“Il mito di Pio IX. Storia di un papa liberale e nazionale” di Ignazio Veca

Dott. Ignazio Veca, Lei è autore del libro Il mito di Pio IX. Storia di un papa liberale e nazionale edito da Viella: quando e come nasce il mito di Pio IX papa liberale e difensore della nazione italiana?
Il mito di Pio IX. Storia di un papa liberale e nazionale, Ignazio VecaPer “mito” di Pio IX si deve intendere l’investimento emotivo, di natura politica, religiosa e culturale insieme, sulla figura di Giovanni Maria Mastai Ferretti. Pio IX fu oggetto di questo investimento fin dalla concessione di un’ampia amnistia per i condannati politici concessa il 16 luglio 1846, ad appena un mese dalla sua elezione al pontificato. A partire da questo primo provvedimento, il papa fu al centro di un variegato movimento di esaltazione della sua figura, in quanto sovrano che aveva perdonato i suoi sudditi colpevoli di sedizione. A poco a poco, questa originaria carica mobilitante crescerà nell’opinione pubblica italiana ed europea, facendone un campione della libertà, intesa tanto come ideale regolativo della vita civile – attraverso la concessione di riforme in senso meno oppressivo – quanto come opera di riscatto della nazionalità italiana. Entrambe queste accezioni erano presenti fin dai primi entusiasmi per il papa. Tuttavia, è possibile individuare tre vettori che si intrecciarono tra loro e intorno a cui l’entusiasmo per il papa si sviluppò e crebbe col passare del tempo: 1) il concreto ritmo delle riforme che il governo pontificio iniziò a progettare e ad introdurre negli Stati della Chiesa, nel tentativo di restaurare la fiducia e il consenso dei propri sudditi e dell’opinione pubblica europea; 2) il meccanismo di funzionamento della stessa opinione pubblica, soggetta a forme di tecnologia informativa ibride – cioè tanto pre-moderne (le voci e gli aneddoti) che moderne (giornali, corrispondenza ecc.) – le quali aumentavano vistosamente la manipolazione dei messaggi; 3) la costruzione sociale dell’immagine del “papa buono”, che accordava alle epifanie del volto del nuovo sovrano una precisa volontà politica.

In che modo interpretazioni, sovrinterpretazioni e propaganda si legano alla figura di Pio IX?
Operando nel campo costituito dai tre vettori sopra menzionati, gli attori sociali più diversi intervennero nel dibattito pubblico per accreditare questa o quella interpretazione dell’operato e della figura del sovrano pontefice. Tutti questi attori, dal repubblicano Giuseppe Mazzini al liberale François Guizot, dal legittimista principe di Metternich al liberal-moderato Massimo D’Azeglio, cercarono di fornire una lettura sul vero senso degli atti del pontefice. Il fatto è che dare una interpretazione delle riforme pontificie e delle reali intenzioni del papa non era un’operazione neutra e smaliziata, come quella che lo storico cerca di effettuare osservando a distanza. Ogni attore plasmava la sua immagine di Pio IX in base ai propri preconcetti e alle proprie finalità. Di conseguenza, ognuno cercava di accreditare una lettura non solo coerente con le proprie convinzioni politiche e religiose, ma anche funzionale alla propria azione politica. Ora, così facendo le interpretazioni o sovrinterpretazioni della figura del papa interagivano e condizionavano la stessa posizione di Pio IX e della Santa Sede: ad esempio, i tentativi vistosamente propagandistici di fare del pontefice un campione della costruzione di una repubblica italiana furono denunciati dallo stesso papa in alcuni suoi discorsi; allo stesso tempo, l’esaltazione patriottica che chiamava in causa Pio IX come difensore della nazione costrinse il governo pontificio ad una difficile opera di posizionamento, denunciando le manifestazioni più sediziose ma preservando il consenso trasversale verso il sovrano pontefice.

Quando e come invece papa Mastai Ferretti si tramuta nel nemico giurato del mondo moderno?
La storiografia collega solitamente la fine degli entusiasmi liberali per Pio IX con l’allocuzione pronunciata in concistoro segreto il 29 aprile 1848, con la quale Mastai Ferretti dichiarò solennemente di non poter prendere parte attiva alla guerra d’Indipendenza contro l’Impero austriaco. La dichiarazione del papa fu in realtà molto meno netta e molto più opaca: se si affermava l’impossibilità per il padre di tutti i fedeli di dichiarare guerra a un sovrano cattolico, il pontefice non sconfessava la mobilitazione patriottica di molti suoi sudditi, che non erano oggetto di reprimende, e denunciando semmai la propria impotenza nel trattenerne i furori; di più, nello stesso tempo in cui pronunciava un discorso sulla guerra federale, il papa riaffermava la bontà del cammino di riforme intrapreso e la sua volontà di proseguire su quella strada. Non a caso, le forti polemiche che si produssero non appena il discorso venne diffuso andarono di pari passo con rinnovati tentativi di conservare a Pio IX il ruolo fino ad allora interpretato. Le cose cambiarono più gradualmente, e ci vollero diversi mesi perché si aprisse una nuova fase. Un’altra allocuzione pronunciata da Gaeta il 20 aprile del 1849 segnò con maggiore nettezza il declino dell’investimento emotivo per il papa “liberale”. In questo discorso, Mastai Ferretti voltava pagina rispetto al suo iniziale atteggiamento possibilista nell’auspicio di un generale ritorno dei popoli al trono di san Pietro; denunciava anzi le macchinazioni di oscure forze che volevano opprimere la Chiesa. Quelle affermazioni furono il risultato di un processo lento di maturazione dello scontro, che passò dalla rivoluzione romana del novembre 1848, quando l’assassinio del ministro Pellegrino Rossi e le violenze di piazza che sfiorarono la stessa persona del papa, convinsero Pio IX a lasciare Roma e rifugiarsi presso re Ferdinando di Borbone; la proclamazione della Repubblica romana segnò il punto di non ritorno per un pontefice che vedeva ormai nella mobilitazione risorgimentale e nel liberalismo costituzionale una minaccia per la Chiesa cattolica. A partire da quella originaria esperienza, la società moderna apparve a Pio IX come il campo di azione di forze che rifiutavano la guida del suo magistero supremo, e dunque erano portatrici di errori perniciosi che dovevano essere condannati.

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