
Quali vicende segnarono la carriera giornalistica e politica del roveretano?
La formazione di Tolomei avviene nell’ambito di una famiglia dai fortissimi sentimenti di patriottismo, nella Rovereto della seconda metà dell’800. Dopo gli studi intraprende la carriera di insegnante presso le scuole italiane all’estero e nel contempo si avvicina, come molti altri irredentisti, agli ambienti del nascente nazionalismo italiano. La svolta avviene agli inizi del nuovo secolo quando fonda una rivista, l’Archivio per l’Alto Adige, che dirigerà sino al 1943 e che rappresenta il suo strumento di lotta per affermare il diritto dell’Italia a possedere tutte le terre a sud dello spartiacque alpino.
Come nacque e si sviluppò il Prontuario dei nomi locali dell’Alto Adige?
Come tutti i nazionalisti, di ogni epoca e luogo, Tolomei attribuisce importanza decisiva ai nomi di luogo come segni del possesso di una terra. Sin dall’inizio del suo lavoro inizia a predicare il dogma secondo cui, nella terra altoatesina da redimere (così scriveva) ogni luogo doveva avere un nome italiano. Il lavoro, cui si dedica assieme ad un gruppo di collaboratori, trova una prima definizione nel Prontuario nato per iniziativa della Reale Società Geografica nel 1916. È la base sulla quale verranno stilati gli elenchi ufficializzati nel dopoguerra e via via arricchiti sino alla fine degli anni trenta. Contemporaneamente il fascismo cancella i nomi tedeschi e ne vieta l’uso.
Come si articolò la campagna di Tolomei per la rivendicazione dell’italianità dell’Alto Adige?
Il principale strumento che Tolomei utilizza è come detto quello della sua rivista. Attorno alle sue tesi raccoglie via via la solidarietà e l’appoggio concreto di organizzazioni come la Dante Alighieri, la Reale Società Geografica, del movimento politico nazionalista e, dal 1919 in poi, del fascismo. È il regime di Mussolini che gli permette di tradurre in realtà molti dei suoi progetti di italianizzazione, ma Tolomei resta pur sempre un irriducibile individualista, capace anche di contrastare Mussolini come quando, nel 1927 critica pubblicamente la decisione di scorporare la cosiddetta Bassa Atesina dal territorio della nuova Provincia di Bolzano.
Nel libro Lei ricorda come la sua prima edizione nacque in seguito a un attentato dinamitardo contro la tomba di Tolomei, nel 1979: a distanza di quasi settant’anni dalla sua morte, qual è l’eredità di Ettore Tolomei in Alto Adige?
Tolomei volle essere sepolto, nel piccolo cimitero del paesino a sud di Bolzano dove aveva vissuto, in una tomba che domina la vallata dell’Adige e col, capo sepolto verso nord, in modo, scrisse, da poter vedere, anche da morto, l’ultimo tedesco valicare per sempre le Alpi. Quel desiderio di prolungare anche oltre la morte la sua fanatica missione è stato sicuramente accontentato. La tomba è stata oggetto di tre attentati da parte dei dinamitardi sudtirolesi, ma è anche il luogo dove ogni anno, il 4 novembre, salgono per deporre una corona gli esponenti della destra nazionalista italiana. Il nome di Tolomei torna di attualità, però, ogni volta che riaffiora in Alto Adige la polemica sulla questione irrisolta dei nomi di luogo, con la richiesta da parte del modo sudtirolese di cancellare, in parte o del tutto, quei nomi italiani che col nazionalista roveretano continuano, dopo un secolo dalla loro ufficializzazione ad essere identificati.
Maurizio Ferrandi, giornalista, ha lavorato nelle redazioni dei quotidiani «l’Adige», «Alto Adige» e di «TVA Televisione delle Alpi». Per venticinque anni ha poi lavorato presso la sede RAI di Bolzano, lasciando nel 2013 l‘incarico di caporedattore responsabile delle redazioni italiana e ladina per dedicarsi completamente alla ricerca sulla storia altoatesina del ’900.