
Come venivano vissute da parte degli antichi greci le sconfitte militari e sportive?
La sconfitta in un duello con le armi comportava la morte, violenta e impietosa, del perdente. Le sconfitte militari erano considerate una calamità per l’intera polis (città) perché le conseguenze erano molto gravi:distruzioni, saccheggi, prigionieri. L’esercito vincitore, soprattutto se formato da truppe mercenarie, poteva fare un buon bottino. Ancora più grave si prospettava la sconfitta in caso di invasione barbarica. I Greci in occasione delle Guerre Persiane seppero resistere ai Persiani ed evitarono di subire l’onta della disfatta.
Anche per l’atleta che partecipava ai Giochi la sconfitta era vergognosa, anche se naturalmente meno grave, perché l’impero categorico che spingeva il concorrente era quello di vincere, di essere il primo fra tutti. La comunità cittadina, la famiglia, i sostenitori si stringevano intorno a lui nella speranza del suo trionfo. Il ritorno a casa dell’atleta sconfitto portava disonore e soprattutto il silenzio, che equivaleva alla mancanza di notorietà e, quindi, di fama.
Quali qualità morali dovevano possedere le due figure?
Per quanto riguarda la guerra nella Grecia antica è necessario diversificare le varie epoche storiche. Una cosa sono le imprese degli eroi omerici che si distinguono nella loro individualità e nelle loro qualità morali, un’altra cosa è il modo di combattere della falange oplitica che, a partire dalla metà del VII secolo a.C., ebbe il sopravvento come pratica militare. All’oplita più delle doti individuali si richiedevano quelle collettive e di gruppo: stare saldo al proprio posto, difendere con il proprio scudo (hoplon) il compagno che gli stava accanto, obbedire a una strategia coordinata. Tutto questo comportava coraggio, obbedienza e sopportazione.
Anche dall’atleta si pretendevano molte qualità morali e in caso di vittoria egli diventava un vero e proprio exemplum da imitare. Le sue doti venivano esaltate dai poeti e il suo coraggio, la disciplina, la tolleranza e anche la furbizia (metis) erano additate come esemplari. L’atleta vittorioso veniva considerato un eroe e in qualche caso poteva ricoprire cariche pubbliche.
I greci tenevano in gran conto la forma e la prestanza fisica
Per gli antichi Greci un corpo bello e sano era molto importante ed era segno di salute anche mentale e psicologica. L’ideale che prevale in epoca più antica per il guerriero e per l’atleta è quello di un fisico forte e robusto, adatto a sopportare i disagi e le fatiche di un duro allenamento e di scontri violenti. Il fisico bello e ben modellato, che vediamo rappresentato nelle statue di dei ed eroi e che figura in numerose pitture vascolari riproducenti scene di palestra e di gare atletiche, suscitava ammirazione e spirito di emulazione. Sappiamo che statue di atleti, di strateghi e di personaggi di rilievo, tra i quali anche guerrieri illustri, venivano erette in gran numero nei luoghi pubblici. L’attenzione e la cura per il corpo favorivano la presenza nelle singole città di palestre e di ginnasi nei quali i giovani si addestravano sotto la cura di maestri di ginnastica, di massaggiatori e di allenatori. I ginnasi e le palestre provvedevano anche all’addestramento dei futuri soldati e non solo a Sparta, ma anche ad Atene e nelle altre poleis. La vita comunitaria preparava all’inserimento nella collettività e alla condivisione di diritti e doveri.
Qual era il rilievo religioso, politico e socioeconomico dei giochi Olimpici?
Sui giochi Olimpici nell’antichità la bibliografia è molto numerosa. Ogni quattro anni, in occasione delle Olimpiadi moderne si assiste ad un fiorire di pubblicazioni, di trattati, di servizi giornalistici ecc. Spesso si ripetono le stesse cose, senza tener conto dei nuovi ritrovamenti archeologici, delle nuove iscrizioni agonistiche, delle scoperte papiracee che cambiano le nostre ricostruzioni. Anche l’esegesi delle fonti antiche subisce l’influenza di aggiornate metodologie storiche e interpretative e un evento del passato, come può essere una vittoria Olimpica, si presta ad essere visto e inteso in maniera diversa. Il compito dello storico dello sport non è, dunque, facile e richiede competenze diverse, interdisciplinarietà e una notevole conoscenza linguistica del greco antico. Solo a queste condizioni si possono affrontare argomenti complessi come quello del valore religioso di Olimpia, del suo significato politico, delle sue spinte socioeconomiche. I giochi Olimpici rappresentarono un’esperienza di singolare rilievo sotto questi tre profili e la loro durata nel tempo (quasi 1200 anni) dimostra che non si trattava solo di una gara sportiva, ma di un evento dagli importanti risvolti antropologici e sociali. Olimpia si distingueva come luogo sacro con il tempio di Zeus, i santuari delle varie divinità, l’Altis, i monumenti; come luogo politico dove confluivano da ogni parte del mondo greco ambascerie e delegazioni; come centro sportivo in cui figuravano gli impianti, le strutture sportive, l’ippodromo.