
Essa si colloca all’interno di quella sequenza temporale più ampia che sta tra i Promessi sposi e la Coscienza di Zeno: cioè tra la coppia modellizzante Renzo e Lucia e quella, altrimenti esemplare, Zeno e Augusta. La nascita dello stato nazionale, poi, presenta rilevanti novità legislative, che non solo suggestionano il dibattito civile sul matrimonio, ma hanno anche ricadute nell’immaginario romanzesco.
In che modo nel genere trovano spazio le istanze di autorappresentazione della borghesia?
Nella produzione letteraria successiva all’Unità, il romanzo matrimoniale assume connotati stilistico-tematici i più diversi. Segna, insomma, una variegata istanza di autorappresentazione della borghesia.
Va considerato che, dalla cosiddetta età romantica, nella cultura occidentale, amore e matrimonio sono stati sempre più percepiti come legati tra loro. È andata cioè consolidandosi la nuova idea che si debba sposare un’altra persona perché la si ama d’amour-passion. Il tradizionale elemento contrattuale dell’istituzione, lo sposarsi “per interesse”, insomma, è stato man mano svilito nel discorso pubblico. E quello, altrettanto tradizionale, religioso-sacramentale si è progressivamente indebolito in parallelo alla secolarizzazione della società.
L’“invenzione” del matrimonio moderno su base sentimentale è fondato sostanzialmente su un equivoco, un mito moderno e borghese. Il mito del matrimonio d’amore è stato da principio alimentato in particolare proprio dalla letteratura, così come poi è accaduto con la sua smitizzazione, e ha trovato il medium narrativo più congeniale nel romanzo, genere principe della modernità vocato a mettere in scena il privato e l’ordinario quotidiani.
La consapevolezza della distinzione tra amour-passion e matrimonio, beninteso, è presente nei romanzi ottocenteschi, di norma, però, narrativamente contrapposta a quel mito. Dal celebre incipit di Anna Karenina («Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo»), per esempio, mi pare si possa ricavare la consapevolezza che i matrimoni “felici” presentano minore varietas, così da risultare narrativamente meno interessanti. In effetti, almeno da quando il matrimonio assume un’apparente finalità eudemonistica, celebrata o smascherata nelle narrazioni romanzesche, non sembra soddisfacente una distinzione così perentoria come quella suggerita da Tolstoj.
Le sfide romanzesche più interessanti risultano piuttosto quelle che intendono rappresentare l’empirica quotidianità del cocktail tra tenerezza e rancore, insofferenza e quieta rassegnazione, che costituisce il tessuto connettivo del rapporto matrimoniale. Il che è una difficoltà non da poco per i romanzieri, perché la letteratura deve saper dire con le parole (giuste, adatte) pure le scansioni e i ritmi metodici, le ripetizioni nevrotiche, i silenzi, le omissioni. La prova narrativa matrimoniale più affascinante e difficile stilisticamente resta sempre quella di raccontare storie medie, che danno forma all’adattarsi reciproco dei consorti, al loro perennemente precario stabilizzarsi. Racconti di matrimoni che, magari, cominciano con la pulsione dell’eros o con la presunzione di affinità spirituale o materiale e approdano a quell’assuefazione, al contempo soffocante e ossigenante, per la quale ciascuno dei due sposi ha bisogno che l’altro ci sia per esistere a sua volta. Storie medie che procurano al lettore quel tipo di piacere e d’inquietudine che sorge dal vedere riflessa nella pagina la regolarità della vita borghese, della propria vita.
Nei romanzi matrimoniali successivi all’Unità tale scena è problematizzata nelle più differenti declinazioni. Certo, a prima vista e scorrendo la produzione media o di consumo, in buona sintonia con quella occidentale coeva, l’adulterio pare rivelarsi anche in Italia un soggetto romanzesco in apparenza più fecondo per l’intreccio, senz’altro frissonnant almeno per una certa parte del pubblico del romanzo, che nelle vicende d’amore nascoste e proibite può vedere soddisfatte fantasie difficilmente appagabili, o dipinte realtà inconfessate.
Tuttavia, la narrativa d’adulterio ha bisogno del matrimonio. Cioè comporta un matrimonio, in scena o fuori scena. Il matrimonio ne è scaturigine: mi pare ineccepibile l’aforisma attribuito a Groucho Marx secondo il quale la causa principale dell’adulterio e del divorzio è il matrimonio. La scena coniugale, insomma, assente o presente che sia, è conditio sine qua non anche nel romanzo d’adulterio.
Quali sono, a riguardo, gli esempi più significativi della produzione postunitaria e di fine Ottocento?
Il romanzo matrimoniale italiano nasce prima dell’Unità. Grosso modo nasce con con la conclusione dell’antico regime. Il romanzo moderno, infatti, si costituisce come lo strumento letterario ideale per la rappresentazione seria dell’empirica vita coniugale. E, per converso, il matrimonio moderno, spazio-tempo di soglia e d’incontro tra privato e pubblico, tra individuale e collettivo, è spunto narrativo privilegiato per il romanzo.
Il romanzo matrimoniale italiano ha origine con I promessi sposi, che fin dal titolo evocano la situazione coniugale. Ma, a ben vedere, in modo e forma paradossali: cioè dichiarando il rifiuto di raccontare il matrimonio di Lucia e Renzo. Il matrimonio di due popolani è sì il nodo centrale della vicenda, ma è collocato all’epilogo del romanzo. E Manzoni ne elude lo svolgimento quotidiano, affermandone la non narrabilità («se ve l’avessi a raccontare, vi seccherebbe a morte»).
Nel romanzo europeo il trattamento del tema coniugale conosce una svolta cruciale con Madame Bovary, a metà del secolo. Madame Bovary mette a nudo ipocrisie e contraddizioni insite nell’istituzione matrimoniale. Possiamo dire che la spregiudicata rappresentazione della scena coniugale di Madame Bovary è il modello per gran parte della letteratura matrimoniale europea di fine Ottocento, anche quando questa è più radicale ed esplicita nel mettere in scena la crisi, se non la dissoluzione, del matrimonio borghese: Ibsen, Strindberg, Fontane… Mi pare più che una semplice coincidenza, d’altronde, che Eleanor, la figlia più giovane di Karl Marx, sia stata la prima traduttrice in inglese del romanzo di Flaubert, nel 1886, e, nello stesso anno, a quanto si racconta, interprete, nel ruolo di Nora, in Casa di bambola di Ibsen, altro autore da lei tradotto in inglese. In Madame Bovary Flaubert rivela le potenzialità romanzesche dell’apparentemente inerte quotidianità del matrimonio.
La situazione italiana è particolare, in ispecie dopo la nascita del Regno d’Italia e l’adozione del Codice Pisanelli. Senza dilungarci su testi meno noti, diciamo che si riconosce uno scarto nel trattamento romanzesco del matrimonio in Italia soprattutto col Mastro-don Gesualdo (1889) di Verga, già lettore del capolavoro di Flaubert. Lo scrittore siciliano rappresenta in modo urticante l’interno coniugale, nello sviluppo dalla timida estraneità tra Gesualdo e Bianca alla rassegnata solidarietà economico-affettiva, con una rigorosa spregiudicatezza senza precedenti nella tradizione nazionale. E la matrice Bovary opera anche nell’eccentrica prova di d’Annunzio di poco successiva, L’Innocente (1892), tragica e grottesca parodia della scena coniugale, ove si mescolano estetizzante nostalgia dell’agape e torbida mescolanza di affettività intrafamiliare e passione sensuale.
Quali caratteri condividono Dio ne scampi dagli Orsenigo e Piccolo mondo antico?
Dio ne scampi dagli Orsenigo e Piccolo mondo antico risultano opere emblematiche, complementari nella loro radicale diversità. Mettono a fuoco, in chiave espressiva o nostalgico-mimetica, la vita della coppia borghese, l’immagine che ne ha in mente la maggior parte dei lettori contemporanei. E usano stili diversi rispetto al Mastro verghiano e all’Innocente dannunziano. Insomma, per quanto riguarda il romanzo matrimoniale, lo scenario italiano di secondo Ottocento si presenta multipolare.
L’interesse di Dio ne scampi dagli Orsenigo e Piccolo mondo antico è rafforzato dall’essere il primo un romanzo nato per pochi, a tiratura limitata, raffinatamente iperletterario; il secondo, un romanzo più convenzionale, rivolto a un vasto pubblico.
Essi sono accomunati proprio dalla centralità del tema matrimoniale. L’ordinaria medietà della scena coniugale in entrambi i romanzi si fa anche sineddoche d’un ordine o d’un disordine sociale, quello dell’Italia borghese postunitaria e umbertina.
In quello d’Imbriani, ciò narrativamente si traduce nella rappresentazione di stolidi comportamenti maritali, e di fantasticherie, ubbie, inconfessate pulsioni muliebri nelle pratiche adulterine. In quello di Fogazzaro, tale crisi entra nel racconto attraverso più storicamente determinati dissidi ideologico-religiosi nella coppia.
Tanto Imbriani quanto Fogazzaro rivelano, peraltro, un ideale di matrimonio se non felice quanto meno armonico, che in Dio ne scampi dagli Orsenigo rimane astratto e fuori dalla vicenda narrativa, in Piccolo mondo antico è predicato, ma frustrato dalla durezza della realtà effettuale.
Tutti e due comunque tendono a un’auerbachiana rappresentazione seria della realtà matrimoniale quotidiana. E nascondono tra le proprie pieghe alcuni risvolti che ben raccontano della realtà, delle discussioni e dell’ideologia del matrimonio in Italia in età postunitaria.
Per quanto stilisticamente lontani tra loro, Dio ne scampi dagli Orsenigo e Piccolo mondo antico danno esemplarmente forma a due modi di rappresentazione narrativa del matrimonio: quella dell’inestricabile nodo, che solo il fantasma del divorzio che s’aggira per l’Europa potrebbe drasticamente tagliare, e quella del nido consolatorio, per ambizione di serenità, per rassegnazione, per viltà.
Fabio Danelon insegna Letteratura italiana all’Università di Verona. I suoi interessi sono rivolti principalmente alla narrativa e alla critica dal Sette al Novecento. Per Marsilio ha pubblicato i volumi Né domani, né mai. Rappresentazioni del matrimonio nella letteratura italiana (2004) e Il giogo delle parti. Narrazioni letterarie matrimoniali nel primo Novecento italiano (2010), e ha curato gli atti del convegno “A egregie cose”. Studi sui «Sepolcri» di Ugo Foscolo (2008).