
Ascolta più spesso ciò che vive
ascolta la voce del fuoco
ascolta la voce dell’acqua
e ascolta nel vento
i singhiozzi della boscaglia :
sono il soffio degli antenati.
I morti esistono,
essi non sono mai partiti,
sono nell’ombra che s’illumina,
e nell’ombra che scende
nella profonda oscurità.
Sono nell’albero minaccioso
e nel bosco che geme,
sono nell’acqua che scorre,
sono nell’acqua stagnante,
sono nelle capanne,
sono nelle piroghe.
I morti non sono morti.
I morti esistono, non sono mai partiti,
sono nei seni della donna
sono nel bimbo portato dal suo corpo
sono nel tizzone che si accende
non sono sotto terra
sono nell’incendio che divampa
sono nelle erbe che piangono
sono nelle rocce che gemono
sono nella foresta, nelle abitazioni, nelle barche.
I morti non sono morti.
Quali sono i tratti comuni della cultura africana?
Non si può generalizzare, perché l’Africa è un continente e racchiude moltissime diversità culturali. Esistono però alcuni tratti comuni, come, appunto, il culto degli antenati, anche se magari viene espresso in modalità differenti.
Le immagini presenti nel Suo libro evocano aspetti fondamentali del mondo africano: quali sono?
Diciamo che le fotografie che ho scattato e scelto per accompagnare i proverbi, rappresentano un’Africa tradizionale, che per certi versi sta lentamente scomparendo. Sappiamo che oggi più del 50% della popolazione africana vive nelle città. Città che sono spesso megalopoli senza una struttura ben definita e molte delle tradizioni del mondo contadino e pastorale mutano o si perdono. Rimangono però molti dei valori tradizionali, come, per esempio, il rispetto per gli anziani, che emerge da molti proverbi, così come l’importanza della collaborazione, del fare gruppo per affrontare i grandi problemi della vita. Il ruolo centrale della famiglia, come rete di relazioni e di supporto. Il forte investimento in socialità, che contribuisce a creare legami e a non essere abbandonati alla solitudine. Anche un atteggiamento che direi umile nei confronti della vita, diverso da quel senso di superiorità e dalla volontà di controllo che spesso traspare dalla cultura occidentale. Molti proverbi ci insegnano che in certi casi bisogna accettare la vita come è, che siamo poco e nulla di fronte alla natura.
Qual è il valore dell’oralità nella cultura africana?
La parola è il pilastro centrale su cui si regge tutta la tradizione africana. Ogni norma, evento, ricordo, è stato trasmesso di generazione in generazione. Senza dimenticare l’importanza dei racconti che spesso gli anziani narrano nelle sere trascorse nei villaggi, che sono veicoli fondamentali di cultura. Anche i proverbi fanno parte di questo patrimonio fatto di oralità, sono una sorta di rafforzativo del discorso, un modo elegante per riassumere una situazione. A Timbuctu si usa dire che la chiacchierata (bavarderie) è preziosa, perché nell’aldilà non c’è. Un modo elegante per sottolineare l’importanza del parlarsi, dello stare insieme, magari anche senza uno scopo preciso, perché finché ci si parla, non si passa allo scontro. E tutta la cultura africana tende alla conciliazione, piuttosto che allo scontro.
Quali lezioni può trarre la nostra cultura occidentale dall’incontro con le tradizioni e i valori africani?
Credo che la risposta migliore che si possa dare è quella che Amadou Hampaté Ba, il grande intellettuale e scrittore maliano, celebre per la frase “in Africa ogni anziano che muore è una biblioteca che brucia”. Un giorno, dopo una lunga e accesa discussione all’Assemblea generale dell’Unesco, di cui Hampaté Ba faceva parte, un funzionario europeo si rivolse a lui con fare un po’ stizzito e gli chiese: “Ma in fondo cosa potete darci voi africani?”.
“La capacità di ridere, che voi avete perso” gli rispose Hampaté Ba
Una delle cose che mi hanno sempre colpito degli africani è l’incredibile capacità di reagire alle peggiori situazione, con il sorriso, con la gioia di vivere, che si esprime nella danza, nella musica, nella volontà di resistere a tutto e a tutti.