“Il servizio di assistenza spirituale ai militari. Tra diritto confessionale e diritto dello Stato” di Antonello De Oto

Prof. Antonello De Oto, Lei è autore del libro Il servizio di assistenza spirituale ai militari. Tra diritto confessionale e diritto dello Stato edito da Bononia University Press: in che modo sul tema dell’assistenza spirituale ai militari si incontrano diritto confessionale e diritto dello Stato?
Il servizio di assistenza spirituale ai militari. Tra diritto confessionale e diritto dello Stato, Antonello De OtoIl cappellano militare, protagonista del servizio di assistenza spirituale fornito a coloro che vestono la divisa, ieri come oggi, nella sua essenza costitutiva, altri non è che un sacerdote con le stellette seguace dell’esempio di Cristo che, da servo di Dio, obbediente alle leggi canoniche, vive allo stesso tempo, per la sua speciale condizione, un duplice obbligo. Si tratta infatti anche di un cittadino che, prestando un giuramento, viene attualmente incardinato nell’organico delle Forze Armate a norma della Legge statale del 1961 e successive modifiche. Disposizioni normative ora confluite nel Codice dell’ordinamento militare del 2010 poi modificato nel 2012 e riviste dalla recente Intesa in materia siglata dallo Stato Italiano e dalla Santa Sede nel 2018. Così, in questa complessa e delicata figura, nella storia del rapporto cangiante e sempre in evoluzione tra religione ed armi, si incontrano gli obblighi e le prerogative derivanti dal diritto canonico dati dalla condizione sacerdotale con gli obblighi e i diritti connessi alla condizione di cittadino che veste la divisa di un determinato Paese e presta giuramento di lealtà ad esso. Una lealtà indivisa, per usare un’espressione cara al collega Massimo Jasonni, che reca in sé una doppia missione figlia di un percorso storico che partendo dalle parole di Giovanni Battista ad alcuni soldati che chiedevano lumi e consigli sulla condotta di vita da tenere in rapporto all’esercizio del loro status: “Neminem concutiatis neque calumniam faciatis et contenti estote stipendiis vestris”, peraltro un dire che umanizzava la condizione militare e rendeva de facto lecito il mestiere delle armi anche per un battezzato, ha visto l’assistenza religiosa strictu sensu trasformarsi nel tempo in assistenza spirituale. Ciò ha ovviamente comportato un aumentato carico di responsabilità e un campo al contempo più largo di compiti e obblighi verso gli Eserciti e in particolare verso i Comandanti. Lungo e complesso poi è stato l’iter evolutivo del servizio di assistenza religiosa prima e spirituale poi al milite cristiano. Il primo riconoscimento della funzione dell’assistenza spirituale all’esercito, oltre duecento anni dopo l’Editto di Milano del 313, passava da un bisogno di coesione e di formazione delle nuove truppe alla religione divenuta dominante nello scenario statale. Così, grazie alla lettera inviata da Papa Pelagio I al Vescovo di Centum Cellae, missiva che si preoccupava di richiedere, in forma permanente, il servizio di cappellania presso le divisioni bizantine dell’allora Imperator Giustiniano I, il servizio di assistenza spirituale agli eserciti fece il suo ingresso ufficiale nell’alveo della storia. Nel contesto italiano poi soprattutto la prima e la seconda guerra mondiale saranno in contesti storicamente diversi un po’ la “prova del fuoco” per un ruolo e una funzione come quella della cappellania militare investita di compiti delicatissimi in contesti spesso estremi come nella lacerante esperienza della guerra civile che ha infiammato l’Italia dopo l’8 settembre del 1943. Il secondo capitolo del libro affronta in una dinamica di ricostruzione storica di questi percorsi il divenire pastoral-normativo di questa interessante figura in costante mutamento.

Quali norme del nostro ordinamento regolano l’assistenza spirituale ai militari?
Un tema storico ed attuale al contempo quello che vede a contatto religione e armi e che prende in considerazione il rapporto normativo, a volte organico agli eserciti, tra clero ed esperienza militare. Un’indagine giuridica che si dipana sul filo degli accadimenti. Il cappellano militare e il miles christianus sono di certo i protagonisti in questa fase, in un approccio alla modernità che riassetta alcuni meccanismi dell’assistenza spirituale ai militi anche alla luce dei mutati bisogni degli Eserciti divenuti in gran parte professionali e di una nuova intesa con lo Stato. Segno tangibile nella trattazione delle cosiddette res mixtae di una tensione positiva al dialogo che è permanente tra Chiesa cattolica ed Istituzioni Repubblicane. In merito alla nuova Intesa che muta diversi aspetti della fornitura del servizio di assistenza spirituale ai militari e che sta per terminare il proprio iter parlamentare dopo che il Consiglio dei Ministri in data 13 febbraio 2020 ha approvato, su proposta del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale Luigi Di Maio e del Ministro della Difesa Lorenzo Guerini, il disegno di legge di ratifica dell’Intesa tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica in materia di assistenza spirituale alle Forze Armate. Un’intesa che esce dunque dal cassetto per entrare nelle aule parlamentari ma che ancora non è, almeno in questa fase, compiutamente legge dello Stato. Sostanzialmente il contenuto della riforma politico-normativa dell’intera materia ha cercato di valutare tutti gli aspetti in campo. Sia lo Stato da parte sua, sia la Chiesa di Roma si sono lodevolmente fatti carico con il nuovo testo d’Intesa degli aspetti amministrativi volti a ridurre considerevolmente i costi del servizio. La Commissione mista che ha operato nel 2018, nell’insediarsi e nel mappare preliminarmente il campo di lavoro, ha dovuto poi necessariamente tener conto delle innovazioni normative realizzatesi negli ultimi decenni che hanno suggerito di tracciare le linee guida della riforma in armonia con i mutamenti intervenuti nell’alveo ecclesiastico con la stagione del Concilio Vaticano II, e delle successive riforme di tipo concordatario, e nell’ordinamento civile con l’estensione del diritto di libertà religiosa in diversi ambiti, compreso quello delle Forze Armate nonché con le nuove funzioni che la stessa dimensione militare è chiamata ad affrontare in Italia e all’estero. Funzioni svolte soprattutto in appoggio alle popolazioni civili in situazioni e circostanze complicatissime come terremoti e pandemie e all’estero con le missioni di pace in teatri di guerra che richiedono un mutato approccio alla fornitura del servizio di assistenza spirituale. Si può quindi, a ragione, parlare di un’Intesa che ridisegna il rapporto tra cappellani e struttura delle Forze Armate e va a mutare in maniera non trascurabile lo stato giuridico dei cappellani stessi. Il senso ultimo della modifica in itinere risiede nella maggior cura del ruolo spirituale e pastorale svolto dai cappellani anche nei confronti delle famiglie dei militari stessi, in un contesto in cui resta pienamente operante il principio costituzionale di libertà religiosa ex art. 19. Anche e non solo per via del superamento di quel modello che voleva la figura del cappellano calato completamente, incardinato nell’ambito delle Forze Armate in un quadro normativo operante che fonda le sue basi nella normativa del 1961 e che attualmente non soddisfa, per motivi diversi, entrambe le parti. La Commissione ha accolto il principio di non dismettere le stellette esternalizzando la figura del cappellano militare e tenendo fermo il rapporto giuridico che lega i sacerdoti castrensi all’Istituzione militare, al fine di consentire piena libertà di movimento e utilizzo di mezzi e strutture per lo svolgimento del servizio. A mutare è il modo di portare le stellette. Il cappellano militare diviene quindi un militare “speciale”, portatore di aspetti peculiari, seppur sottoposto alle leggi militari. Aspetti che attengono ad un recupero più marcato di quelle funzioni pastorali che gli sono connaturate. Determinando così il loro accesso ai gradi “per assimilazione” e non incorporazione diretta e totale come in passato. Naturale conseguenza di ciò è il fatto che il cappellano, come recita l’art. 5 comma 3, della nuova Intesa, «non può esercitare poteri di comando o direzione, né avere poteri di amministrazione nell’ambito delle Forze Armate» e ancora che «i cappellani non portano armi, indossano di regola l’abito ecclesiastico loro proprio, salvo situazioni speciali nelle quali sia necessario indossare le divisa militare». Accogliendo così ex parte Ecclesiae il concetto che vuole i sacerdoti distanti dalle armi ma vicini agli uomini che per lavoro vivono la condizione militare.

Cosa prevede la normativa vigente per i militari non cattolici?
In via generale non bisogna dimenticare che, pur nella fornitura diretta di una cappellania confessionale di sola matrice cattolica come ovvio per ragioni tradizionali e numeriche, la Repubblica Italiana, in ossequio alla libertà di culto garantita dall’art. 19 della nostra Costituzione, in ambito militare dispone in via attuativa, all’art. 1471 Cod. Ord. Mil., che:

1.I militari possono esercitare il culto di qualsiasi religione e ricevere l’assistenza dei loro ministri. 2. La partecipazione alle funzioni religiose nei luoghi militari è facoltativa, salvo che nei casi di servizio. 3. In ogni caso, compatibilmente con le esigenze di servizio il comandante del corpo o altra autorità superiore rende possibile ai militari che vi hanno interesse la partecipazione ai riti della religione professata e a quelle iniziative rivolte ai militari, sia singolarmente sia collettivamente, che sono proposte e dirette dal personale addetto all’assistenza spirituale alle Forze armate. 4. Se un militare infermo, o per esso i suoi familiari, richiede i conforti della sua religione, i Ministri di questa sono chiamati ad assisterlo. 5. Rimane ferma la disciplina introdotta dalle leggi di autorizzazione alla ratifica ed esecuzione del Concordato lateranense, nonché dalle leggi che recepiscono le intese con le confessioni religiose diverse da quella cattolica”.

Al di là di questa disposizione contenuta nel Codice dell’Ordinamento militare bisogna poi notare come per i culti differenti dalla religione cattolica con rapporti regolati da intese recepite in legge, disposizioni specifiche in tal senso sono contenute in tali intese, mentre per i culti diversi da quello cattolico che non hanno voluto o potuto – è d’obbligo precisare dopo la sentenza n. 52 del 2016 della Corte costituzionale – stipulare intese ai sensi dell’art. 8, comma 3, Cost., si fa riferimento al R.D. n. 289 del 1930 (artt. 5, 6 e 8).

Da ultima la Chiesa d’Inghilterra, il 30 luglio 2019, ha stipulato un’Intesa con il primo governo Conte e la materia dell’assistenza spirituale ai militari è regolata all’art. 3 del testo (Assistenza spirituale) in particolare ai paragrafi 1 e 3.

Questa materia non sfugge dunque al triplice binario di regolamentazione generale che in Italia interessa le confessioni religiose, in buona sostanza: Concordato per i cattolici, Intese per le minoranze che riescono a stipulare tale accordo ai sensi dell’art. 8 III comma Cost. e legge sui culti ammessi per coloro che non rientrano in questa ipotesi (ad esempio le varie sigle islamiche presenti sul territorio). In mancanza di una legge generale sulla libertà religiosa e con la risistemazione della fornitura del servizio di assistenza spirituale ai militari cattolici si può immaginare che con l’approvazione di questa nuova legge, la disciplina nel suo complesso potrebbe evolvere in un prossimo futuro anche in senso pluriconfessionale. Certo considerati per il criterio di realtà i numeri molto inferiori di militi non cattolici allo stato attuale e se dovesse permanere questa restrittiva legge sulla cittadinanza che è porta necessaria di ingresso alla condizione militare, non si tratterebbe nei fatti che di pochissime unità di cappellani non cattolici principalmente appartenenti alle c.d. minoranze storiche del Paese (protestanti ed ebrei).

Antonello De Oto è Professore presso l’Università di Bologna dove insegna Diritto delle religioni (Dipartimento di Scienze politiche e sociali) e Diritto ecclesiastico italiano e comparato (Dipartimento di Scienze giuridiche, sede di Ravenna). È autore e curatore di numerose pubblicazioni nel campo del Diritto ecclesiastico e del Diritto pubblico in ambito nazionale ed estero. Nominato Cavaliere della Repubblica Italiana nel 2017 è stato nel 2018 insignito anche del Collare di Sant’Agata dalla Repubblica di San Marino. È Avvocato iscritto all’ordine professionale di Bologna e attualmente ricopre anche l’incarico di referente per i rapporti scientifico-didattici con le istituzioni militari dell’Ateneo felsineo. Ufficiale della Croce Rossa Militare in congedo e Presidente dell’A.N.M.C.R.I. (Associazione Nazionale Militari Croce Rossa) di Bologna, dal 2016 riveste il ruolo di Consigliere di indirizzo della Fondazione Flaminia di Ravenna.

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