“Il primo re crociato. La spedizione di Sigurd in Terrasanta” di Francesco D’Angelo

Dott. Francesco D’Angelo, Lei è autore del libro Il primo re crociato. La spedizione di Sigurd in Terrasanta edito da Laterza: chi era Sigurd Magnússon?
Il primo re crociato. La spedizione di Sigurd in Terrasanta, Francesco D'AngeloSigurd Magnússon (1089-1130) è forse uno dei personaggi più importanti della storia – non solo medievale – della Norvegia. Figlio secondogenito di re Magnús Óláfsson detto «Gambenude», alla morte di suo padre (1103) salì al trono insieme a suo fratello maggiore Eysteinn (†1123) e a suo fratello minore Óláfr (†1115), con i quali condivise il trono per alcuni anni prima di restare unico sovrano. Prima ancora delle sue gesta militari, su cui ci soffermeremo a breve, è il suo stesso nome – che in norreno significa «custode della vittoria» e richiama quello di Sigurd/Sigfrido, protagonista del ciclo dei Nibelunghi ed eroe germanico per eccellenza – a farne un predestinato sin dalla nascita. Stando alle fonti medievali, di lui colpiva inoltre l’aspetto fisico, nei testi descritto in modo quasi unanime: era «un adolescente bello e audace», «un giovane di aspetto assai bello», «un giovane di alta statura e di bell’aspetto». Ma a influenzare in modo determinante il giudizio dei contemporanei, e poi dei posteri, fu soprattutto la straordinaria impresa da lui compiuta al principio del suo regno, quella spedizione in Terrasanta che gli procurò gloria e onori e un soprannome, Jórsalafari («che ha viaggiato fino a Gerusalemme», «Gerosolimitano»), che lo rese famoso: difatti al suo ritorno, scrive nel 1235 l’islandese Snorri Sturluson, «fu accolto calorosamente; e tra gli uomini si diceva che nessuno, dalla Norvegia, aveva mai intrapreso un viaggio così onorevole». Una tale reputazione non fu intaccata neanche quando, negli ultimi anni, Sigurd iniziò a soffrire di frequenti e spesso violenti accessi d’ira, probabili sintomi di un grave malessere psichico (forse addirittura un disturbo bipolare). Sull’improvviso insorgere della malattia iniziarono presto a circolare voci e dicerie: secondo alcuni, scrive alla fine del XII secolo il cronista norvegese Teodorico, il re avrebbe perso il senno dopo aver bevuto una pozione velenosa di qualche genere, sebbene non vi siano prove che possano confermare una simile ipotesi. In ogni caso quando la morte lo colse, il 26 marzo del 1130, egli se ne andò lasciando dietro di sé un ricordo estremamente positivo, quello di un sovrano amato e popolare la cui dipartita, nel racconto degli scrittori norvegesi e islandesi del tempo, costituì un vero e proprio spartiacque per la Norvegia, quasi la fine di un’era, poiché da quel momento ha inizio una lunga epoca segnata da violenze di ogni genere: «scelleratezze, uccisioni, spergiuri, parricidi, dissacrazione dei luoghi santi, disprezzo di Dio, saccheggi ai danni tanto dei religiosi quanto dell’intero popolo, rapimenti di donne e altre abominazioni che sarebbe troppo lungo enumerare». Nell’interpretazione di questi autori, insomma, il regno di Sigurd rappresentò dunque una sorta di “età dell’oro”, uno dei punti più alti nella storia della Norvegia.

Perché la sua storia è unica nel panorama delle crociate medievali?
A prima vista la storia di un re cristiano del XII secolo che, desiderando farsi crociato e visitare i Luoghi Santi, si imbarca per un lungo e pericoloso viaggio in Oriente, potrebbe non avere nulla di straordinario se consideriamo che dall’XI al XIII secolo le crociate in Terrasanta – campagne militari combattute da cristiani e musulmani per il controllo di Gerusalemme e della Palestina – videro la partecipazione di tanti personaggi di nobili natali (imperatori, re, principi) i quali, spinti dalla motivazioni più varie, lasciarono il proprio paese, a volte anche per molti anni, per andare a combattere oltremare contro quello che, dalla fine del secolo XI, era diventato il nemico per eccellenza della cristianità. La storia di Sigurd, tuttavia, si distingue per la provenienza geografica e per l’estrazione socio-culturale del suo attore principale: non un imperatore germanico, né un sovrano francese o inglese, bensì uno scandinavo, signore di un regno lontano in cui il cristianesimo si era definitivamente affermato da appena un secolo. Ciò fa di lui una figura quantomeno insolita nell’ambito delle crociate, fino a pochi anni fa reputate fenomeno esclusivamente mediterraneo in cui gli scandinavi avrebbero avuto un ruolo defilato se non addirittura insignificante, quasi da semplici spettatori. Una simile convinzione è però insostenibile alla luce delle più recenti ricerche ed è clamorosamente smentita dalla vicenda personale di Sigurd – primo sovrano cristiano a visitare il regno latino di Gerusalemme dal tempo della sua fondazione (1099) – e da quelle di tanti altri che prima e dopo di lui, dalla Scandinavia, percorsero con regolarità le vie di pellegrinaggio verso i principali santuari (Roma, Gerusalemme, Compostela) e apportarono altresì un contributo importante allo stesso movimento crociato. A rendere straordinaria la storia di Sigurd è inoltre la sua valenza simbolica, il suo essere cioè il punto di incontro fra due realtà, quella nordica e quella mediterranea, geograficamente e culturalmente distanti tra loro, in uno scenario reso peraltro più complesso dal fatto che, nel XII secolo, il mondo mediterraneo si presentava a sua volta diviso tra la componente latina occidentale, quella greco-bizantina e quella arabo-islamica. Eccezionale momento di confronto fra mondi così lontani, la vicenda di Sigurd è unica anche per la compresenza di elementi di origine differente: da un lato, la tensione spirituale e la devozione religiosa, proprie di tutta l’epoca delle crociate; dall’altro, il desiderio di avventura, la ricerca della fama e la brama di oro e di ricchezze, tipici dell’età vichinga. Come due facce di una sola medaglia, ambedue gli aspetti – quello «crociato e quello «vichingo» – emergono a più riprese nel corso della storia e convivono perfettamente nella stessa persona di Sigurd, devoto re cristiano e carismatico capo guerriero, vero e proprio «eroe tra due mondi».

Quali vicende segnarono il viaggio del re norvegese verso la Terrasanta?
Ciò che colpisce della spedizione di Sigurd è anzitutto il suo itinerario articolato e la considerevole distanza coperta. Tracciato idealmente su una mappa, l’itinerario di Sigurd si configura infatti come una sorta di periplo del mondo conosciuto, un vero e proprio viaggio dall’estrema periferia settentrionale, la Norvegia, fino al centro della terra, Gerusalemme, città che per i cristiani medievali rappresentava, sia fisicamente che spiritualmente, l’ombelico del mondo e il ponte d’accesso tra la terra e il cielo. Salpati nel 1107 dalla città di Bergen con una flotta di sessanta navi, i norvegesi seguirono una rotta che dall’Atlantico li avrebbe condotti nel Mediterraneo: dopo una sosta iniziale in Inghilterra per trascorrere l’inverno, raggiunsero la Spagna cristiana (Galizia) e musulmana (al-Andalus), espugnando e saccheggiando alcune città costiere. Superato lo stretto di Gibilterra, dove alcune galee saracene cercarono invano di sbarrare loro il passo, i norvegesi toccarono in successione le Baleari (Formentera, Ibiza e Minorca) e la Sicilia, sostandovi prima di ripartire per l’Oriente. Qui la crociata entrò nel vivo: a Gerusalemme Sigurd fu infatti ricevuto calorosamente da re Baldovino I (1100-1118), insieme al quale pianificò l’assedio di Sidone, città che cadde nell’inverno del 1110. Ritenendo di aver assolto il proprio voto, Sigurd prese di nuovo il mare, questa volta in direzione di Costantinopoli, dove per qualche tempo fu ospite del basileus Alessio I Comneno (1081-1118). Quando giunse il momento di prendere commiato, gran parte dei norvegesi decisero di rimanere a Bisanzio, arruolandosi nella prestigiosa guardia variaga, mentre il re, abbandonate tutte le navi, si incamminò via terra attraversando la Bulgaria, l’Ungheria, la Germania e la Danimarca, ultima tappa prima del definitivo rientro in patria: quando Sigurd mise finalmente piede sul suolo norvegese era il 1111, ed erano trascorsi quattro anni dal giorno della sua partenza.

Come si concluse la spedizione di Sigurd e quale eco ebbe?
Come abbiamo visto, nell’immediato la spedizione di Sigurd sortì certamente un effetto concreto e visibile sul piano militare, fornendo un contributo fondamentale per la conquista di Sidone da parte dei crociati. A dimostrazione della rilevanza internazionale di questa impresa, e del profondo impatto avuto sui contemporanei, della crociata norvegese esistono molti resoconti, redatti fra XII e XIII secolo da scrittori e cronachisti norvegesi, islandesi, inglesi, francesi, tedeschi, italiani e persino arabi: nel volgere di pochi anni, le notizie delle gesta di Sigurd nel Mediterraneo e in Outremer fecero dunque il giro d’Europa, contribuendo in modo determinante alla formazione della sua splendida reputazione. Partito quasi in sordina dalla Norvegia, nel corso del suo iter il giovane re aveva accresciuto la sua fama e il suo prestigio grazie alle vittorie in battaglia, certo, ma soprattutto agli onori e all’ospitalità riservatagli dai più grandi monarchi della cristianità: Enrico I d’Inghilterra, Ruggero II di Sicilia, Baldovino I di Gerusalemme, l’imperatore bizantino Alessio I Comneno, Lotario di Supplimburgo duca di Sassonia, Niels I di Danimarca. Accanto al tema della crociata, dietro il suo viaggio possiamo quindi scorgere una sorta di percorso iniziatico, che attraverso la visita delle maggiori corti d’Oriente e d’Occidente sancì la piena e definitiva integrazione del re norvegese, e del suo regno, nel consesso dei monarchi cristiani. Infine, anche dopo la morte il suo ricordo si mantenne vivo e la sua spedizione divenne addirittura il metro di paragone per altre partite successivamente dalla Norvegia. In ultima analisi, la figura e l’esperienza personale di Sigurðr contribuirono in modo determinante a emancipare gli scandinavi da una certa marginalità culturale, rendendoli pienamente protagonisti sulla scena mediterranea.

Francesco D’Angelo è assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Storia, Antropologia, Religioni, Arte e Spettacolo dell’Università di Roma Sapienza e collabora con l’Istituto di Storia dell’Europa Mediterranea del CNR (Cagliari-Roma). I suoi principali ambiti di ricerca comprendono la storia della Scandinavia medievale e dei suoi rapporti con il mondo mediterraneo nel Medioevo. Ha partecipato a conferenze e convegni accademici di rilevanza nazionale e internazionale e ha pubblicato articoli su riviste scientifiche italiane e straniere. Tra le sue pubblicazioni: In extremo orbe terrarum. Le relazioni tra Santa Sede e Norvegia nei secoli XI-XIII, Roma, Nuova Cultura, 2017; La fonte di Urðr. La Scandinavia, l’Europa e il Mediterraneo (secoli VIII-XIII), Viterbo, Vocifuoriscena, 2021.

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