
Nel Suo libro, lei sostiene che l’11 settembre 2001 le frange radicali dell’Islam hanno dichiarato guerra all’Occidente: come si sviluppa l’offensiva anti-occidentale?
A due livelli. Quello violento del terrorismo islamico senza dubbio. Dobbiamo ancora capire quale sarà stato l’effetto di decine di attacchi jihadisti in Europa dal 2015 al 2017. Non escludo che l’Europa possa essere stata definitivamente scossa e sottomessa, anche soltanto mentalmente ed emotivamente, da quel vortice di orrore e di paura. Siamo molto lontani dall’essere in grado di valutare il pieno significato dell’11 settembre, figuriamoci quello che è successo a Parigi, Bruxelles, Londra, Manchester, Stoccolma, Berlino, Nizza o Madrid in questi ultimi anni. L’altro livello è quello culturale. È il progetto sinuoso dell’islam “moderato” di raggiungere la sottomissione tramite moschee, propaganda, conversioni, demografia e multiculturalismo. Nel 1970 le moschee in Francia erano un centinaio, oggi sono più di 2.500. E il ritmo è di quasi due nuove moschee a settimana da dieci anni a questa parte, secondo i numeri dell’Annuaire des mosquées de France. I musulmani in Spagna erano 100.000 nel 1990, un milione e mezzo nel 2010, quasi due milioni nel 2017. Una crescita incredibile in appena venticinque anni. La sfida posta dall’Islam e dall’esplosione demografica è talmente grande che è difficile pensare a leader europei, a una stampa europea, a una intellighenzia europea di levatura tale da ergersi per rispondere a questo fenomeno epocale. La tattica usata è dunque sempre la stessa: far finta di fronteggiare una situazione sempre più drammatica, pensare ad altro, distogliere l’attenzione. La popolazione musulmana in alcuni paesi europei potrebbe triplicare entro il 2050, secondo le nuove proiezioni diffuse a dicembre dal Pew Research Center di Washington. La quota musulmana della Germania potrebbe crescere dal 6,1 per cento nel 2016 al 19,7 per cento nel 2050. La Francia avrà il 17 per cento di popolazione islamica. La Svezia dal 20,5 al 30 addirittura. La quota del Regno Unito passerebbe dal 6,3 nel 2016 al 16,7. Cosa accadrà allora alle società europee, alla loro libertà di espressione e di coscienza, alla loro arte, alla loro separazione di stato e chiesa, alla loro uguaglianza? Sarà Europa, forse, ma sarà anche di cultura europea?
Chi sono i responsabili del suicidio culturale occidentale?
I multiculturalisti nell’accademia e nelle altre istituzioni culturali – musei, fondazioni, intrattenimento, giornalismo – che denunciano l’Occidente come razzista, imperialista ed etnocentrico. Gran parte del discorso pubblico multiculturale è dedicato alla recitazione infinita dei crimini dell’Occidente e del male che rappresenta Israele. Nel frattempo, i contributi dell’Occidente all’umanità – come la democrazia, la rivoluzione scientifica, i diritti umani e la rivoluzione industriale – sono sminuiti o marginalizzati. Poi ci sono coloro che chiamiamo “liberal” e che non hanno lo stomaco per difendere il liberalismo e le conquiste di cui godiamo. Poi i relativisti, coloro che si aggirano fra i detriti della cultura occidentale. Inoltre gli “utili idioti”, i compagni di strada dell’Islam radicale: i giornalisti, gli intellettuali, le organizzazioni che si dicono “antirazziste” e che hanno processato decine di scrittori colpevoli di “islamofobia”, che il compianto Christopher Hitchens definì come una parola creata dai fascisti e usata dai codardi per manipolare i cretini.
È possibile difendere la cultura occidentale e in che modo?
L’Occidente è nel bel mezzo di una guerra culturale a tre, tra i difensori della cultura umanistica-giudaico-cristiana, i sostenitori di una strana forma di edonismo per sua natura arrendevole, e le forze dell’Islam radicale. I laicisti hanno vinto le guerre culturali. Ma il vuoto verrà riempito dall’Islam radicale. Dal momento che non si può combattere qualcosa con niente, i laicisti europei non sono neppure in partita con i fanatici disposti a tutto per imporsi. Come se ne esce? Mettendo fine al “piagnisteo”, come Robert Hughes definì il politicamente corretto che ormai fa il lavaggio del cervello alle opinioni pubbliche occidentali. Poi promuovendo una visione “muscolare” dei valori liberali nella vita pubblica, a cominciare da una sana laicità che tiri fuori le unghie non soltanto con il “clericalismo” ma anche con l’Islam radicale quando tenta di sovvertire il patto civile e sociale che abbiamo costruito. Infine, c’è bisogno di una riscoperta delle radici giudaico-cristiane dell’umanesimo. Quale sarebbe stato il destino della cultura occidentale, se le forze islamiche avessero sconfitto Carlo Martello a Poitiers? Cosa sarebbe successo allo sviluppo occidentale attraverso il Rinascimento, l’Illuminismo, il capitalismo e la democrazia liberale, le cattedrali gotiche, l’arte dei maestri olandesi, la musica occidentale, i poeti romantici e i romanzieri, e tutti i grandi trionfi dello spirito occidentale? Non ci saremmo ripresi. Potrebbe succedere anche oggi? Io dico che è bene essere pronti e sapere a cosa andiamo incontro. Lo storico Walter Laqueur dice che nella Seconda guerra mondiale si salvarono solo i pessimisti, perché erano pronti a peggio. Barricarci come si fa per un uragano o sperare per il meglio non ci salverà.