Incantamenta latina et romanica. Scongiuri e formule magiche dei secoli V-XV” a cura di Marcello Barbato

Incantamenta latina et romanica. Scongiuri e formule magiche dei secoli V-XV, Marcello BarbatoIncantamenta latina et romanica. Scongiuri e formule magiche dei secoli V-XV
a cura di Marcello Barbato
Salerno Editrice

«Nel medioevo non esiste una distinzione rigida tra cultura popolare e cultura delle élites, sia perché le divisioni culturali non sono isomorfe a quelle sociali, sia perché esistono dei movimenti continui dal basso verso l’alto e viceversa, promossi da una quantità di mediatori culturali (giullari, predicatori, volgarizzatori, ecc.). […] Lo scongiuro appare anche nella produzione scritta medievale. Diversi scongiuri si annoverano tra i primi testi delle lingue moderne: gli incantesimi spesseggiano tra i più antichi monumenti tedeschi – le prime formule risalgono già al IX secolo –, mentre intorno al 1000 si fanno frequenti pure i testi anglosassoni. Gli incantesimi sono dunque un oggetto privilegiato della filologia germanica; ne esiste anche un’ottima antologia in italiano. Gli scongiuri romanzi non hanno goduto di altrettanto favore, sebbene figurino numerosi tra i testi più antichi. Spesso, come si spera di dimostrare, gli scongiuri romanzi sono, per grado di elaborazione formale e strutturale, più interessanti di quelli germanici. […] Più d’ogni altro genere quello degli scongiuri solleva il problema affascinante del rapporto tra la cultura medievale e il folklore moderno. […]

La magia si caratterizza frequentemente per l’uso di un linguaggio speciale e per una tendenza all’incomprensibilità. Si va dal caso estremo dell’uso di una lingua straniera, a quello di termini strani e incomprensibili (i verba ephesia degli antichi), a quello di un registro particolare. L’uso sacrale di una lingua non più (o non più perfettamente) intesa si verifica anche nelle religioni “ufficiali”. È interessante notare che anche in popoli senza scrittura esistono registri linguistici che sfumano verso l’incomprensibilità. […]

Ci sono alcuni incantesimi che non solo sono scritti, ma proprio al fatto di essere scritti devono il loro potere magico. Il termine generale impiegato nei testi latini è phylacteria (dal greco φυλάσσω ‘proteggo’); characteres allude alla presenza di segni particolari o parole incomprensibili, ligatura/ligamina al modo di portarli, assicurati al corpo; quest’ultimo tipo, se usato contrastivamente, si riferisce forse ad amuleti non testuali. A partire dal XII secolo appare attestato in latino e nelle lingue moderne il termine breve e varianti. […] La scrittura può consistere […] di parole magiche o di soli caratteri magici, e tendere quindi alla agrammaticalità o addirittura alla agrammaticità. Oppure può essere costituita da un testo preesistente: normalmente si tratta di una citazione della scrittura, ma in area romanza è documentato l’uso di altri testi a fini terapeutici. […]

Lo scongiuro […] è originariamente orale e quindi in principio estraneo alla scrittura. […] La registrazione scritta dello scongiuro avviene normalmente in forma di traccia, per usare il concetto introdotto da Petrucci ed elaborato da Stussi. Le tracce sono scritture avventizie, prodotte per esigenze di memorizzazione e non di trasmissione. Spesso – cosa che le rende particolarmente interessanti – denotano un’estraneità se non una resistenza rispetto alla cultura ufficiale. Margini di carte, fogli di guardia, coperte di libri, sono le loro sedi d’elezione. […]

Le menzioni della pratica incantatoria che si reperiscono negli autori medievali ci forniscono un percorso parallelo a quello testuale: i due percorsi si completano, si illuminano e si relativizzano a vicenda.
L’atteggiamento degli autori nei confronti di scongiuri, brevi e amuleti oscilla tra una condanna radicale e una certa tolleranza. All’inizio, il primo polo prevale decisamente. Harmening sottolinea la connotazione negativa di incantatio, incantato­res (associati a veneficium e maleficium) in autori tardo-antichi e medievali, e fornisce un ricco dossier di testimonianze. […]

Alla tendenza rigorista si oppone un’attitudine conciliante. Si sa che la Chiesa tollerava fino a un certo punto le credenze popolari e cercava di ricondurle e assorbirle nell’ortodossia. Cardini fa notare che le condanne conciliari riguardano più la divinazione, i malefici, la magia tempestaria e amorosa che non gli incantesimi terapeutici. Harmening e Skemer mettono in luce l’ambiguità degli autori nei confronti degli amuleti (condannati da Ambrogio, ammessi da Gregorio Magno). […]

Se i rimedi verbali tardoantichi sopravvivono, e vengono affiancati da altri in seguito all’acculturazione dei popoli germanici, non è tanto per una latente sopravvivenza del paganesimo ma perché risultano giustificati e garantiti dalla pratica medica. Come ha spiegato Schmitt, nella rappresentazione medievale del mondo causalità naturale e potere soprannaturale non si escludono: la malattia è un’alterazione dell’equilibrio tra gli umori, ma al tempo stesso dell’equilibrio tra microcosmo e macrocosmo. La malattia inoltre è un segno, ha un senso: può essere causata da Dio per mettere alla prova l’uomo, dal diavolo, da un uomo stesso per maleficio o malocchio. Se la malattia è vista come possessione, non sorprende il fatto che la guarigione assuma i tratti dell’esorcismo. Né l’uso di mezzi di protezione come brevi e amuleti: il verbo it. guarire, fr. guérir, ecc., originariamente vuol dire ‘proteggere’. […]

Il vincolo con la medicina non basta però a spiegare il successo dello scongiuro. Se il nostro genere testuale fosse stato coltivato solo da guaritori laici che si trasmettevano il sapere oralmente, ben poche tracce o nessuna sarebbe giunta fino a noi. Un cambiamento sociale è decisivo per la nostra storia: la figura del medicus classico viene riassorbita nell’alto Medioevo dalla Chiesa; la Regola di san Benedetto prescrive ai monaci la cura dei corpi. Al riparo dei monasteri, tra il X e il XIII secolo lo scongiuro vive così una sorta di età dell’oro. […] Tuttavia, già tra il XIII e il XIV secolo, per una serie di processi convergenti, le cose cominciano a cambiare.

Ancora nel Duecento comincia secondo Schmitt una contrazione degli scambi culturali e un irrigidimento della Chiesa. Parallelamente – in autori come Ruggero Bacone, Alberto Magno, Raimondo Lullo, Arnaldo di Villanova, Pietro d’Abano – si afferma una magia colta intesa come strumento di conoscenza dell’universo. […] Si va compiendo infine il lungo e complicato processo di istituzionalizzazione del sapere medico. Cominciano allora ad apparire scritti che si scagliano contro i medici empirici. […]

Nel 1425 Bernardino da Siena predica duramente contro gli incantesimi a Roma, facendo bruciare «tavolieri, canti, brevi» e invitando a denunciare le streghe. A Firenze (1425) e a Siena (1427) si accanisce contro «brevi» e «incanti» […] Come ricorda Ginzburg, san Bernardino era in odore di eresia per la sua adorazione del nome di Gesù: «l’umanista agostiniano Andrea Biglia, scrivendo subito dopo le prediche romane, osservò che la devozione al nome di Gesù diffusa da Bernardino implicava, non diversamente all’attività di maghi, indovini e incantatori, uno scambio sacrilego tra simbolo e realtà simboleggiata». Bernardino, aggiunge Ginzburg, «combatté maghi e incantatori sul loro stesso terreno, con armi non troppo dissimili dalle loro». Dopo Roma, Bernardino predica a Todi (1426). Proprio a Todi viene arsa per stregoneria nel 1428 Matteuccia di Francesco. «È probabile che le prediche di Bernardino suggerissero ai giudici il contenuto delle domande da porre ai futuri imputati di stregoneria. […]». Come ha mostrato Ginzburg, è proprio nel processo a Matteuccia che si cristallizza per la prima volta in maniera netta l’immagine del sabba con le pratiche malefiche che lo precedono».

Gli scongiuri, già da tempo visti con sospetto e ora considerati senz’altro diabolici, entrano per così dire in clandestinità.»

ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER
Non perderti le novità!
Mi iscrivo
Niente spam, promesso! Potrai comunque cancellarti in qualsiasi momento.
close-link