
di Stefano Zecchi
Mondadori
«Nella parola «amore» convergono concetti contraddittori, perfino tra loro conflittuali. Con quello stesso vocabolo si può esprimere la volontà di donare e quella di possedere, il desiderio di fondersi nella persona amata o di stabilire una ragionevole reciproca distanza, la necessità di ricevere dall’altro e quella di sacrificarsi per l’altro, l’avidità e la carità. Si parla d’amore per mettere in primo piano se stessi o per preoccuparsi della vita degli altri, oppure si complica il senso della parola fino al parossismo, cercando improponibili relazioni o mediazioni tra immagini, figure, concetti. Questa paradossalità rende affascinante il concetto e l’esperienza dell’amore. […]
Col tempo, la parola «amore» ha trovato un’incontenibile espansione, un’inarrestabile diffusione, è divenuta un talismano che apre i più impensabili, imprevedibili scenari della nostra vita. Oggi, tutto si può dire ma non che la parola «amore» (come «bellezza») non sia sulla bocca di tutti con una grande confusione che ci fa perdere di vista come amore (e bellezza) siano principi fondanti della nostra visione dell’esistenza e dei valori a partire dai quali comprendiamo la nostra storia e le nostre scelte decisive. […]
È indiscutibile che l’amore sia sempre stato un’evidente energia vitale, forza d’invenzione, trasformazione dell’esistente, motore dell’umanità. Oggi, essendosi affievolite le grandi utopie storiche, le ideologie, quegli «a priori» che hanno illuminato il cammino delle società moderne – rivoluzioni, lotte libertarie, l’identificazione del nemico da sconfiggere in nome della palingenesi dell’umanità – ecco che il privato emerge, mostra la sua forza e condiziona la vita pubblica.
Tutto avviene nel nome dell’amore… e della bellezza. Anche la bellezza segue un percorso simile a quello dell’amore: era stata confinata dal «canone moderno» dell’estetica tra i concetti effimeri della cultura, come una categoria insignificante o inutile per giudicare la qualità delle forme espressive a lei più consone, cioè quelle dell’arte. […]
Ma dobbiamo allora chiederci su «quale» amore si fonda il senso della nostra esistenza. Amori diversi vogliono dire diverse visioni del mondo. Come ci sono differenti stili di rappresentazione della bellezza, così abbiamo tipi diversi di amori vissuti, che illustrano differenti strategie individuali di vita, che, a loro volta, entrano e condizionano la dimensione pubblica. Dunque, «quale» amore? Nella risposta c’è il senso della nostra vita, l’orizzonte che guida il nostro cammino. Un cammino che non avrà mai una direzione stabilita una volta per tutte, perché è la libertà dell’amore a determinare la libertà della vita. Si tratta, perciò, di svelare i sentimenti e di definire la logica di ciò che avviene nel nome dell’amore, come, appunto, principio di conoscenza e di organizzazione dell’esperienza. […]
Questo libro organizza una materia complessa, descrivendo da un lato alcune forme stabili, tipi ideali d’amore e, dall’altro, illustrando aspetti particolari, forme di rappresentazioni storiche dell’amore. Scompone e ricompone i sentimenti amorosi nella loro genesi e nel loro divenire. Mette ordine, come se dentro a un cassetto fossero stati lasciati alla rinfusa parole, frasi, pensieri d’amore. La descrizione dell’amore sostituisce l’analisi e si avvale di figure per il racconto. Figure come scene teatrali, in cui i miti della classicità si alternano a episodi narrati in celebri romanzi, e le parole di note canzoni popolari scambiano l’esemplarità delle situazioni con famosi personaggi di film. E dalla descrizione di queste figure si passa all’interrogazione delle strutture di senso.
Vorrei che questo libro fosse letto come un dialogo sul modo di comprendere, attraverso l’amore, il senso della vita. C’è forse qualcosa di più interessante che confrontarsi sul senso della vita attraverso l’amore e la bellezza?»