione straordinaria. Biden ha fatto della fede cattolica una parte centrale della campagna elettorale, senza lasciare dubbi su dove si trovino le sue radici e cosa lo sostenga. La sua retorica ha spesso attinto dalla religione: ha definito le elezioni una «battaglia per l’anima dell’America». Nel discorso di accettazione, il 7 novembre, ha citato sia la Bibbia sia l’inno liturgico (tipico dello stile liturgico della chiesa post-Vaticano II) On Eagle’s Wings, con questo motivo: «rappresenta la fede che mi sostiene e che io credo sostenga l’America. E io spero e spero di poter portare conforto e sollievo». Concludeva il discorso coinvolgendo Dio e la storia: «e adesso, insieme, su ali d’aquila, ci apprestiamo a intraprendere quell’opera a cui Dio e la storia ci hanno chiamati».
Nel 1960 la religione cattolica del primo presidente cattolico John F. Kennedy era un problema per l’establishment protestante ancora dominante; per Biden, invece, è un gruppo all’interno della sua stessa chiesa che ha un problema con il suo cattolicesimo. La posizione favorevole all’aborto legale da parte di Biden potrebbe rilanciare le “guerre della comunione” delle elezioni del 2004, quando i vescovi minacciarono di rifiutare l’Eucaristia al cattolico John Kerry a causa della posizione a favore dell’aborto legale. Ma c’è molto di più del dissenso sull’aborto” Biden deve affrontare l’opposizione religiosa che è un sottoinsieme dell’opposizione della chiesa USA contro Papa Francesco. C’è un “nuovo illiberalismo” nell’establishment cattolico conservatore: il “Make America Great Again” di Trump può essere inteso come un ripudio di Francesco. In questi anni di Trump c’è stato il tentativo di operatori politico di creare una testa di ponte di cattolici neo-nazionalisti e alleati per introdurre l’agente patogeno del trumpismo nel cuore simbolico e amministrativo del cattolicesimo, per fare di Roma la capitale parallela di un nuovo continente antieuropeo e anti-Francesco. Biden avrà a che fare anche con questo tipo di cattolicesimo neo-nazionalista.
Che cattolicesimo è quello di Joe Biden?
Da molti punti di vista, Joe Biden non incarna l’America né la chiesa cattolica del secolo XXI. Joe Biden e papa Francesco appartengono alla stessa generazione, ma il secondo presidente cattolico degli Stati Uniti rappresenta il vecchio cattolicesimo molto più del vescovo di Roma: l’era della chiesa cattolica americana, plasmata dalle scuole, gli ordini religiosi che gestivano quelle scuole con personale (uomini ma soprattutto donne) di solida formazione e a costo quasi zero; la storia dell’immigrazione cattolica dall’Europa ad alta densità in alcune aree particolari (la costa orientale, Grandi Laghi, l’upper Midwest, con i latinos concentrati solo in alcune aree del paese).
Biden ha un’idea di chiesa come “grande tenda”, il cattolicesimo come antitesi del settarismo – che è una eterna tentazione nella cultura religiosa negli USA. La fede di Biden non è intellettuale ma non è anti-intellettuale; è una fede popolare con sfumature di cultura pop, più Lady Gaga e Bruce Springsteen che Jacques Maritain e Thomas Merton. Sebbene la sua vita sia stata segnata da lutti gravi, non è un cattolico funereo; ma la sua esperienza di perdita di membri della famiglia più giovani di lui (moglie e figlia appena nata nel 1972; il figlio Beau nel 2015) gli dà una sensibilità speciale nell’offrire conforto e empatia con le persone in lutto. Biden ha fatto della sua fede una parte centrale della campagna, punteggiando i suoi discorsi con riferimenti alla fede cattolica, citando l’enciclica di Papa Francesco Fratelli Tutti e la preghiera di San Francesco. La presidenza Biden suscita non solo aspettative politiche ma anche in certo modo religiose. La fede di Biden è credibile perché è più vissuta di quanto proclamata. Questo lo rende culturalmente compatibile con molti americani che potrebbero essere più conservatori ma non necessariamente di destra.
In che modo la sua fede cattolica influirà sull’operato del 46° presidente USA e nelle relazioni tra Washington e il Vaticano?
Lo stesso Papa Francesco ha chiamato Biden per congratularsi con lui, subito dopo l’elezione, per discutere aree di potenziale cooperazione, ma è un rapporto diretto che ha tagliato fuori i vescovi americani. L’accoglienza della Conferenza episcopale degli Stati Uniti è molto più fredda. I segnali inviati dalla USCCB al nuovo presidente, un membro regolarmente praticante del loro gregge, sono chiaramente ostili. Tra queste c’è stata la decisione di creare una commissione incaricata di esaminare il problema rappresentato da un cattolico democratico alla Casa Bianca. Eppure quella stessa conferenza episcopale non è mai riuscita a trovare la voce per parlare dei tentativi di Trump di ribaltare il risultato elettorale attraverso manovre incostituzionali.
Biden è il primo presidente cattolico nella storia americana ad esprimere pubblicamente la propria anima religiosa: non vagamente religiosa, ma cristiana; ecumenica, ma cattolica; in maniera testimoniale, militante ma non bellicosa. Anche per questo rifiuto di fare del cattolicesimo un argomento da retorica “culture war”, il presidente eletto non ha potuto beneficiare di nessun effetto “luna di miele” con la chiesa istituzionale dopo il 3 novembre. L’elezione alla Casa Bianca non ha sopito le tensioni tra Biden e i vescovi, come anche quelle interne all’episcopato. Il papa e gli organi ufficiali del Vaticano accettavano il risultato dell’elezione come fatto compiuto. Ma negli Stati Uniti la conferenza episcopale ha lanciato segnali ostili con la decisione di creare una commissione speciale per gestire la presidenza di un cattolico le cui posizioni politiche si differenziano da quelle del magistero su questioni tipiche della generazione di Biden (aborto) come anche su questioni tipiche del secolo XXI (matrimonio omosessuale, diritti LGBT, libertà religiosi).
Qual è la situazione del mondo cattolico statunitense?
La chiesa cattolica USA è diventata la più grande chiesa del paese, a causa dell’indebolimento delle chiese protestanti storiche e delle molte scissioni all’interno del mondo neoprotestante americano. Ma quella cattolica è anche molto divisa, come mai prima. È una divisione non solo nei comportamenti elettorali (50% circa per i democratici e 50% per i repubblicani), ma anche nelle culture teologiche: lo spettro delle diverse visioni di chiesa, liturgia, spiritualità è molto ampio tra diverse generazioni, orientamenti politici, e anche tra diverse zone del paese. È una chiesa in via cambiamento, in cui i cattolici latinos (di provenienza o radici latinoamericane) sono la maggioranza rispetto alla vecchia maggioranza di cattolici di radici europee. Ma è anche una chiesa istituzionale in declino: il clero, le scuole e università sono sempre di meno e sempre più in difficoltà a reggere le sfide del calo demografico da un lato e della disaffezione dei cattolici dall’altro. Ma è una chiesa comunque ancora più vitale delle chiese in Europa.
Quali sono i temi più dibattuti nella comunità ecclesiale americana?
Sono da sempre non questioni teologiche o dottrinali, ma sociali e politiche: la prima questione rimane quella dell’aborto (anche perché la legislazione americana è una delle più liberali del mondo), poi ci sono quelle della giustizia sociale (diritto all’assistenza sanitaria, tutela dell’ambiente, etc.). Ma sono diventate divisive anche questioni su cui c’è maggiore consenso tra i cattolici di altri continenti: ruolo dello stato e del governo, livello della tassazione e modelli di capitalismo. Negli ultimi anni la questione della giustizia razziale è emersa come la più tipica. Quella cattolica negli USA è una chiesa in cui il clero è stato sempre molto papista, ma con papa Francesco le cose sono cambiate. Dal 2013 in poi tra i vescovi e il clero americano ci sono importanti sacche di resistenza aperta e radicale contro papa, giudicato troppo progressista e terzomondista.
Quale futuro per il cattolicesimo negli Stati Uniti?
La sfida per Biden non è totalmente diversa da quella dei vescovi e dei leader della chiesa: come dare voce a una chiesa in cui le diverse componenti sociali ed etniche faticano a trovare rappresentanza nelle stanze del potere politico, ma anche intellettuale. Quella cattolica americana è una chiesa che ben presto sarà a maggioranza latinos, ovvero di cattolici di provenienza latino-americana e non europea: ma oggi non lo si direbbe, a guardare ai power-brokers della chiesa negli Stati Uniti. L’appoggio di parte dei vescovi a Trump viene anche dalle ansietà dei vertici della chiesa di fronte a un futuro molto incerto.
Massimo Faggioli è professore ordinario di Teologia storica nel Dipartimento di Teologia e Scienze religiose della Villanova University (Philadelphia). Collabora con varie riviste italiane tra cui «Jesus», «il Mulino», «Huffington Post» e «Il Regno». I suoi libri e articoli sono stati tradotti in più di dieci lingue; tra le pubblicazioni in italiano: Breve storia dei movimenti cattolici (Carocci, 2008); Vera riforma. Liturgia ed ecclesiologia nel Vaticano II (EDB, 2013); Cattolicesimo, nazionalismo, cosmopolitismo. Chiesa, società e politica dal Vaticano II a papa Francesco (Armando, 2018).