“Imprevisti e altre catastrofi: perché la storia è andata come è andata” di Glauco Maria Cantarella

Imprevisti e altre catastrofi: perché la storia è andata come è andata, Glauco Maria CantarellaProf. Glauco Maria Cantarella, Lei è autore del libro Imprevisti e altre catastrofi: perché la storia è andata come è andata edito da Einaudi: come mai questo esercizio di ucronia medievale?
Il libro è nato quasi per caso. Soprattutto per le insistenze della casa editrice. Ma ho colto al volo l’occasione: ero e continuo ad essere stufo di questi esercizi paludati di vestiti sontuosi e di espressioni auliche (ucronia, ad esempio; gli angloamericani sono un po’ più semplici, parlano di what if) che non servono ad altro se non ad affermare che tutte le opzioni sono e sono sempre state sullo stesso piano, come se ciò che accade non sia frutto di condizioni precise. Tutta questa letteratura enormemente cresciuta e che ha nutrito intere carriere accademiche e successi editoriali, ai miei occhi è soltanto un modo non-razionale (per non dire pretestuoso o peggio) per evitare di chiedersi perché non hanno preso un’altra piega, insomma per analizzare ciò che abbiamo, non ciò che vorremmo avere. Che è poi, lo stesso genere di domande che ognuno di noi deve porre a se stesso e per se stesso se vuole avere chiarezza di ciò che è, è diventato, gli sarebbe piaciuto essere, ma non è stato. Le cose sono andate come sono andate perché anche là dove c’erano le possibilità che andassero in modo differente non si sono date le condizioni perché ciò accadesse. E di questo bisogna prendere atto: inutile chiedersi cosa sarebbe successo se Hitler o Stalin o Mussolini non fossero mai nati; o se Ottone III non fosse morto tanto giovane; oppure se non avessimo avuto le vicende biografiche che abbiamo avuto. L’imprevisto, l’inatteso, è una condizione comunissima, una costante nella storia e nella vita; e la cosiddetta grande storia non può prescindere da milioni di microstorie. Insomma, cosa sarebbe successo se l’esercito francese non si fosse sbandato all’arrivo dei Prussiani a Waterloo? non lo sapremo mai, ma di sicuro non si può dire, come pure è stato fatto, che la storia successiva non sarebbe cambiata.

Quale peso hanno gli imprevisti nella storia?
Moltissimo. Spesso decisivo. Ma è una banalità dirlo, è sotto gli occhi di tutti. A meno che non si voglia sostenere che la storia è retta dalla più rigida razionalità e che gli imprevisti sono soltanto deviazioni dal razionale corso delle cose. Oppure li si può vedere sotto il segno della Provvidenza, come nel caso di Attila… In questo libro ho presentato un numero limitatissimo di esempi, per sommi capi e ovviamente sulla base delle conoscenze che ho o che ho potuto casualmente acquisire. E magari ho cercato di mettere in campo cose che non tutti sanno, anche se tutti hanno sentito parlare di Attila, appunto, o di Riccardo Cuor di Leone o di Federico II di Svevia, di Giuseppe e Anita Garibaldi

La morte improvvisa dei protagonisti sembra essere la regina degli imprevisti storici.
Non c’è dubbio che abbia avuto un gran peso. Non per nulla inizio con la rivoluzione abortita di Ottone III, progetto ambiziosissimo che chissà quali sviluppi avrebbe potuto avere e quali cambiamenti avrebbe innescato. O ricordo il caso di Elisabetta di Russia, la cui morte forse impedì a Federico II di Prussia di tirarsi un colpo di pistola in testa. O Rodolfo di Svevia, che morendo a Hohenmölsen sbarazzò Enrico IV del suo più temibile antagonista in Germania. O la morte prematura di Sancio di Castiglia, non difeso a dovere da chi doveva difenderlo, che lasciò il regno senza erede; e in quel regno si affrontarono tentativi diversi e antagonisti di esercitare il potere, e in capo ad uno di essi si diede origine al regno del Portogallo: che prima non esisteva.

Come si sarebbe svolta la storia dell’Europa medievale se gli eventi da Lei raccontati fossero andati diversamente?
Forse, e sottolineo forse, sarebbe andata diversamente. Ma in realtà non possiamo saperlo, troppe variabili incidono nella storia: e se osserviamo un po’ la storia all’interno della quale viviamo lo sappiamo benissimo. Perché dovrebbe essere diverso per la storia di 1000 anni fa? Forse perché i protagonisti sono tutti morti? Non scherziamo… Se Alarico fosse arrivato in Africa invece di morire dalle parti di Cosenza forse tutto sarebbe stato diverso… forse. Se Sancio di Castiglia non fosse stato ammazzato a Uclés sua sorella maggiore Teresa e il di lei marito Enrico di Borgogna non avrebbero tentato di consolidarsi tra la Galizia e la contea di Portucalia? Se Riccardo Cuor di Leone non fosse stato ridotto in cattività, Enrico VI avrebbe avuto le risorse per la campagna contro il regno normanno dell’Italia meridionale? forse no, e forse Federico II non sarebbe nato a Iesi: ma vallo a sapere… E in età moderna, se il re del Portogallo non fosse scomparso in Marocco? Filippo II sarebbe riuscito o no ad annettersi il suo regno inglobando nell’impero coloniale spagnolo l’impero coloniale portoghese? E se don Giovanni d’Austria non fosse riuscito a tenere insieme la flotta dei cristiani? Il fatto è che Ottone, Alarico e Sebastiano del Portogallo morirono, Riccardo Cuor di Leone finì per finanziare l’imperatore Enrico VI, e il figlio bastardo e preparatissimo di Carlo V portò l’alleanza cristiana alla vittoria di Lepanto. E se nel ‘300 non ci fossero state le crisi finanziarie tanto simili a quella dalla quale fatichiamo a uscire ai tempi nostri, o non ci fosse stata la Grande Peste, o la Guerra dei Cent’Anni? quale fantasia sfrenata ci vorrebbe per tener conto di tutte le possibili variabili… milioni di milioni di variabili!

Quanto hanno influito gli eventi da Lei raccontati sulla storia dei giorni nostri?
Ritorno al caso della zarina Elisabetta: Federico di Prussia fu all’origine della Germania del secolo XIX e XX; sarebbe riuscita a costituirsi la Germania così come la conosciamo in assenza di Federico II? Per non parlare dell’imprevisto maggiore della nostra storia, la scoperta delle Americhe… e su questo non vale la pena di insistere.

Quali, tra quelli da Lei raccontati, considera maggiormente rappresentativi dell’irrazionalità degli eventi storici?
Sono irrazionali gli eventi, o piuttosto gli uomini? Perché la morte ci appare irrazionale se coglie giovanotti come Ottone III, ma altrettanto irrazionale e sorprendente è l’incapacità delle spie della Sublime Porta di segnalare quelle strane, goffe, armatissime navi che erano le galeazze veneziane. O può sembrare irrazionale l’itinerario di Riccardo Cuor di Leone per tornare dalla Terrasanta. Il problema è che noi siamo costretti alla razionalità per cercare di interpretare il vissuto, ma questo si dà solo ex post: non dobbiamo commettere l’errore di identificare il nostro esercizio di interpretazione con l’andamento degli eventi; dobbiamo attribuire razionalità ai protagonisti della storia, che certo – a parte i non molti casi di conclamati disturbi mentali – non agivano né vivevano con furore ma inseguendo con lucidità degli obbiettivi (vogliamo fare il caso di Hitler e dei suoi e della messa a punto dell’azienda dello sterminio?), ma dobbiamo riconoscere che tanta razionalità si infrange o sul caso fortuito o cozzando con altri disegni e altre azioni umane non previste – non ne parlo in questo libro, ma insomma è il caso della sconfitta cui vanno incontro Gregorio VII ed Enrico IV a Canossa all’inizio del 1077 per via della totalmente autonoma e del tutto imprevista azione di Sigfrido di Magonza che si affrettò a incoronare l’anti-re, quel Rodolfo che morirà a Hohenmölsen.

Quale giudizio della Storia possiamo trarre dalla lettura delle Sue pagine?
Forse solo che la storia è complessa. Come è complessa la vita. Anche perché la storia, prima di essere storia, è vita, è stata la vita dei morti. Con le aspirazioni, i desideri, i temporeggiamenti, i calcoli dei vivi… Per questo ho evocato a mio complice Shakespeare, l’ultimo monologo di Macbeth non è pessimista, è soltanto realistico… Mi è già capitato di dirlo, le parole di un genio come lui sono la massima espressione di autoconsapevolezza, sono un bilancio dell’attività umana ma anche uno specchio per l’uomo. Sono più che certo che nessuno di noi storici, nemmeno i grandissimi, potrebbe esprimerla in modo tanto efficace. E spero di avere indicato che la storia va trattata con rispetto, non è un fantasy. La storia, passata, presente e futura, è fatta delle sofferenze di milioni di milioni di persone, e questo non si può trattare con leggerezze da salotto o come se fosse un esercizio di stile: se vogliamo vedere degli Esercizi di stile rileggiamo Queneau, che li sapeva fare!

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