
Fin dal momento in cui l’evoluzione biologica del proprio cervello gliel’ha consentito, l’uomo ha cercato di utilizzare i materiali che reperiva in natura a proprio vantaggio (anche alcune altre specie animali lo fanno).
L’uomo primitivo che scheggiava una selce per renderla più affilata o impastava argilla per realizzare un mattone o una rudimentale ciotola eseguiva operazioni che rappresentano i primordi di quella complessa disciplina che oggi chiamiamo scienza dei materiali.
La disponibilità di nuovi materiali ha consentito all’uomo di compiere importantissimi passi verso la civiltà. Non a caso le età preistoriche sono identificate con il nome dei materiali che via via erano disponibili: pietra, rame, bronzo e ferro. Anche oggi i nuovi materiali accompagnano e guidano lo sviluppo sociale ed economico. È stato calcolato che nei paesi a economia avanzata l’attività nel campo dei materiali innovativi contribuisce in modo diretto o indiretto a formare circa il 30 o addirittura il 40% della ricchezza di una nazione. Non esiste ambito delle attività umane che non dipenda dal tipo di materiali disponibili: edilizia, tecnologia, logistica, medicina, comunicazioni, ma anche arte, architettura, design, fino alle attività più prettamente intellettuali. Scrittori, saggisti e poeti, ad esempio, un tempo usavano carta, penna e inchiostro e oggi il PC e programmi di videoscrittura, che esistono grazie alle proprietà dei semiconduttori.
Quali, tra i vari materiali scoperti dall’uomo, hanno determinato i maggiori progressi sociali ed economici?
Dal punto di vista storico legno, pietra e osso sono stati i primi materiali utilizzati dall’uomo. La scoperta dei metalli (inizialmente solo quelli che si trovano allo stato nativo) ha rappresentato un grosso progresso. Altra svolta fondamentale si è avuta quando l’uomo ha imparato ad estrarre i metalli dai loro minerali. E tra i metalli, sicuramente il ferro ha giocato un ruolo di primo piano.
Venendo a epoche più recenti, un’innovazione decisiva fu la scoperta delle materie plastiche, avvenuta prevalentemente negli anni cinquanta del XX secolo. In particolare, il chimico tedesco Karl Ziegler (1898-1973) e il nostro Giulio Natta (1903-1979) misero a punto dei particolari catalizzatori in grado di polimerizzare l’etilene e il propilene. I polimeri ottenuti (polietilene e polipropilene) furono materiali innovativi che rivoluzionarono la tecnologia e la vita quotidiana di tutti i cittadini. Una varietà di polipropilene (detto isotattico) venne prodotto industrialmente con il nome di Moplen, e moltissimi manufatti di uso domestico e industriale vennero realizzati con questo materiale con costi bassissimi, rispetto ai materiali con cui venivano realizzati precedentemente. Ziegler e Natta furono insigniti del premio Nobel per la chimica nel 1963 (Natta è stato l’unico italiano ad aver conseguito l’ambito riconoscimento per la chimica).
Altra rivoluzione, avvenuta nel secondo dopoguerra, si è avuta con i semiconduttori. Con tali materiali si realizzano elementi circuitali quali diodi, transistor e circuiti integrati che hanno consentito lo sviluppo straordinario dell’elettronica. Se oggi abbiamo tutti in tasca uno smartphone che fa cose meravigliose, lo dobbiamo ai semiconduttori.
Cosa sono gli smart materials e quali applicazioni trovano?
Si tratta dei cosiddetti materiali intelligenti, ovvero materiali che sono capaci di rispondere a stimoli differenti, adattando la loro risposta a particolari esigenze. L’elenco è lungo: materiali piezoelettrici, a memoria di forma, fotovoltaici e per l’optoelettronica, polimeri elettroattivi, elastomeri dielettrici, materiali magnetostrittivi, cromogenici, ferrofluidi, fotomeccanici, autoriparanti, magnetocalorici, termoelettrici, ecc. Possono trovare innumerevoli applicazioni. Ad esempio, i materiali autoriparanti, se subiscono una frattura, la “rimarginano” da soli, così come i tessuti biologici rimarginano una ferita. Un altro esempio è costituito dai MOF, ovvero Metal Organic Frameworks. Alcuni di questi materiali sono in grado di assorbire elevate quantità di luce. Quest’ultima, infatti, provoca una modifica della struttura di alcune molecole del materiale Tale modifica è però reversibile e, tornando alla loro forma originale, le molecole rilasciano l’energia assorbita sotto forma di calore. La cosa interessante è che il rilascio di energia può avvenire a notevole distanza di tempo: negli esperimenti finora realizzati l’intervallo di tempo è arrivato fino a quattro mesi e si prevede di riuscire ad allungarlo ulteriormente. Le applicazioni che si prevedono sono di vario tipo: dal riscaldamento domestico nei mesi invernali (sfruttando l’energia accumulata d’estate), fino allo sbrinamento dei parabrezza delle auto ricoperti dal ghiaccio.
Quali proprietà hanno i nanomateriali?
Si tratta di materiali, naturali, derivati o sintetici, che contengono particelle allo stato libero, aggregato o agglomerato, che hanno almeno una dimensione nanometrica, ovvero compresa fra 1 e 100 nm (il nanometro è un miliardesimo di metro).
A parità di composizione chimica, i materiali ridotti in dimensioni nanometriche assumono particolari proprietà chimico-fisiche che non compaiono a livello di dimensioni superiori. Questo accade perché la scala nanometrica rappresenta una sorta di zona di confine tra l’ambito in cui valgono le leggi della fisica classica e quello in cui cominciano invece a valere quelle della meccanica quantistica. Inoltre alla scala nanometrica i materiali assumono un valore elevatissimo del rapporto superficie/volume. Di conseguenza diventano predominanti le proprietà degli atomi di superficie che risultano nettamente prevalenti dal punto di vista numerico. È anche opportuno osservare che a livello nanometrico non solo appaiono proprietà diverse da quelle che un materiale presenta a livelli di dimensioni superiori, ma tali proprietà risultano diverse anche da quelle presentate dalle singole molecole o dai singoli atomi.
Vi sono nanomateriali zero dimensionali, quali le nanoparticelle, i cluster molecolari, i nanocristalli, i quantum dots (punti quantici) e i fullereni. Nanomateriali monodimensionali, quali i nanofili e i nanotubi. E infine quelli bidimensionali, quali le matrici di nanoparticelle e il grafene (e materiali simili, quali germanene, silicene, borofene, ecc.).
I nanomateriali presentano singolari proprietà chimico-fisiche che ne consentono l’applicazione in innumerevoli settori tecnologici. Ad esempio, le interessanti proprietà del grafene hanno consentito la realizzazione di alcuni tipi di transistor che presentano eccezionali prestazioni elettroniche. Sospensioni di grafene possono essere usate come inchiostri, per ottenere film trasparenti e conduttori, adatti, ad esempio, per schermi LCD. Inoltre le proprietà meccaniche del grafene lo rendono un materiale particolarmente resistenze e alcune sue applicazioni sono già utilizzate in vari ambiti, ad esempio quello sportivo: esistono già in commercio racchette da tennis e copertoni per bicicletta che usano compositi a base di grafene. Altri impieghi sono stati trovati nella realizzazione di celle solari, batterie, rivelatori di gas, membrane per osmosi inversa, ecc.
Quali sono i nuovi materiali da costruzione?
La chimica applicata all’edilizia ha consentito interessanti soluzioni innovative sia per la realizzazione di nuove costruzioni sia per il recupero del patrimonio edilizio esistente. I cosiddetti formulati sono miscele di diversi composti, spesso in numero elevato, ciascuno dei quali esplica una determinata funzione specifica, contribuendo alle proprietà complessive del materiale risultante.
Vi sono poi materiali autoriparanti a base biologica, che sfruttano cioè l’azione di funghi o batteri per ottenere la riparazione di fratture. I cosiddetti materiali a cambiamento di fase (PCM, dall’inglese Phase Change Materials) cambiano il proprio stato di aggregazione assorbendo o rilasciando calore. Possono essere aggiunti ai materiali tradizionali con varie tecniche (impregnazione e micro-incapsulamento). Se si usano come materiale di rivestimento esterno, possono fornire un buon isolamento termico. Nei mesi estivi limitano l’ingresso di calore all’interno dell’edificio, in inverno, viceversa, limitano la dispersione termica.
È stato pure messo a punto un cemento “mangia smog”. Grazie all’azione foto-catalitica di alcuni composti (ad esempio, il biossido di titanio, TiO2), questo materiale è in grado di degradare, se esposto alla luce, diversi inquinanti organici atmosferici. Con questo cemento è stato costruito l’ex Palazzo Italia di Expo 2015, attuale sede della fondazione di ricerca Human Technopole. Anche i nanomateriali e le nanotecnologie possono trovare impieghi in campo edile. In particolare sono in corso studi per cercare di utilizzarli per la creazione di nuovi cementi, nella riduzione del rumore, nell’isolamento termico, nella regolazione della temperatura e nei rivestimenti superficiali per migliorare la funzionalità di diversi materiali. I nanomateriali trovano già applicazione nella realizzazione di compositi strutturali leggeri e resistenti, come materiali di rivestimento a bassa manutenzione e anche come materiali cementizi ad alte prestazioni. Sono poi in fase di studio dei “mattoni elettrici”, cioè mattoni in grado di immagazzinare energia elettrica e di restituirla quando serve (come accade nel popolare videogioco Minecraft con un materiale chiamato redstone).
Quali sono i materiali più promettenti per il futuro dello sviluppo tecnologico?
Sicuramente gli smart materials e i nanomateriali sono quelli più promettenti. Come abbiamo già accennato nelle risposte precedenti, sono in corso ricerche che hanno un che di fantascientifico.
Cito ancora un esempio piuttosto curioso. In due parchi di Tokyo, il Yoyogi Fukamachi Mini Park e il Haru-no-Ogawa Community Park, sono stati installati servizi igienici pubblici con pareti completamente trasparenti. Quando qualcuno entra e chiude la porta, le pareti diventano però immediatamente opache, garantendo la privacy. Le pareti sono realizzate in vetro particolare che contiene cristalli liquidi. La chiusura o l’apertura della porta attiva o disattiva un campo elettrico che rende le pareti trasparenti oppure opache. In tal modo si può subito vedere, a colpo d’occhio, se il bagno è libero o occupato, senza bisogno di bussare.
Al di là delle curiosità, molta attenzione è rivolta a diverse categorie di materiali, quali i termoelettrici, i magnetocalorici, i fotovoltaici e per l’optoelettronica, i materiali ottici non lineari, i ferroelettrici, i piroelettrici, i superconduttori e i nuovi semiconduttori. Sono materiali che possono trovare innumerevoli applicazioni nella produzione di energia, nell’elettronica, nell’elettromeccanica e in mille altri settori.
Infine, osserviamo che la moderna scienza dei materiali è una disciplina giovane e in continua evoluzione. Come ha scritto Alberto Diaspro[1] nella prefazione al libro che gentilmente mi ha scritto: “Scommetterei che tra l’inizio e la fine della lettura di questo libro, che la facciate tutta d’un fiato o nei tempi che il vostro quotidiano vi permette, sarà stato reso disponibile, da qualche parte del pianeta che condividiamo con oltre sette miliardi di nostri simili, un nuovo materiale”.
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[1] Direttore del Dipartimento di Nanofisica dell’IIT (Istituto Italiano di Tecnologia). Professore ordinario di fisica applicata all’Università di Genova. Presidente del Consiglio Scientifico del Festival della Scienza di Genova.