
Quando nasce e come si sviluppa il pensiero quantistico?
Come anticipavo nella precedente domanda, la data di nascita della Fisica Quantistica coincide con la notte fra la domenica 7 e il lunedì 8 ottobre 1900. Quando Planck arrivò alla definizione della formula, però, non ne fu per nulla soddisfatto dato che al suo interno era contenuta una realtà completamente imprevista. Cioè, che l’energia potesse essere scambiata solo sotto forma di piccoli pacchetti discreti. Un approccio corpuscolare, quindi, ben distante da tutte le radicate convinzioni dello scienziato tedesco che all’epoca, come la quasi totalità dei suoi colleghi, credeva ancora in una natura continua della realtà. Come la storia della ricerca scientifica ha poi dimostrato, Planck non si stava sbagliando: da quel momento l’idea di “quanto”, cioè di elemento discreto e indivisibile, divenne il fondamento per lo sviluppo di un nuovo modello di fisica; per quella che noi, oggi, indichiamo come la “rivoluzione quantistica”. In relazione allo sviluppo del pensiero quantistico, gli anni successivi fino al 1925 vengono comunemente chiamati dagli storici della fisica “The Old Quantum Theory”: la vecchia teoria dei quanti. Furono gli anni in cui Albert Einstein, Louis De Broglie, Niels Bohr e molti altri scienziati ancora, misero le fondamenta di tutta la Fisica Quantistica e passarono dalla quantizzazione dell’energia a quella della radiazione elettromagnetica e a quella della materia. Anni affascinanti e complessi che videro lo sviluppo della Teoria Atomica così come oggi la conosciamo. Fu proprio in quel periodo e con quelle premesse che la materia cominciò a rivelare la propria struttura più profonda.
Che cos’è l’interpretazione di Copenaghen e perché è necessaria per la comprensione della Fisica Quantistica?
Per rispondere a questa domanda, dobbiamo arrivare fino al 1927 e al Congresso Internazionale di Fisica di Como che si tenne nel settembre di quell’anno, in occasione del centesimo anniversario della morte di Alessandro Volta. Nella propria relazione, dal titolo “Il postulato dei quanti e il recente sviluppo della teoria atomica”, Niels Bohr presentò davanti a una platea di fisici di altissimo livello – c’erano, fra gli altri, Louis de Broglie, Arthur Compton, Werner Karl Heisenberg, Wolfgang Pauli e Max Planck – un’innovativa visione della Fisica Quantistica. In pratica, riuscì a fondere il Principio di Complementarietà che lui stesso aveva formulato (lo stato particellare e quello ondulatorio della luce e della materia non possono mai essere osservati contemporaneamente) con il Principio di Indeterminazione di Heisenberg e altri elementi ancora, definendo contemporaneamente il ruolo dell’osservatore e della misurazione nella Teoria Quantistica. Uno sforzo di sintesi enorme che permetteva un’interpretazione coerente di tutti gli sviluppi e delle implicazioni allora conosciute della nuova teoria. Una sintesi che sarebbe poi passata alla storia con il nome di Interpretazione di Copenaghen. Secondo l’opinione del Prof. Giulio Peruzzi – docente di Storia della Fisica presso l’Università di Padova, con cui mi sono confrontato su questi temi nel libro – la principale novità dell’Interpretazione di Copenaghen consiste proprio nella necessità che si era manifestata del bisogno di cercare un’interpretazione. Quando ci si allontana dagli oggetti alla nostra scala di grandezza, infatti, si manifestano caratteri fisici molto lontani da quelli sui quali è costruita la nostra intuizione macroscopica, e di conseguenza nascono problemi di interpretazione. Negli anni successivi, sempre per cercare una maggiore comprensione dei fenomeni legati alla Fisica Quantistica, nacquero numerose altre interpretazioni come l’Interpretazione di Bohm (proposta nel 1952 dal fisico americano David Bohm), l’Interpretazione a Molti Mondi (proposta nel 1957 dal fisico e matematico Hugh Everett III) e molte altre ancora.
Esiste un rapporto fra la Fisica Quantistica e la Teoria delle Stringhe?
A questo interessante tema è dedicato l’intero Capitolo 6 de “Il mondo secondo la Fisica Quantistica”. Un capitolo molto articolato nel quale ho avuto il piacere e il privilegio di confrontarmi direttamente con il Prof. Gabriele Veneziano, padre della Teoria delle Stringhe, e con il Prof. Augusto Sagnotti, docente di Fisica Teorica presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Come punto di partenza, si può dire che la Teoria delle Stringhe postula che siano proprio questi elementi – corde vibranti unidimensionali, dette in inglese “strings” – a tenere uniti gli elementi che costituiscono il nucleo atomico. Con queste premesse, il Prof. Augusto Sagnotti riesce a spiegare che la Teoria delle Stringhe, quando si ragiona su bassi ordini di energie, permette di ritrovare la teoria di Einstein; quando, invece, si ragiona su altissime energie riesce a risolvere il conflitto esistente fra quest’ultima e la Meccanica Quantistica. In altri termini le stringhe riescono a descrivere in modo naturale la gravità e le altre interazioni, dal punto di vista fondamentale. Tenendo conto che la Teoria delle Stringhe contiene al proprio interno anche il meccanismo di Higgs e molte sue generalizzazioni più complicate, ecco perché a volte viene anche definita come una “Teoria del Tutto”. Su quest’ultimo aspetto, però, la riflessione del Prof. Sagnotti è molto più articolata e mette in gioco anche il numero di dimensioni – che va da 10 a 26 – all’interno delle quali la teoria stessa vive. Sono considerazioni che coinvolgono tantissimi aspetti che vanno dalla fisica pura alle sue implicazioni sui concetti di spazio e di realtà che aprono nuovi orizzonti alla nostra visione classica del mondo.
Il Nobel per la Fisica 2017 alla ricerca sulle onde gravitazionali ha confermato le previsioni di Einstein introdotte nella Relatività. Ci potrebbero essere ripercussioni sul rapporto fra Relatività e Fisica Quantistica?
Ho ricevuto la conferma del Nobel per la Fisica 2017 a Rainer Weiss, Barry Clark Barish e Kip Stephen Thorne per i loro decisivi contributi al rivelatore LIGO e all’osservazione delle onde gravitazionali, mentre “Il mondo secondo la Fisica Quantistica” era in fase di stampa. La notizia, infatti è del 3 ottobre 2017 e il volume è stato distribuito proprio a partire dal mese successivo: il 7 novembre 2017. Ne sono stato molto felice e colpito perché all’interno del Capitolo 5 uno dei principali temi trattati è quello del rapporto esistente fra la Fisica Quantistica e la Relatività, sia prima che successivamente al rilevamento delle onde gravitazionali. Per capire esattamente cosa siano le onde gravitazionali, ecco come le descrive nel libro il ricercatore Marco Drago, primo uomo al mondo al mondo ad averle osservate: “perturbazioni dello spazio-tempo che si propagano come delle onde alla velocità della luce.” Dietro questa definizione, precisa e diretta, si nasconde un universo di considerazioni, di informazioni e di possibilità. E anche una rappresentazione della realtà ipotizzata esattamente cento anni prima, nel 1815, da un uomo – Albert Einstein – che con le proprie idee e le proprie teorie è riuscito nell’impresa di superare i limiti dello spazio e del tempo. In relazione alle ripercussioni derivanti da questa scoperta sulla Fisica Quantistica, sempre ragionando con il ricercatore Marco Drago, affronto questo argomento introducendo il concetto di gravitone: la particella mediatrice del campo gravitazionale secondo la Meccanica Quantistica. Il passaggio più interessante, da questo punto di vista, è che gli attuali studi sulle onde gravitazionali hanno permesso di determinare l’eventuale massa limite di questa ipotetica particella.
Lei affronta, nel libro, anche le possibili ricadute degli studi della Fisica Quantistica negli ambiti della medicina e delle ricerche sul cervello e sulla coscienza. Cosa ci può dire al riguardo?
Gli ultimi tre capitoli de “Il mondo secondo la Fisica Quantistica” nascono dal tentativo di dare una cornice scientifica basata sulle nostre attuali conoscenze ad alcuni temi scottanti e di attualità che negli ultimi anni sono diventati argomento di discussione anche in contesti molto lontani da quelli della ricerca e dell’università. In particolare, ai temi legati alle applicazioni della Fisica Quantistica nei campi della medicina e delle neuroscienze. Dal mio personale punto di vista, dato che alcune delle ipotesi che ho dovuto esaminare sono attualmente in fase di studio e risultano non condivise da tutti i fisici e dalle altre figure professionali che se ne occupano, ho scelto di ritagliarmi un ruolo super partes di osservatore presentando vari punti di vista differenti, spesso anche in contrapposizione fra loro. Punti di vista, supportati da un’ampia bibliografia – disponibile nelle note – che permettessero a chi legge il volume di farsi un’idea quanto più esauriente e imparziale possibile sui vari argomenti. È stato un lavoro particolarmente complesso, soprattutto nella ricerca delle fonti, che mi ha portato a muovermi su un terreno potenzialmente minato: per questo motivo ho deciso di far parlare il più possibile gli stessi protagonisti delle ricerche, offrendo per ogni elemento trattato differenti visioni; anche critiche o totalmente contrarie.
La fisica quantistica sta rivoluzionando la nostra visione del mondo e dei fenomeni naturali: fin dove ci porterà, a Suo avviso?
Che la Fisica Quantistica, con tutte le sue possibili implicazioni, ci stia obbligando a confrontarci con dei modelli di realtà completamente differenti e molto più complessi di quelli a cui siamo stati abituati – e che derivano dalla Fisica Classica – è oramai un dato di fatto. Sempre tenendo ben presente, però, che la Fisica Quantistica descrive il comportamento della materia e delle radiazioni, comprese le loro interazioni reciproche, solo quando osserviamo fenomeni che si situano nelle scale di grandezza e di energia atomica e subatomica. Tentare di trasportare le logiche quantistiche e usarle per interpretare direttamente le manifestazioni del mondo macroscopico – o peggio, confondere il mondo quantistico con la realtà che quotidianamente riusciamo a interpretare con i nostri sensi – può portare al verificarsi di situazioni paradossali. Per chiarire questo concetto, è sufficiente pensare al noto “paradosso del gatto” che Erwin Schrödinger introdusse, in una serie di articoli del 1935, proprio per rendere evidenti le storture a cui questo tipo di operazioni può condurre. Attualmente, gli studi sulle proprietà più affascinanti della Fisica Quantistica, come l’Entanglement – che presento nel Capitolo 7 del volume discutendone con il ricercatore Giorgio Colangelo dell’Istituto per le Scienze Fotoniche di Barcellona – stanno dischiudendo orizzonti inusuali e affascinanti: dal teletrasporto quantistico allo studio di strumenti di misura sempre più precisi e affidabili. I confini di queste nuove ricerche e le implicazioni che ne deriveranno in futuro sono difficilmente prevedibili ma è certo che molto altro ancora rimane da scoprire. Rimane ancora da interpretare, inoltre, il significato profondo che permea la visione del mondo visto con gli strumenti della Fisica Quantistica. Una visione meravigliosa e meravigliata che sta profondamente cambiando la nostra vita.