
Venezia è ancora oggi l’esempio imbattuto di potenza geopolitica basata completamente sull’intelligence economica. La sua forza era basata sulle capacità commerciali. La simbiosi tra le aspettative del settore pubblico e quello privato era praticamente assoluta. La Signoria rappresentò il primo sistema statale veramente geoeconomico in cui l’apparato d’intelligence, formato dalla rete consolare, diplomatica e commerciale, divenne la spina dorsale a sostegno delle capacità di raccolta, analisi ed utilizzo efficiente delle informazioni. A riprova del rapporto vitale avuto con l’economia, si deve sempre ricordare che la Serenissima incominciò a morire lentamente dal 1570 in poi, ovvero dall’anno in cui i mercanti nordici invasero il mondo con prodotti recanti il sigillo, contraffatto, di Venezia. Ad abbatterla non fu Napoleone, ma le conseguenze della concorrenza sleale.
Ed infine, l’impero britannico fu l’esempio perfetto di un sistema costruito su compagnie private di affari che usufruivano della stabilità garantita dall’esercito in giro per il mondo. La Compagnia delle Indie inglese fu lo strumento con cui Londra batte Parigi nella corsa al controllo del mondo. Carlo II, nel 1670, decretò che la Compagnia, destinata a divenire la manus longa della politica estera della Corona, poteva avere eserciti propri, amministrare la giustizia nei suoi possedimenti e battere moneta se necessario.
Oggi, in seguito al crollo del sistema bipolare, il mondo è assai meno fisso dal punto di vista delle alleanze e gli Stati sono in continua competizione tra loro per aggiudicarsi una maggiore fetta di benessere e quindi di potenza. Il benessere economico del Paese è legato alla forza geopolitica dello stesso. Pertanto molte capitali stanno perfezionando i propri sistemi di gestione delle informazioni economiche dando vita e veri e propri apparati d’intelligence in cui settore privato e pubblico collaborano. Lo Stato diviene una piattaforma di servizi che garantisce al privato maggiore competitività. Il privato collabora nella definizione della strategia nazionale e fornisce informazioni utili al decisore politico. È un rapporto di simbiosi.
In che senso l’economia internazionale costituisce l’essenza dell’interesse nazionale?
Come dicevo innanzi: il crollo dei regimi comunisti ha reso il mercato davvero globale e le alleanze militari oggigiorno non corrispondono più ad alleanze economiche. Gli interessi dei Paesi, anche se tendenzialmente amici, divergono. La guerra rimane ancora l’ultimo strumento a disposizione di uno Stato per risolvere dei contenziosi internazionali, ma il suo spazio d’utilizzo si è assai ridotto in confronto al passato. Ora gli Stati si affrontano assai di più sul terreno dello scontro economico. Ecco quindi che l’economia assurge a cuore dell’interesse nazionale. Ogni nazione deve innanzitutto difendere il proprio benessere e creare le opportunità per ampliarlo. Dalla semplice guerra economica si è passati a sistemi più raffinati in cui Stato e privati collaborano nella raccolta e nello scambio delle informazioni in modo che entrambi possano essere maggiormente competitivi, ma soprattutto possano anticipare le mosse degli avversari. I Paesi sono oggi talmente interdipendenti che un qualsiasi confronto violento, diretto, sconvolgerebbe gli equilibri planetari in maniera assai pesante. Le guerre guerreggiate sono sostituite da conflitti economici per il predominio geopolitico mondiale o regionale. L’interesse nazionale è in questa fase storica costituito in maggior parte dall’interesse al benessere economico del Paese.
Di quali metodologie si avvale l’intelligence economica?
L’intelligence economica è la raccolta e la trasformazione d’informazioni inerenti il settore economico atta ad effettuare scelte operative, che si prefiggono sia scopi attivi, che passivi. Essa è rappresentata dalle attività volte ad ottenere informazioni, dalla sorveglianza della concorrenza, dalla protezione delle informazioni strategiche, dalla capitalizzazione delle conoscenze al fine di influenzare, delineare e controllare l’ambiente economico globale. Per fare tutto ciò sia il settore privato, che quello pubblico devono utilizzare al meglio le possibilità date dal ciclo dell’intelligence, ma soprattutto devono saper gestire la guerra informativa, la guerra cibernetica e comprendere l’enorme massa d’informazioni a disposizione nei Big Data. Se una volta la guerra la vinceva lo Stato con l’arma migliore, oggi la vince lo Stato che sa raccontare la storia migliore.
Nel Suo testo, Ella dedica un capitolo ai fondi sovrani: si può parlare di colonialismo economico con riferimento alla loro attività?
Tendenzialmente no. Mi spiego. I fondi sovrani sono strumenti geoeconomici con cui gli Stati investono i surplus della propria bilancia dei pagamenti oppure i ricavi di attività d’esportazione, solitamente legate a materie prime. Gli investimenti che questi fondi – e quindi gli Stati- operano hanno caratteristiche di politica estera: desiderio di influenza geopolitica, acquisizione del know-how, indebolimento altrui, speculazione e propaganda. Tuttavia, pur essendo strumenti potenti, essi sono costantemente monitorati dalle élites politiche e pertanto molti Paesi hanno già adottato misure di protezione nei loro confronti. Qualora certi investimenti siano invisi vengono legalmente bloccati. Rivedendo la legge sulla sicurezza nazionale e gli investimenti esteri nel 2007, gli USA hanno bloccato diversi tentativi di acquisizioni potenzialmente ostili. I fondi sovrani per essere efficaci devono essere usati in maniera intelligente e strategica.
Qual è il ruolo delle monete nella geopolitica economica?
Estremamente importante. Con le monete si manipolano i mercati, economie intere, ma soprattutto oggi la quantità di moneta fittizia creata dall’economia finanziaria è talmente grande che un collasso del sistema darebbe inizio alla fine dell’impianto geopolitico globale. La finanza, creando denaro dal nulla, sta dando forma all’economia della paura e i Paesi che sanno manovrare in questo ambito sono avvantaggiati in quanto manipolano gli altri. Oggi il settore finanziario è dieci volte quello reale ed il valore delle monete si basa solamente sulla credibilità politica ed economica dei Sovrani. L’intelligence economica è parte fondamentale del sistema complesso che mantiene stabili e credibili i singoli Paesi, tuttavia, così facendo, in maniera indiretta, mantiene stabili anche le relazioni internazionali. In un certo senso fonda una nuova governance globale.
Quali sistemi d’intelligence economica esistono nel mondo?
Potremmo dire che nel mondo esistono oramai tre categorie di Paesi: quelli che hanno strutture d’intelligence economica, quelli che cercano di colmare il ritardo e quelli che non intendono dotarsene. I primi godranno a lungo delle scelte effettuate nel giusto momento storico, i secondi – tra i quali potrebbe esserci l’Italia – riusciranno a colmare parte del divario senza soccombere nel conflitto geopolitico, i terzi sono destinati ad essere sfruttati dalle prime due categorie.
Tra gli esempi più efficaci d’intelligence economica annoveriamo gli USA, la Gran Bretagna, la Germania, il Giappone, la Russia, la Cina e la Francia, che per prima negli anni Novanta del secolo passato parlò apertamente della necessità di dar vita a tale settore. Ognuno dei suddetti Paesi ha dato vita ad un modello ispirato alle proprie tradizioni politiche, economiche e culturali. Dato, appunto, che l’intelligence economica deve rispecchiare le particolarità della società da cui emana per essere davvero efficace e funzionante, è difficile parlare di un paradigma valido per tutti. Dal desiderio di analizzare in maniera comparata queste differenze, proponendo un sistema adatto per il nostro Paese, nasce il libro in oggetto.