“Il nuovo marketing politico. Vincere le elezioni e governare al tempo della politica veloce” di Marco Maurizio Cacciotto

Il nuovo marketing politico. Vincere le elezioni e governare al tempo della politica veloce, Marco Maurizio CacciottoProf. Marco Maurizio Cacciotto, Lei è autore del libro Il nuovo marketing politico. Vincere le elezioni e governare al tempo della politica veloce edito dal Mulino: quali sfide si trova ad affrontare il nuovo marketing politico?
Il nuovo marketing politico opera in un contesto caratterizzato dalla velocità dei cambiamenti nelle nostre economie e culture che è accelerata dall’adozione globale delle nuove tecnologie. Internet e il chip a circuiti integrati hanno segnato l’inizio dell’era delle reti, uno stacco ancora più netto di quello segnato dall’era industriale rispetto a quanto accaduto prima.

Il nuovo marketing politico è una bussola per la fast politics: la politica veloce è caratterizzata da un ciclo di notizie attivo 24 ore su 24, da una gran mole di dati prodotta dagli elettori attraverso i media digitali (basti pensare ai social network), dalla frammentazione dei media, dalla trasmissione istantanea dei messaggi, da una riduzione della soglia di attenzione e della pazienza dei cittadini, ma allo stesso tempo da una rinnovata enfasi sull’importanza del contatto diretto.

La storia recente è di campagne scientific-oriented, data-driven e technology-based. Le nuove campagne sono scientifiche nel metodo, guidate dai dati, high-tech nella infrastruttura, professionalizzate e specializzate nei ruoli e nelle funzioni. Nuovi ruoli e nuove professioni si stanno affermando così come è sempre accaduto a fronte dell’affermazione di nuovi media e di nuove tecnologie. L’uso dei social media, dei big data e degli analytics permette da un lato di raggiungere gli elettori con sempre maggiore efficienza e con messaggi personalizzati e perti­nenti, dall’altro di recuperare l’interazione umana e di ri­mettere al centro delle campagne elettorali la campagna sul territorio condotta dalle persone.

Come si possono vincere le elezioni e governare in un contesto caratterizzato dalla velocità dei cambiamenti tecnologici e sociali?
Le caratteristiche di velocità, immediatezza e pervasività della comunicazione nell’era della fast politics pongono nuove sfide alle istituzioni e ai politici una volta al governo: si può raggiungere istantaneamente i cittadini con comunicazioni altamente personalizzate, ma questi ultimi dimostrano una bassa soglia di attenzione e una pazienza limitata che rischia di essere incompatibile con i tempi necessari a fare le riforme e mantenere le promesse.

Le campagne digitali hanno riscoperto la centralità del fattore umano, la tecnologia ha permesso di organizzare e coinvolgere sostenitori e volontari nel porta a porta e nel contatto diretto con gli elettori. La spina dorsale di una campagna digitale oggi consiste nel mettere insieme persone che mettono il loro impegno nel condurla. Coinvolgimento che non si ferma alla campagna, ma che è diventato uno strumento di supporto per sostenere le proposte di riforma una volta al governo.

Quali novità caratterizzano la fast politics?
Viviamo in una società veloce e liquida: la velocità del cambiamento nelle nostre economie e culture è accelerata dall’adozione globale delle nuove tecnologie. La digital disruption ha reso rapidamente obsolete aziende che non hanno compreso per tempo cambiamenti in grado di modificare completamente il modello di busi­ness. Era impensabile che il cambiamento in corso nella società non toccasse la politica e il funzionamento delle istituzioni democratiche. La politica deve adattarsi a una società che gira a ritmi sempre più veloci, un contesto che richiede la capacità di rispondere velocemente a even­tuali attacchi o a notizie diffuse dai media, di ripensare radicalmente il modo di fare politica e di rispondere alle richieste dei cittadini.

I partiti che non hanno compreso il cambio di paradigma si sono ritrovati a perdere elettori in favore di nuove formazioni politiche nate dal nulla e non riconducibili alle categorie politiche del XX secolo. Pen­siamo solamente al successo di Ciudadanos e Podemos in Spagna, al Movimento 5 Stelle in Italia, a En Marche in Francia. Si sono affermate nuove fratture politiche rispetto alla classica distinzione destra/sinistra: la principale legata alla sfida tra partiti populisti (spesso sovranisti, protezioni­ sti, a favore della costruzione di «muri» contro l’immigra­ zione) e partiti mainstream (difensori della società aperta, dell’apertura dei mercati, delle istituzioni sovranazionali). I partiti mainstream di maggiore successo sono stati quelli capaci di innovare attraverso l’adozione di un nuovo lin­guaggio e di una nuova leadership.

In che modo il branding ha trasformato la politica?
Attraverso il branding, che riguarda la percezione complessiva di un’organizzazione o di un singolo esponente politico, è possibile intervenire per aiutare partiti e candidati a mantenere o incrementare il sostegno, oppure a mantenere o modificare la reputazione. Il branding è una delle peculiarità della fast politics: il nuovo marketing politico trasforma candidati e partiti in brand protagonisti di un intreccio narrativo: nel contatto con gli elettori, che passa attraverso la capacità di ottenere visibilità e attenzione, è l’elemento emotivo a prevalere: sono l’immagine del candidato e la sua personalità (la prima impressione) a costituire l’aggancio nei confronti degli elettori potenziali. Ciò non vuol dire che i contenuti e le idee non siano importanti, anzi sono fondamentali, ma vanno comunicati sotto forma di messaggio, e il candidato/uomo politico è parte integrante di tale messaggio. Per questo motivo un politico, così come un partito, può essere «trattato» alla stregua di un brand, di un marchio che trasmetta una capacità politica, uno stile, una visione del mondo.

Il brand è un concetto più ampio rispetto a quello di prodotto: mentre quest’ultimo ha uno scopo funzionale, un brand offre qualcosa in più e ha caratteristiche meno tangibili e più legate ad aspetti psicologici. Così come il marketing politico, anche il branding politico sta assumendo caratteristiche differenti dall’approccio commerciale che lo rendono non solo uno strumento pratico, ma soprattutto uno strumento analitico ed euristico utile a comprendere l’agire politico, i cambiamenti in corso nelle democrazie e le decisioni di voto degli elettori.

Quali sono gli strumenti del marketing politico?
Il marketing politico può aiutare partiti e candidati a raggiungere obiettivi molteplici a partire, naturalmente, da quello più evidente: vincere le elezioni. Ci sono poi obiettivi più specifici: aumentare il numero degli iscritti e il loro coinvolgimento nelle attività del partito; promuovere una particolare ideologia, causa, politica pubblica o proposta legislativa; incidere sull’agenda dei media e dell’opinione pubblica; entrare nella coalizione di governo; trovare nuovi segmenti nel mercato politico e conquistare il consenso .

Gli strumenti chiave del piano strategico di marketing politico sono la segmentazione, il targeting e il posizionamento, che rivestono un ruolo fondamentale per concentrare risorse di solito scarse su obiettivi prioritari, per definire un programma politico capace di rispondere in modo efficace ai bisogni di elettori specifici e, infine, per costruire un posizionamento e un’immagine che risponda alle aspettative dell’elettorato

Come ha dimostrato il successo di Obama il nuovo marketing politico ha una nuova triade strategica composta da social media, big data e microtargeting: nuovi strumenti che permettono di analizzare in modo sempre più approfondito il mercato politico e di personalizzare la comunicazione. Il punto di partenza rimane, però, sempre lo stesso: la capacità di capire attraverso un’efficace analisi del mercato e del contesto. Nell’impostazione di una campagna è fondamentale fare un’accurata analisi del contesto competitivo attraverso sondaggi e altri strumenti. Una volta identificati attraverso le ricerche e le analisi i temi e gli elettori necessari per vincere, viene il momento di posizionare il candidato/partito. Il posizionamento ha la sua espressione più evidente nello slogan della campagna elettorale.

Quale approccio strategico si rende necessario nell’attuale contesto politico?
L’utilizzo del marketing in politica ha subito un’evoluzione costante dalle presidenziali degli anni Cinquanta fino alle campagne di Obama e Trump. Si è passati da un uso degli strumenti del marketing per comprendere le necessità degli elettori e comunicare al meglio, fino a far diventare il marketing il paradigma dominante delle campagne permanenti utilizzato in tutte le fasi dell’attività politica: dalla costruzione del programma politico alla scelta dei modelli organizzativi, dalla gestione della campagna elettorale alla gestione dell’attività di governo. Un’attenta pianificazione permette, infatti, di scongiurare i passi falsi che l’incalzare del tempo in piena campagna può far commettere: non svolgere nella giusta sequenza una serie di attività, dimenticare operazioni che sarebbe stato opportuno eseguire in un determinato momento, non impiegare nel migliore dei modi le persone a disposizione, e così via.

Un modello di analisi e di impostazione delle campagne elettorali è il Cda, che scompone la predisposizione e la conduzione in tre fasi concettuali: capire, decidere, agire. La prima, capire, comprende un’attenta analisi degli obiettivi, degli attori in campo, delle regole e del terreno di gioco. La seconda, decidere, include la definizione della strategia, dei pubblici e dei messaggi adatti a raggiungere gli obiettivi. La terza e ultima fase, agire, prevede la campagna operativa, l’attuazione di una comunicazione creativa, mirata ed efficace, il monitoraggio e la verifica dei risultati. Lo schema in una campagna che è ormai permanente (o meglio in un’attività di comunicazione permanente), anche se presentato in modo lineare va inteso come circolare: la attività di analisi non terminano mai, servono a impostare una campagna, a monitorarne l’andamento, ad analizzare come è andata e a fornire indicazioni utili per lo svolgimento di quella successiva.

In che modo il marketing può divenire anche strumento di governo?
L’imperativo del marketing nel mercato politico è far sì che un cittadino si interessi alla campagna di un candidato e convertire quell’interesse in un voto per quello stesso politico. Per raggiungere tale obiettivo bisogna essere capaci di definire il valore per l’elettore, far conoscere il prodotto (o in questo caso il servizio promesso dal politico) che deve essere abbastanza attraente per conquistare l’elettore e farlo rimanere fedele non solo durante la campagna elettorale, ma anche durante la legislatura. Il marketing politico diventa uno strumento fondamentale per contrastare la crescente instabilità dei governi in un’arena politica altamente competitiva ed esposta a continue incursioni da parte dei news media o degli avversari politici attraverso social media e altri canali diretti. Un’arena che dapprima richiede di essere popolari per vincere le elezioni, poi mette a dura prova la popolarità nel tentativo di realizzare le promesse elettorali

La costruzione del consenso passa attraverso la capacità di sviluppare un sistema di governo delle relazioni e politiche pubbliche efficaci. In misura crescente le forze al governo utilizzano diversi strumenti per cercare di comunicare l’avanzamento del programma e il raggiungimento delle promesse elettorali: report annuali, newsletter, siti Internet e app per tablet e smartphone. Durante il mandato i consulenti possono trovarsi a dover utilizzare le tecniche di image management impiegate in campagna elettorale, onde fronteggiare scandali e insuccessi nella realizzazione del programma. Branding e framing possono essere impiegati per sostenere l’attività di governo e specifiche politiche. Di solito vengono usati riferimenti a valori universali come giustizia, equità, libertà; oppure si cerca di guadagnare il consenso di gruppi specifici attraverso il ricorso all’interesse generale e particolare.

Il marketing ha come scopo ultimo il successo economico dell’azienda che propone un prodotto o un servizio, il marketing politico attraverso il raggiungimento dello scopo di vincere le elezioni può e deve svolgere una funzione di rafforzamento della democrazia. In questo senso gli strumenti di applicazione del marketing politico possono avere un impatto positivo (o negativo) sul processo democratico a seconda dell’utilizzo che ne fanno politici al governo, partiti, candidati ed elettori.

Per concludere con termini cari a Machiavelli, il marketing politico può aiutare il controllo della fortuna attraverso la virtù. La fortuna viene paragonata da Machiavelli a un fiume (che per quanto calmo può sempre provocare disastrose inondazioni), la virtù agli argini: nei momenti di calma l’abile politico deve prevedere i futuri rovesci e predisporre i necessari ripari, come si costruiscono gli argini per contenere i fiumi in piena. La virtù umana può, quindi, imporsi alla fortuna attraverso la capacità di previsione e il calcolo accorto, progettando gli argini più sicuri e costruendoli nel modo migliore. In tempi di politica veloce, è un consiglio particolarmente valido.

Marco M. Cacciotto è uno dei pionieri della consulenza politica italiana ed ha il suo attivo più di 60 campagne elettorali a partire dal 1996. Ha fatto parte del Board of Directors della IAPC (Associazione Internazionale dei Consulenti Politici) e della EAPC (European Association of Political Consultants). Professore a contratto di Marketing politico e comunicazione elettorale nel corso di Laurea Magistrale in “Comunicazione Pubblica e Politica” dell’Università degli Studi di Torino. È autore di tre monografie sulla consulenza e il marketing politico. Il suo blog è www.spindoctor.it

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