“Il primo “Gran Maestro”. Gerardo e l’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (1070-1120)” di Giuseppe Perta

Prof. Giuseppe Perta, Lei è autore del libro Il primo “Gran Maestro”. Gerardo e l’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (1070-1120) pubblicato dalle Edizioni Scientifiche Italiane: quando nacque e come si sviluppò il complesso ospedaliero di Gerusalemme?
Il primo "Gran Maestro". Gerardo e l'Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (1070-1120), Giuseppe PertaL’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme, annesso al monastero di Santa Maria dei Latini, nelle immediate vicinanze del Santo Sepolcro, venne fondato alla metà dell’XI secolo, e comunque prima del 1071, da un patrizio-mercante amalfitano di nome Mauro de Comite Maurone. Sarebbe più corretto, tuttavia, parlare di rifondazione, giacché si operò su una struttura risalente ai tempi di Carlo Magno (inizio IX secolo), se non addirittura a quelli di Gregorio Magno (inizio VII secolo). Dell’ospizio carolingio rende testimonianza un monaco franco, di nome Bernardo, che giunse pellegrino a Gerusalemme attorno all’870. Le parole “ospedale” e “ospizio” non devono trarci in inganno. Era una struttura d’accoglienza polivalente. Fungeva da nosocomio, ma era anche e soprattutto un alloggio sicuro per i viandanti, ricchi e poveri, un rifugio per i bisognosi in senso lato, giovani e anziani. L’ospedale latino di Gerusalemme dovette fare i conti col passare dei tempi, e con tempi particolarmente duri subito dopo il Mille, quando, per esempio, l’imam fatimide d’Egitto al-Hakim, che governava sulla Palestina, decise di colpire duramente i cristiani distruggendo alcuni luoghi di culto tra cui lo stesso Santo Sepolcro, che preserva la tomba vuota del Cristo. Le successive tregue tra bizantini e fatimidi favorirono la ricostruzione dei Luoghi Santi ed è quindi verosimile che in questo dialogo s’inserissero gli amalfitani di cui si è detto, che avevano tessuto già alla metà del X secolo una fitta trama di relazioni commerciali e diplomatiche in tutto il Mediterraneo centrale e orientale. Erano ben voluti sia a Costantinopoli che al Cairo, dove esportavano materie prime preziose perché rare, tra cui il legname. Il sovrano al-Mustansir concesse dunque agli amalfitani di costruire un monastero con annesso ospizio nel quartiere che era già degli occidentali, accanto alla chiesa bizantina intitolata a Giovanni Battista. Poiché giungevano molte donne pellegrine, si costruì anche un monastero femminile.

Chi era Gerardo e quali vicende segnarono la sua vita prima della nascita dell’Ordine?
Quando l’amalfitano Mauro de Comite Maurone finanziò la ricostruzione del monastero dei Latini, chiamò a gestirlo abate e monaci dalle sue parti, com’è scritto a chiare lettere nelle cronache coeve. Tra loro c’era Gerardo, che svolgeva le mansioni di ospedaliere per incarico dell’abate. Ogni monastero, come prescrive un capitolo della Regola Benedettina, dove dotarsi un addetto all’ospitalità, “la cui anima sia posseduta dal timore di Dio”. Sembra quasi fargli eco Guglielmo di Tiro che, nel descrivere Gerardo, lo tratteggia così: “uomo di santa vita”. Gerardo aveva un bel da fare nella Città Santa, dove giungevano a pregare, il più delle volte dopo un viaggio di molti mesi, se non addirittura anni, centinaia e centinaia di pellegrini, consumati dalla fatica. L’iter gerosolimitano era diventato da qualche tempo un pellegrinaggio alla portata di tutti, per una serie di ragioni che ho cercato di spiegare nel mio precedente volume, La vigilia della Crociata, e che determinarono di fatto lo sconvolgimento del quadro della mobilità devozionale. In sintesi, si assiste ad uno sviluppo numerico del fenomeno legato alla possibilità di viaggiare per via di terra. Chi giungeva alle porte della Città Santa sapeva già di poter contare sull’ospedale di San Giovanni dove, qualche tempo dopo, un pellegrino tedesco registrerà il numero di duemila posti letto.

Quali vicende condussero alla nascita dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme?
All’indomani della vittoria dei crociati, il 15 luglio 1099, il flusso dei pellegrini cristiani diretti a Gerusalemme si fece ancor più cospicuo. Non si trattava di qualche bisognoso o di dare vitto e alloggio a pochi monaci pellegrini. Diventarono inconciliabili le esigenze di quiete del monastero benedettino con l’antico dovere dell’ospitalità, per cui l’ospedale si separò dall’abbazia, dando origine ad un’istituzione formalmente nuova e indipendente da Santa Maria dei Latini.

Gerardo radunò attorno a sé alcuni uomini che da quel momento adottarono un modello di vita regolare e portarono sul petto una croce bianca. Divenne quindi capo di un Ordine inteso come comunità che vive sotto la stessa regola e che obbedisce ad un’unica autorità, quella del pontefice, per tramite del magister. L’ospedale iniziò subito a ricevere privilegi e donazioni per proprio conto. Goffredo di Buglione ne fa alcune dirette al monastero ed altre specificatamente dirette all’ospedale. Allo stesso modo agisce Boemondo d’Antiochia, Baldovino I di Gerusalemme e molti altri. I pontefici, da parte loro, non si limiteranno ad incoraggiare le donazioni ma svincoleranno Gerardo dalla giurisdizione e dal controllo del patriarca e dei vescovi dei regni latini d’Oriente, ponendo l’ospedale sotto la diretta protezione di Roma.

In che modo divenne primo gran maestro dell’Ordine?
Gerardo è alla testa dell’ospedale nel momento in cui quest’ultimo si svincola dal monastero per i motivi di cui si è detto. Quindi, da responsabile che opera sotto la guida dell’abate, diventa capo di un’istituzione “nuova”. Infatti le donazioni sono rivolte a lui. Il pontefice lo definisce “istitutore” e “preposito”, ma sono traduzioni troppo letterali! Gli ospedalieri sono ormai conosciuti come i fratres di Gerardo, che è chiamato nei diversi atti anche rettore, guardiano, custode, ospedaliere, maestro… Tecnicamente, il titolo di “gran maestro” non esiste all’epoca di Gerardo. Si generalizza a partire dal Quattrocento. Ma si giustifica per due motivi. Innanzitutto perché le stesse fonti ufficiali dell’Ordine, già dalla fine del Duecento o, al più, agli inizi del Trecento, fanno riferimento a una Cronologia dei Maestri, ossia a un elenco dei capi dell’Ordine, inizialmente in latino e in medio-francese, che prende le mosse sempre da Gerardo, individuato appunto come primo tra coloro che un giorno saranno denominati ufficialmente gran maestri. D’altro canto, a quell’epoca non esiste neanche la parola “crociata” e nemmeno, ovviamente, la parola “Medioevo”. Lasciamo da canto, però, le questioni filologiche. C’è qualcosa di sostanziale. Già dai primi anni del Millecento dall’ospedale di San Giovanni di Gerusalemme dipendono domus sparse tra Oriente e Occidente che hanno a capo dei magistri. Va da sé che, se c’era un magister a capo di un’unità periferica, c’era a Gerusalemme qualcuno che gli era preposto, il “gran maestro” Gerardo, appunto.

Come è possibile separare verità storiche dal racconto agiografico relativo alla fondazione dell’Ordine?
Lei utilizza un vocabolo adoperato anche da Guglielmo di Santo Stefano, commendatore di Cipro e primo storiografo ufficiale dell’Ordine, autore di un’opera storiografica conosciuta come Exordium Hospitalis, “I primordi dell’Ospedale”. Questi, dopo aver esposto le cosiddette leggende relative alla nascita dell’Ospedale, prima di parlare di Gerardo, scrive: “Ora, lasciamo da parte la vanità e concentriamoci sulla verità…”, in qualche modo distinguendo le finalità agiografiche dal racconto storico. Tuttavia, io direi che agiografia e storia, in questo contesto, sono due facce della stessa medaglia, perché i racconti dei miracoli finiscono per essere chiavi interpretative della realtà. Anche il miracolo delle pietre tramutate in pane, attribuito a Gerardo, riporta un fatto essenziale, anzi due: in primis, il ruolo avuto dall’ospedaliere al tempo dell’assedio dei crociati, e poi il credito di cui lo stesso Gerardo godeva presso i musulmani. Il fatto che nei racconti agiografici il sultano rifiutasse, in prima istanza, di ricevere le accuse rivolte a Gerardo dalle sue guardie, imponendo piuttosto di coglierlo in flagranza, dà sostanza all’idea che l’Ospedale alloggiasse, indistintamente, cristiani, musulmani ed ebrei. Gli scontri, insomma, andavano di pari passo con gli incontri.

L’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme ha saputo nei secoli far fronte alle minacce e alle intemperie, dando origine ad uno Stato senza territorio, lo SMOM: in che modo la storia delle sue origini ne chiarisce la missione attuale?
Quello che oggi conosciamo tutti come Ordine di Malta è il risultato di una storia tipicamente mediterranea, distesa tra Terra Santa e Occidente, attraverso gli anni, anzi i secoli, di Acri, Cipro, Rodi, Malta, Roma, dove dal 1834 ha sede il suo governo. Lo SMOM opera in centoventi Paesi, ha relazioni diplomatiche in più cento stati e un seggio permanente alle Nazioni Unite anche perché ha manifestato sin dalla nascita carattere internazionale, a differenza di altri ordini militari che hanno un’impronta nazionale o regionale; penso ai teutonici ma anche a San Lazzaro e agli ordini iberici. Allo stesso modo, l’Ordine di Malta porta avanti coerentemente la sua missione assistenziale originaria, l’obsequium pauperum, che è la vera cifra identitaria degli Ospedalieri. Al tempo della cosiddetta Seconda Crociata, poco prima o poco dopo, col mutare dei ruoli tra assedianti e assediati, cristiani e musulmani, inizierà il processo di militarizzazione dell’Ordine. Ecco perché, come nel caso dei Templari e poi di altri tra cui i Teutonici, si parla anche di ordini “monastico-cavallereschi”. Tra le fila degli ospedalieri, ai fratres si affiancheranno cavalieri e sergenti. Ma i tanti episodi di eroismo sul campo di battaglia, da Montigisard a Lepanto, passando per la conquista di Rodi e il grande assedio di Malta, non devono ombreggiare la missione assistenziale di lunga durata, che è la vera cifra identitaria degli Ospedalieri. Infatti, nella Regola delle origini, che è di stampo benedettino, e che venne approvata da papa Eugenio III al tempo del successore di Gerardo, fra Raimondo du Puy, non c’è alcun riferimento alle attività belliche. Il cavaliere medievale, d’altro canto, assurge a modello ideale solo quando è capace di unire il valore militare alla pia devozione. Gerardo non era un cavaliere ma il perfetto trait d’union tra il pellegrinaggio e la crociata, potremmo definirlo un crociato senza spada, protagonista a suo modo di un’impresa, quella del 1099, in cui l’entusiasmo religioso, gli ideali – diversamente da quanto accadrà in molte delle successive spedizioni armate – saranno preminenti sugli interessi di ordine politico, militare ed economico.

Giuseppe Perta insegna Storia medievale presso il Dipartimento di Scienze formative, psicologiche e della comunicazione dell’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa ed è vicedirettore del MEDAlics, il Centro di Ricerca sulle Relazioni mediterranee dell’Università per Stranieri Dante Alighieri di Reggio Calabria. I suoi interessi vertono sulla storia della mobilità, dei pellegrinaggi e degli ordini religioso-militari, con particolare attenzione ai rapporti tra Occidente e Islam nel Medioevo. Ha già pubblicato i volumi: Mediterraneo della mobilità. Il viaggio a Gerusalemme tra Tarda Antichità e Prima Crociata, Napoli 2015; La vigilia della Crociata. Christianitas e Terra Santa (1009-1095), Bari 2019; Le porte del mare. Il Mediterraneo degli Stretti dal Medioevo all’Età Contemporanea (a cura di, con R. Delli Quadri e E. Vermiglio), Napoli 2019.

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