“Insegnare il mondo antico. Contenuti e metodi per la scuola primaria” di Walter Panciera e Luca Fezzi

Prof. Walter Panciera, Lei è autore con Luca Fezzi del libro Insegnare il mondo antico. Contenuti e metodi per la scuola primaria edito da Carocci: quali sfide pone l’insegnamento della storia greca e romana nella scuola primaria?
Insegnare il mondo antico. Contenuti e metodi per la scuola primaria, Walter Panciera, Luca FezziInnanzi tutto, la collocazione dello studio delle civiltà più antiche nella scuola primaria, secondo le Indicazioni Nazionali in vigore, richiede ai docenti una conoscenza dei contenuti non superficiale, dal momento che gli allievi ritroveranno la storia antica solo con il primo biennio delle superiori. Dato che queste tematiche non sono più destinate, ormai da tempo, a essere riprese in modo più approfondito nella scuola media inferiore, dobbiamo supporre che i contenuti appresi debbano essere solidi e precisi, secondo scelte e parametri che solo un insegnante abbastanza esperto può assumere. Questo naturalmente deve avvenire all’interno dei corsi di laurea in Scienze della formazione primaria, nei quali i crediti formativi dedicati alla storia nonché alle metodologie e tecniche per il suo insegnamento sono in tutto 16, cioè soltanto 120 ore di corso in cinque anni.

In secondo luogo, l’età degli alunni è tale che non si può pensare di offrire uno spaccato della società greca e romana inanellando semplicemente date e fatti. Questo non solo perché sarebbe sbagliato in ogni caso, ma anche perché la mancanza in molti bambini di un pensiero astratto perfettamente formato richiede un approccio più pratico e l’osservazione di fenomeni tangibili. Non è facile insomma trasferire concetti ed elementi di un passato tanto lontano da noi a dei piccoli, senza scadere nell’aneddotica, nel fantastico o nella pura narrazione.

Infine, penso che la storia greca e romana, oltre ad essere essenziale per comprendere le basi stesse della civiltà europea che infine è la nostra, possa dare, proprio perché ci troviamo in Italia, un contributo molto importante sul versante della crescita del rispetto e della valorizzazione dei beni culturali. Inutile quasi ricordare quanti e di quale rilevanza per il mondo intero sono i siti, i reperti e i monumenti che il nostro paese possiede di queste antiche civiltà.

In che modo aspetti mitici, religiosi e letterari compaiono talvolta anche nella tradizione divulgativa?
Vi compaiono perché purtroppo l’editoria scolastica, e non solo, non sempre affida ad autorevoli specialisti la compilazione delle opere destinate al mercato più largo. Anzi, per quanto riguarda manuali e sussidiari per il primo ciclo di istruzione (primaria e media inferiore) troppo spesso per motivi di costo si ricorre a opere compilate a livello redazionale o alla collaborazione di persone non solo estranee all’ambito accademico, ma qualche volta addirittura inesperte nei confronti della disciplina che devono trattare.

Inoltre, dato che nella compilazione di manuali si ricorre al confronto e all’esempio di altri manuali, c’è una inveterata tendenza a ripetere formule e contenuti senza verificarne esattamente la correttezza. Ricordo l’esempio ben provato per la Storia medievale da parte del collega Vito Lorè per quanto riguarda la famosa, famigerata e inesistente ‘piramide feudale’, presente in moltissimi manuali e che veicola un’immagine totalmente falsa della società dell’epoca.

Per la Storia antica il rischio di fornire immagini fuorvianti è a mio avviso ancora più ampio, in relazione alla rarefazione delle fonti, alla frontiera a volte molto labile tra testimonianze e mito, al fatto che luoghi comuni e letture semplificate abbondano nei mass media e nei testi destinati all’infanzia. Ritengo sia molto opportuno prima di tutto fornire ai docenti una precisa coscienza delle ‘zone d’ombra’ della storia: un esempio evidente è quello della fase monarchica di Roma antica, certamente esistita ma i cui contorni sono stati tramandati attraverso una tradizione mitica che va interpretata correttamente, come ben chiarisce il nostro manuale. In secondo luogo, è bene che questo porti a offrire agli allievi una visione problematica dei fenomeni e non, come purtroppo accade, solo delle ‘verità’ assolute che molto spesso non esistono.

Quale proposta metodologica offre il Vostro volume?
Mi sembra che il punto di partenza della nostra proposta metodologica sia ben descritto nell’introduzione al volume: «mettere a confronto l’attualità, in modo quasi stratigrafico, con i suoi presupposti storici più lontani». Per fare questo abbiamo scelto quattro esempi di tematiche relative alla civiltà considerate che offrono un preciso aggancio con aspetti fisici o ideali della contemporaneità: il cibo da strada, la centuriazione, la rete stradale romana e la città greca.

I suggerimenti sono tali da stimolare nei docenti, cui ricordiamo è destinato prevalentemente questo manuale, delle attività che possano essere maggiormente comprensibili sul piano dei contenuti e anche utili per sviluppare uno sguardo di tipo genetico sulla realtà presente. Altri percorsi sono certamente possibili, ad esempio per quanto riguarda l’organizzazione degli eserciti o il concetto di tirannia, ma possono essere affrontati solo con un buon grado di competenza da parte del docente.

Inoltre, nel suo complesso la proposta metodologica prevede l’adozione di una strategia di tipo laboratoriale, secondo linee che sono state già sviluppate dalla riflessione storico-didattica degli ultimi decenni.

Come è possibile allora sviluppare, nella scuola primaria, una didattica attiva di tipo laboratoriale in relazione allo studio della storia antica?
Bisogna pensare a un metodo che seguendo le raccomandazioni del Parlamento europeo parta dalla costruzione di una o più competenze chiaramente individuate, cui naturalmente il contenuto specifico possa funzionare da base. Ciò risulta realizzabile impostando l’unità didattica come un piccolo percorso di ricerca guidata verso la scoperta del passato e come un’occasione di utilizzare strumenti diversi di lavoro, come la cartografia, il brano storiografico, l’iconografia, lo stesso sussidiario se serve.

Il ruolo dell’insegnante è nel laboratorio di storia, come in tutta la didattica attiva, quello dell’organizzatore e del facilitatore. Il ruolo assegnato all’allievo non è passivo, come nella lezione cattedratica, bensì collaborativo, nella direzione della co-costruzione del proprio sapere.

In pratica, però, il percorso laboratoriale è realizzabile solo se il docente ha ben individuato precedentemente le competenze che vuole far acquisire, il tema da affrontare e soprattutto i materiali che intende mettere in mano agli allievi e il risultato che vuole ottenere in termini di ‘prodotto’ finale. Le schede che abbiamo proposto al termine del volume vogliono proprio costituire una sorta di schema-base per la programmazione della singola unità didattica, semplice nella formulazione ma rigoroso nella sua impostazione.

In questo contesto, assume un significato preciso anche il lavoro di autovalutazione che gli allievi dovrebbero compiere. L’abitudine a prendere coscienza dei propri limiti e dei progressi compiuti e a misurare le capacità acquisite dovrebbe costituire uno degli obiettivi fondamentali di tutto il percorso educativo, non solo per la storia naturalmente.

Walter Panciera è docente di Storia moderna nell’Università degli Studi di Padova e responsabile per gli insegnamenti di Didattica della storia. È autore del manuale Didattica della storia (con A. Zannini; Mondadori Education, 2013).

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