
di Mario Capasso
il Mulino
«La papirologia è la scienza che sostanzialmente decifra e studia i testi greci e latini pervenuti su papiro, su legno, su frammenti di ceramica e, in senso più lato, su pergamena. Tale definizione è grosso modo quella data nel 1935 da una grande papirologa italiana, Medea Norsa (1877-1952), che con passione ed impegno esemplari ne coltivò i molteplici aspetti. Essa ricalca quella data da un altro grandissimo papirologo, A.S. Hunt, per il quale la papirologia è «la scienza o Io studio dei papiri».
Il pregio di questa definizione – alla quale oggi più di uno studioso fa riferimento – è duplice. Da un lato essa riesce a comprendere per così dire le due anime della disciplina, quella legata alla decifrazione ed all’interpretazione dei testi documentari (vale a dire i testi, talora anche di minima estensione, variamente connessi con le molteplici esigenze della vita quotidiana o appartenenti all’ambito amministrativo e giuridico), che tra quelli conservati su papiro sono la stragrande maggioranza, e quella che invece si occupa della decifrazione e dello studio dei testi letterari (vale a dire i testi di natura dotta, aventi valore o intento artistico), il cui numero è di gran lunga inferiore.Dall’altro lato essa tiene necessariamente conto della considerevole mole di papiri, pergamene, ostraka e tavolette lignee, che contengono testi documentari e letterari in greco e in latino e sono stati rinvenuti fuori dall’Egitto, in Occidente e in Oriente: si tratta ormai di diverse migliaia di testi (ma il numero si accresce continuamente grazie a nuovi rinvenimenti), il cui studio è variamente connesso con i testi greci e latini di provenienza egiziana e che insieme con essi contribuiscono, tra l’altro, alla storia della società, dell’economia e della cultura dell’impero romano.
Quanto al rapporto tra i due ambiti di indagine della papirologia (quello documentario e quello letterario) è bene non tenerli separati: un papirologo deve essere in grado di cimentarsi tanto con un testo documentario quanto con uno letterario; questo, perché l’uno e l’altro richiedono delle competenze che, per quanto specifiche, sono comunque strettamente connesse ed il possederle nel loro complesso certamente mette lo studioso in condizione di svolgere al meglio il proprio lavoro. La stessa disciplina che comunemente chiamiamo, per comodità, papirologia ercolanese in realtà non deve essere considerata una branca autonoma della papirologia: essa, come vedremo più avanti, studia i rotoli ercolanesi, che, essendo carbonizzati e generalmente in cattive condizioni di conservazione, richiedono esperienza e competenze particolari; tuttavia anche nel difficile lavoro di decifrazione ed interpretazione di questi volumi si rivela fondamentale la familiarità con testi, documentari o letterari che siano, di altra provenienza.
Va detto, comunque, che, per sua stessa natura, la papirologia è, nella pratica, lavoro di decifrazione di testi documentari provenienti dall’Egitto, questo perché i testi di cui essa si occupa sono in larghissima parte documentari e sono stati recuperati per lo più in Egitto. Appare tuttavia eccessiva la convinzione espressa da Orsolina Montevecchi nel suo fortunato e ben noto manuale La Papirologia, apparso la prima volta nel 1973 ed in seconda edizione nel 1988, secondo la quale «la Papirologia esisterebbe come scienza anche senza i papiri letterari, ma non esisterebbe, come tale, se vi fossero solo i papiri letterari». Dico eccessiva, perché i circa 10.000 testi letterari greci e latini (su papiro, pergamena ed ostraka), di cui siamo oggi in possesso, da soli richiederebbero per la loro decifrazione ed il loro studio delle competenze specifiche, che il filologo classico potrebbe non possedere. […]
Anche per l’ambito geografico e cronologico della disciplina può essere riscontrata qualche difformità di vedute tra gli studiosi. Quanti la connettono più o meno esclusivamente con l’Egitto, ritengono che la papirologia vada grosso modo circoscritta all’epoca della dominazione greca e romana in questo paese, vale a dire all’arco di tempo compreso tra il 332 a.C., anno in cui viene conquistato da Alessandro Magno, e il 641 d.C., quando cade nelle mani degli Arabi. Questo è sostanzialmente vero, tuttavia va osservato che i materiali greci e latini (papiri, ostraka, tavolette di legno) provenienti da altre regioni del mondo antico (sia in Oriente sia in Occidente) sono ormai tali e tanti, che può non essere più giustificato riferire l’ambito di indagine della disciplina «istituzionalmente» all’Egitto; senza contare che esistono non pochi papiri greci e latini, letterari e documentari, risalenti ad un’epoca posteriore al 641 d.C. La definizione della papirologia quale decifrazione e studio di testi greci e latini conservati su papiro evita questo tipo di incongruenze, fissando il suo arco cronologico più linearmente al periodo che va dal IV secolo a.C. (epoca alla quale risalgono, almeno fino a questo momento, i più antichi testi papiracei greci a noi pervenuti) all’XI secolo, quando ancora la cancelleria papale utilizzava normalmente il papiro (l’ultimo documento con bolla papale è datato al 1057 d.C.); e al tempo stesso estendendo il suo ambito di indagine anche al di fuori dell’Egitto.»