
In quale contesto storico e politico avviene l’elezione di Antemio?
L’insediamento di Antemio ebbe luogo in un momento difficile per la storia dell’impero romano d’Occidente. Nel 455, la morte di Valentiniano III (l’ultimo imperatore teodosiano) aveva sancito la fine dell’esperienza dell’impero dinastico tardoantico, accentuando una situazione di instabilità, sia all’interno sia all’esterno, che si tradusse in una serie di fenomeni collegati fra loro: i rapporti tra Roma e Costantinopoli si smagliarono, accrescendo l’isolamento dell’Italia; le popolazioni germaniche installate nelle province romane aumentarono la pressione verso l’impero d’Occidente (nel giugno del 455 i Vandali entrarono a Roma); l’autorità imperiale appariva quanto mai debole, incapace di mantenere il controllo del governo romano e di gestire la concorrenza dell’aristocrazia senatoria e dei comandi militari. In questa situazione, non mancarono figure che tentarono di ridare forza a Roma: Maioriano, che governò tra il 457 e il 461, mostrò coraggio tanto nella politica interna quanto nelle relazioni esterne, intraprendendo un’ambiziosa campagna militare in Africa, compromessa sul nascere da azioni di sabotaggio. Nel corso degli anni Sessanta maturò nelle classi dirigenti italiche la consapevolezza che per ripristinare l’autorità romana nel Mediterraneo serviva un progetto di più ampio respiro, in cui le forze delle due partes imperii si ricongiungessero in nome di un interesse comune. La nomina di Antemio fu il risultato di questo progetto: in quel momento si riattivarono rapporti positivi tra le due capitali e fu compiuto un sforzo senza precedenti per rafforzare i contingenti militari romani nel Mediterraneo. Non fu facile raggiungere un accordo con Costantinopoli: il lungo interregno, che lasciò l’impero romano d’Occidente privo di un imperatore per quasi due anni prima della nomina di Antemio, è il segno del lavoro complesso che il senato di Roma e la corte orientale svolsero per raggiungere un accordo accettabile per entrambe le parti.
Quale immagine dell’imperatore Antemio traspare dal panegirico dello scrittore galloromano?
Il ritratto di Antemio che emerge dall’opera di Sidonio corrisponde all’immagine ufficiale che la corte intendeva fornire del nuovo imperatore. Il panegirico epico infatti nasce e si sviluppa all’interno del cerimoniale di corte, con lo scopo di trasmettere, a un uditorio che nella maggior parte dei casi coincide con il senato, l’immagine ufficiale del dedicatario. Nel caso di Antemio, siamo in grado di ricostruire i retroscena relativi alla composizione del panegirico: Sidonio era giunto a Roma alla fine del 467 per ottenere da Antemio alcuni benefici per la comunità alla quale apparteneva, gli Arverni, e a questo scopo era entrato in contatto con uomini vicini all’imperatore, in particolare il potentissimo prefetto del pretorio Basilio: fu lui a intercedere per Sidonio con Antemio, commissionando al poeta un componimento in onore del nuovo sovrano, da declamare in senato in occasione del suo consolato, in cambio di concreti vantaggi politici. Sidonio dunque tratteggia la figura di Antemio rispettando i canoni della panegiristica: ne loda le origini, le virtù, ne ricorda la nascita ammantata di presagi favorevoli, ne celebra con enfasi i successi nella carriera politica e militare; al tempo stesso mette in evidenza alcuni tratti relativi allo specifico contesto della sua elezione: Antemio era giunto in Italia per desiderio del senato; la sua nomina sanciva l’inizio di una nuova concordia tra le due parti dell’impero; la sua azione militare avrebbe restituito a Roma il controllo sul Mediterraneo, mentre la sua azione politica avrebbe ridato stabilità all’impero e rafforzato l’autorità del potere imperiale.
In che modo lo scrittore galloromano tesse la legittimazione al potere del nobile bizantino ricorrendo al mito?
Il mito occupa uno spazio significativo nei panegirici epici, e in Sidonio questo tratto è ancora più marcato che nel suo modello, Claudiano. Attraverso la ripresa e la rielaborazione del repertorio mitico, il poeta stabilisce un legame identitario con l’uditorio, di cui condivide il retroterra culturale. Nel mito, soprattutto, possono essere trasfigurati messaggi politici e contenuti attuali, trasmessi attraverso una comunicazione sofisticata che è appannaggio di un gruppo sociale ristretto (la colta aristocrazia romana). Questi messaggi, nel panegirico di Antemio, riguardano specialmente le origini dell’imperatore e i rapporti tra Occidente e Oriente romano, e sono affidati in particolare ai versi dedicati all’insediamento di Giove (nel carme prefatorio) e al viaggio compiuto dalla dea Roma presso le dimore dell’Aurora. In questi casi ci troviamo di fronte a uno dei grandi nodi tematici del panegirico, che ha ricadute fondamentali sull’interpretazione della figura di Antemio. Secondo molti studiosi, infatti, la presenza di un nobile orientale al comando dell’impero romano d’Occidente avrebbe ravvivato una serie di pregiudizi etnici nei confronti dei Greci, pregiudizi che avrebbero finito per compromettere l’azione politica di Antemio. Sidonio, consapevole di questo rischio, avrebbe lavorato a ‘normalizzare’ le origini del nuovo imperatore, rassicurando la platea a cui il panegirico era rivolto sul profilo tradizionale e romano di Antemio. Questa ricostruzione è fondamentalmente sbagliata: anzitutto essa si basa sul presupposto errato che nella cultura romana serpeggiassero radicali pregiudizi etnici contro i Greci; inoltre tale idea ignora la dinamica dell’insediamento di Antemio, che fu determinato proprio dalla volontà politica, maturata tra le classi dirigenti italiche nel corso degli anni Sessanta, di trovare un accordo con Costantinopoli per affrontare efficacemente la guerra contro i Vandali. Ciò che si poteva temere a Roma era semmai che, dopo la nomina di Antemio, crescesse l’ingerenza dell’impero romano d’Oriente nella politica occidentale, e in questa ottica – specificamente politica – si dovrà interpretare, nel panegirico, il viaggio della dea Roma presso le dimore dell’Aurora.
Quale rilevanza assume nel testo la formazione culturale e filosofica di Antemio?
Il testo allude a più riprese alla paideia di Antemio – degna di una famiglia di alto lignaggio – e ai suoi interessi filosofici, che lo avevano fatto entrare in contatto con circoli neoplatonici. A Roma questo retroterra ebbe un peso importante: Antemio favorì la convivenza e l’incontro tra figure dotate di sensibilità culturali e religiose diverse, che furono positivamente recepite dai gruppi pagani, la cui consistenza, nella Roma del quinto secolo, non era irrilevante. Alla sua corte troviamo uomini come Marcellino e Febo Messio Severo, che probabilmente erano pagani, e uomini come Filoteo, seguace della eresia macedoniana. Proprio questa apertura rese difficili i rapporti tra Antemio e la Chiesa di Roma, che si deteriorarono gravemente in occasione della celebrazione della festa pagana dei Lupercali, presentata come festa civica tradizionale, nella prospettiva di unire in nome delle tradizioni dell’antica Urbs sia il popolo sia gli aristocratici, a prescindere dalla loro fede. I presupposti di queste scelte si trovano già in nuce nel panegirico, in cui la cultura di Antemio prefigura aperture a sensibilità diverse, aperture che avrebbero reso Antemio un imperatore amato dal popolo di Roma.
Fabrizio Oppedisano è docente di storia romana presso la Scuola Normale Superiore. Le sue ricerche hanno privilegiato la storia politica, istituzionale e amministrativa dell’impero romano tardoantico e dell’Italia ostrogota. È autore di due monografie: L’impero d’Occidente negli anni di Maioriano, Roma 2013; Il senato romano nell’Italia ostrogota, con A. La Rocca, Roma 2016. Ha partecipato alla curatela dell’opera di traduzione e commento delle Variae di Cassiodoro (Roma 2014-). Su Antemio, oltre al lavoro di commento del panegirico, ha curato una miscellanea: Procopio Antemio imperatore di Roma, Bari 2020.