
Chi ne è l’autore?
Il testo è attribuito al discepolo Tommaso, uno dei Dodici – ma, come moltissimi vangeli e scritti protocristiani, si tratta di un’attribuzione che tecnicamente si definisce “pseudoepigrafica”: non è stato davvero scritto dal discepolo Tommaso, ma da qualcuno che intendeva connettersi e rifarsi all’autorità di tale discepolo, costruendo una “tradizione” autoritativamente garantita. Poiché la figura di Tommaso acquisì particolare rilevanza nel cristianesimo di area siriaca (in particolare nella Siria orientale), diversi studiosi ipotizzano che questo vangelo – almeno nella sua forma più o meno definitiva – ebbe origine in Siria, forse nei primi decenni del II secolo. Per approfondire questo aspetto posso qui soltanto rinviare alle pagine del libro, dove si tenta di spiegare anche il significato del nome esteso (duplice o triplice) che viene attribuito a questo personaggio nell’incipit del vangelo. Probabilmente “l’autore” (o gli autori) di questo vangelo resterà per noi ignoto, ma si possono quantomeno elaborare delle fondate ipotesi sull’area geografica di provenienza, sul contesto e sul periodo.
Qual è il contenuto del vangelo apocrifo?
Il testo, come ho accennato, si presenta come una raccolta di detti di Gesù: centoquattordici detti, secondo la numerazione ormai condivisa. Spesso si tratta unicamente di frasi attribuite a Gesù, mentre altre volte vi sono dei brevi dialoghi tra Gesù e i discepoli. Una buona parte dei detti trova paralleli nei vangeli canonici (ad esempio alcune delle “beatitudini” o alcune parabole), mentre altri hanno paralleli extracanonici oppure sono esclusivi di Tommaso. Pur mancando una cornice narrativa e pur non essendo chiaro il principio che ha guidato la disposizione dei detti, sembra che quest’ultima non sia soltanto casuale ma vi siano dei legami tra detti o gruppi di detti. Sui contenuti teologici tornerò fra poco.
Quali vicende ne hanno segnato la trasmissione?
La trasmissione del Vangelo secondo Tommaso ha vissuto vicende complesse, ma prima di descriverle brevemente è opportuno ricordare che tale complessità ha riguardato anche la redazione stessa del vangelo. Non dobbiamo pensare che il suo autore o redattore abbia scritto “di getto” questo vangelo in un determinato momento storico: il processo compositivo e redazionale è stato fluido, complesso e stratificato. Ciò vale anche per altri scritti protocristiani, ma per Tommaso questo sembra essersi verificato in misura particolare. Non solo il testo si basa su materiali, dunque fonti, stratificatisi nei decenni, ma la sua stessa redazione sembra essere stata “cumulativa” (come affermano alcuni studiosi), stratificata nel tempo: non nel senso che si sarebbero solamente aggiunte delle parti in seguito, ma secondo una più profonda interazione tra il nucleo più antico e detti aggiunti o rielaborati successivamente, al punto che anche alcuni dei materiali antichi vennero reinterpretati e riadattati (anche la dialettica tra oralità e scrittura gioca un ruolo). Si tratta di una questione molto complessa che non è possibile riassumere in poche righe, ma un capitolo del libro è dedicato proprio alla composizione e alle fonti di Tommaso. Basti qui riportare la tesi ormai abbastanza condivisa (seppur non unanimemente) che la redazione di Tommaso possa essere collocata lungo un arco di tempo che va dalla metà del I secolo al primo terzo del II, epoca in cui potrebbe essere stata elaborata la redazione più o meno “definitiva” di questo vangelo.
Per quanto riguarda la trasmissione, diverse evidenze mostrano che Tommaso dovette avere una buona circolazione nell’antichità, sebbene poi l’attribuzione ad esso di uno statuto non canonico abbia contribuito alla sua quasi scomparsa: a parte qualche allusione o citazione che si può trovare in testi prevalentemente di età patristica, non si possedevano manoscritti del testo fino a fine Ottocento/inizio Novecento, quando gli scavi nella località egiziana di Ossirinco hanno riportato alla luce alcuni frammenti di papiri in greco (databili 200-250 d.C.) contenenti diversi detti del nostro vangelo. Tuttavia l’identificazione di questi frammenti come parte di Tommaso fu pienamente possibile solo una cinquantina di anni dopo, quando venne ritrovata quella che è ancora oggi l’unica copia completa disponibile di questo testo: la traduzione copta rinvenuta tra i codici di Nag Hammadi (databili tra la fine del IV e l’inizio o prima metà del V secolo). Sappiamo però che nell’antichità la trasmissione di Tommaso fu ampia, come ho detto, e diversificata: esso sembra aver circolato presso diversi gruppi, compresi vari gruppi gnostici, comunità manichee, e forse anche tra i monaci egiziani. Durante questa trasmissione, alcuni passi del vangelo potevano essere reinterpretati o persino rielaborati, come si può evincere da alcune testimonianze.
Quali prospettive teologiche emergono dallo studio del testo evangelico?
Il Vangelo secondo Tommaso mostra un aspetto enigmatico e complesso anche riguardo le proprie prospettive teologiche. Il dato più interessante è infatti la compresenza, in questo testo, di diverse prospettive teologiche, che a volte sembrano essere persino contraddittorie. Ad esempio la visione di Gesù che emerge in questo scritto è duplice: da un lato egli è descritto come agente del giudizio escatologico, dall’altro è un essere preesistente che avuto un ruolo nella creazione del cosmo. Anche l’escatologia è talvolta descritta come futura, imminente, ma in altri passi corrisponde a ciò che si definisce “escatologia realizzata”: «Il regno del Padre si estende sulla terra e gli uomini non lo vedono» (detto 113). Le spiegazioni di queste apparenti contraddizioni (che forse sono tali solo per la mentalità moderna) sono molteplici, ma in sintesi si può fare riferimento ancora una volta alla stratificazione delle fonti e delle fasi redazionali, di cui queste “anomalie” recano traccia.
Per entrare più nel merito dei contenuti, in Tommaso (se non altro in quella che è considerata essere la sua redazione finale) emerge fortemente una prospettiva che possiamo definire come “esoterica”, “ascetica” e “mistica”. Intendo “esoterico” etimologicamente: non si deve leggere il termine con le connotazioni cui oggi siamo abituati. Questo vangelo vuole porsi come portatore di una serie di insegnamenti, attribuiti a Gesù, il cui vero significato è e deve essere nascosto a «quelli di fuori» (per riprendere la terminologia da un brano canonico, Mc 4,11), a chi non faceva parte del gruppo che lo riteneva autoritativo. Si tratta di una concezione che in realtà era abbastanza diffusa nel mondo antico. Come cerco di spiegare del libro, una peculiarità di Tommaso può essere che non sono tanto le parole stesse di Gesù che il testo trasmette ad essere segrete, ma la loro interpretazione (si veda il detto 1). Per prospettiva “ascetica” intendo dire che il testo mostra, in diversi luoghi, la predilezione per un messaggio di distacco dal “mondo”, dalle passioni, al fine di purificarsi e trasformarsi, ricostituire l’originario status dell’uomo genesiaco “ad immagine di Dio”. Si tratta di una concezione diffusa nel cristianesimo siriaco (ma non solo) dei primi secoli. Con dimensione “mistica”, infine, intendo la ricerca di un contatto diretto, intimo, immediato con Dio. Nella prospettiva di Tommaso, colui (o colei) che si è purificato dalle passioni può e deve tentare di accedere al contatto diretto con il Padre, alla visione di Dio. Alcuni detti tommasini sono stati interpretati come allusioni al “viaggio celeste”, una dottrina e prassi ampiamente diffusa nell’antichità, non solo in contesti cristiani. Lo scopo della prassi mistica è trasformativo: secondo il detto 108, chi si è abbeverato alla sapienza di Gesù diventerà “come lui” (anche se da altri passi non è chiaro se si possa parlare di una completa identificazione con il divino).
Non bisogna dimenticare la presenza, in Tommaso, anche di passi con paralleli sinottici (ad esempio «beati i poveri» nel detto 54), che hanno una coloritura diversa. Ma certo le sue sezioni più orientate in senso mistico danno al testo un peculiare fascino, e lo connettono a una serie di antecedenti e possibili fonti appartenenti alle più diverse tradizioni (come la prima mistica ebraica). Se si attribuisce il giusto (e non anacronistico) significato al termine “mistica”, infine, il Vangelo secondo Tommaso può fornire anche alcune tracce in direzione di alcuni aspetti del Gesù storico, ossia rivelare elementi di concezioni e prassi “mistiche” (ricerca di contatto con la dimensione soprannaturale) di Gesù di Nazareth che altre fonti invece mettono meno in luce.
Andrea Annese è assegnista di ricerca in Storia del cristianesimo presso Sapienza Università di Roma. Si occupa di cristianesimo delle origini, con particolare focus su Vangelo secondo Tommaso, Nuovo Testamento e apocrifi cristiani; dei codici di Nag Hammadi; della letteratura cristiana dei secoli I-V; della ricezione di autori e temi patristici. Tra le sue pubblicazioni, Il pensiero estetico di Rosmini (2014); Tra Riforma e patristica (2018); Il Vangelo di Tommaso (2019) e, con A. Destro, M. Pesce et alii, la curatela di Texts, Practices, and Groups. Multidisciplinary Approaches to the History of Jesus’ Followers in the First Two Centuries (2017).