“Imperatori. I 10 uomini che hanno fatto grande Roma” di Barry Strauss

Imperatori. I 10 uomini che hanno fatto grande Roma, Barry StraussImperatori. I 10 uomini che hanno fatto grande Roma
di Barry Strauss
traduzione di David Scaffei
Laterza

Lo storico statunitense, docente alla Cornell University, ci offre dieci ritratti degli uomini che governarono Roma e «quello che chiamavano il mondo», «un enorme regno che nel momento della sua massima espansione si estendeva dalla Britannia all’Iraq» composto da cinquanta o sessanta milioni di persone: ecco scorrere i ritratti di Augusto, il fondatore, Tiberio, il suo successore, Nerone, Vespasiano, Traiano, Adriano, Marco Aurelio, Settimio Severo, Diocleziano, l’uomo della grande divisione e Costantino, il cristiano. Sono «gli imperatori più abili, quelli di maggior successo o, nel caso di Nerone, se non altro fra i più provocanti […]. Il successo si determinò in modo vario, in relazione alla diversità delle circostanze e dei talenti, ma tutti gli imperatori aspirarono ad esercitare il pieno controllo politico all’interno, ad estendere il potere militare all’estero, a gestire la ricchezza, a edificare la città di Roma e ad intrattenere un buon rapporto con le divinità. E ogni imperatore desiderò morire nel proprio letto e trasmettere il potere all’erede da lui stesso designato.» Non va tuttavia dimenticato che era l’esercito ad avere il potere di crea­re e deporre gli imperatori: «nessuno di loro poteva governare senza il consenso dei soldati.»

La storia degli uomini che fecero grande Roma è la storia dei continui cambiamenti che la coinvolsero: «Roma era cresciuta al di là delle proprie possibilità, ma questa era stata anche una delle ragioni del suo successo. Il cambiamento fu inglobato nel tessuto stesso del sistema, e non avvenne facilmente né senza spargimenti di sangue. Nuovi uomini salirono al vertice. […] Traiano e Adriano, erano entrambi nati nella Hispania. Due generazioni dopo, l’imperatore Settimio Severo era originario dell’Africa del Nord, discendeva da immigrati italici e forse aveva fra i suoi antenati africani e mediorientali. Non così Diocleziano e Costantino, entrambi originari dei Balcani, nelle cui vene non scorreva sangue italiano.»

Nelle pagine del libro scorrono così le vicende del potere imperiale, via via attraverso i secoli, sino all’ultimo degli imperatori: «si chiamava Romolo Augusto, e salì al potere nel 475. Portava due nomi famosi, quello del leggendario fondatore di Roma e suo primo re, Romolo, e quello del suo primo imperatore Augusto, ma la loro altisonanza non faceva che nascondere la reale debolezza del personaggio. Il suo soprannome, Augustolo, è più vicino al vero. Quando salì al trono aveva solo quindici anni. Ad esercitare realmente il potere era suo padre, un generale. Aveva conquistato Ravenna e deposto il precedente imperatore, ma per qualche ragione preferì mettere al potere suo figlio invece che assumerlo in prima persona. Romolo Augustolo governava un impero che si era ormai ridotto all’Italia e alla Gallia meridionale. Era privo di legittimazione, poiché l’imperatore romano d’Oriente non riconosceva il suo governo. Il vero potere in Italia era nelle mani di Flavio Odoacre […] il capo di una tribù straniera – forse germanica, ma la circostanza è incerta – che aveva guidato i mercenari germanici dell’Italia. Come molti precedenti soldati romani, quei mercenari volevano avere terre in proprietà. Il padre di Romolo Augustolo oppose loro un diniego, e ciò scatenò la rivolta. I mercenari uccisero sia il padre sia lo zio dell’imperatore, poi presero Ravenna.

Il giovane Romolo Augustolo venne risparmiato, ma fu costretto a lasciare il palazzo. Gli concessero una generosa pensione e lo esiliarono in una villa sulla costa affacciata sul Golfo di Napoli. […] Odoacre venne proclamato re d’Italia. Nel frattempo, a Roma, il Senato – che esisteva ancora – prese i simboli del potere imperiale, compreso il diadema e il mantello, e li inviò all’imperatore a Costantinopoli, a significare che l’imperatore d’Occidente non esisteva più. La data dell’abdicazione di Romolo Augustolo, il 4 settembre 476, arrivò a poco più di cinquecento anni da quando a Roma Ottaviano era stato proclamato Augusto e 139 anni dopo la morte di Costantino. L’impero romano d’Occidente cessò di esistere, sebbene Odoacre e gli altri sovrani germanici che vennero dopo di lui si considerassero degni successori al titolo imperiale.»

Come si poté arrivare a questo punto? «Edward Gibbon suggerì che il cristianesimo aveva svolto un ruolo rilevante nella caduta di Roma, poiché fiaccò lo spirito guerriero del suo popolo. È un’affermazione senza senso. La metà orientale dell’impero romano fu più appassionatamente cristiana dell’Occidente, ma nel 476 non cadde. Rimase anzi un impero per altri centocinquant’anni, finché gli islamici non ne conquistarono la maggior parte. In seguito, sopravvisse come una potenza regionale per altri ottocento anni, per scomparire infine nel 1453, quasi un millennio dopo la caduta dell’Occidente.»

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